Che sia governo tecnico o tattico, politico o antipolitico, balneare o montano, di scopo o di mezzo, di lunga durata o di corto respiro, di riffa o di raffa, noi abbiamo pronta una cartellina verde, nella quale mettiamo le nostre proposte che trattano i temi dei quali bisogna smettere di non parlare e che il prossimo governo non potrà in nessun modo evitare di trattare. Un governo della cultura, della scienza, della competenza. La «sala verde» permanente di confronto sulle soluzioni e gli investimenti. Un grande dibattito pubblico, a più livelli. Punti essenziali, obiettivi ambiziosi, una missione collettiva. Una conversione ecologica che è anche politica industriale. Un punto di PIL e una strategia – pubblica, per prima cosa – sull’efficienza energetica, un investimento che dà lavoro e riduce la bolletta. Promozione di comunità e cooperative energetiche. La grande foresta, per assorbire CO2 e mettere in sicurezza il nostro suolo e le nostre comunità. Università e Ricerca pubblica, per diventare il paese verde. Diffusione della Citizen Science. Mobilità elettrica, sostituzione del parco auto pubbliche, trasporto integrato con il global pass alla tedesca. Tutela delle risorse naturali, dell’acqua e del suolo, perché si smetta di sfruttare la Terra. Economia circolare e raccolta differenziata in tutto il paese.
Via dal Carbone
La Strategia Energetica Nazionale e il piano per l’energia e il clima devono prevedere l’anticipazione del phase-out del carbone al 2023 e il rapido passaggio a centrali solari fotovoltaiche a concentrazione, incentivazione di mini-fotovoltaico e mini-eolico civile con possibilità di realizzazione di reti di scambio. In funzione delle previsioni relative alla riduzione dei ghiacciai, devono essere previste azioni conseguenti alle ricadute sulla produzione di energia idroelettrica. Devono essere definiti e avviati piani per la progressiva riduzione dell’uso del gas metano a partire dal 2040. Insistere sulla questione dell’efficienza energetica e la riduzione degli sprechi.
Scambiamoci liberamente l’energia
Togliamo burocrazia alle rinnovabili: scambiamoci liberamente l’energia. Ci vuole una legge per promuovere la generazione distribuita di energia, oggi fortemente penalizzata da un quadro normativo obsoleto che perpetua un modello iper-centralizzato della distribuzione. La nuova norma deve semplificare la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica, anche per gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento. I sistemi di distribuzione chiusi devono essere qualificati come attività libera in modo da consentire la condivisione di energia fra gli edifici e all’interno degli edifici, sia di privati che di aziende. Al fine di facilitare la produzione autonoma dell’energia elettrica, l’esenzione del pagamento dell’accisa è estesa fino a tutti gli impianti con potenza non superiore a 50 kw.
Tetti pubblici fotovoltaici
Lo Stato può essere il primo attore di questa transizione facendo acquisire all’insieme degli edifici pubblici un certo grado di autonomia energetica, riducendo l’impatto sul lato degli acquisti di elettricità dalla rete. L’intento è quello di installare 0,5 Gw all’anno sui tetti degli edifici pubblici. La spesa prevista è pari 700 milioni ed è erogata tramite un fondo. La copertura è individuata dal medesimo Ministero dell’Ambiente nella revisione dei cosiddetti sussidi ambientali dannosi di cui al ‘Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli’, redatto annualmente dalla Direzione generale per lo sviluppo sostenibile, per il danno ambientale e per i rapporti con l’Unione Europea e gli organismi internazionali.
Piantiamo alberi, almeno trenta milioni all’anno
Foreste
Il patrimonio forestale è cruciale nella strada per l’abbattimento delle emissioni di anidride carbonica. Le foreste del Paese sono un bene comune insostituibile e un patrimonio da tutelare ed ampliare. Sono un valore in sé. Occorre abbattere la contrapposizione foreste/agricoltura e sigillare una nuova alleanza con i custodi del territorio: fare in modo che gli agricoltori tornino ad essere alleati e guardiani degli ambienti naturali e non vedano questi come ostacolo alla loro produttività. La prima causa di perdita di biodiversità ed estinzione delle specie è la perdita di habitat.Trenta milioni di alberi all’anno
Piantiamo alberi, almeno trenta milioni all’anno (per un costo stimato di seicento milioni). È necessario un piano per riconvertire le aree industriali e agricole dismesse in foreste per restituire alla natura ciò che è stato tolto. Il PSR 2014-2020 “Imboschimento di terreni agricoli e non agricoli” deve essere rinnovato e rafforzato, accompagnato da un progetto nazionale di sostegno agli enti parco per la manutenzione e l’incremento delle aree boschive. Oltre agli incentivi, però, serve una legge che capovolga la tutela del patrimonio naturale esistente (anche e soprattutto quello non protetto) conferendogli diritti di soggetto giuridico.Nelle aree urbane il verde è un alleato contro il surriscaldamento e per la depurazione dell’aria: proponiamo una legge contro le capitozzature e per la creazione di boschi nelle zone urbane, recuperando aree industriali dismesse, anche con funzione di consolidamento di zone a rischio dissesto.
In questo quadro, devono essere adottate misure di:
• Incentivo ad agricoltori che praticano l’apicoltura (anche in questo caso agendo sui fondi europei);
• Espansione ed aumento delle aree protette;
• Incentivi al turismo solo se sostenibile.
Conoscenza
L’istruzione e la ricerca possono permettere di approfondire la consapevolezza sulle cause del climate change e della disuguaglianza sociale, possono generare un’idea di mondo innovativa e un diverso approccio alla convivenza fra le persone e i popoli. Assegniamo l’1% del PIL alla ricerca e all’università. La nostra scuola ha bisogno di risorse e di riforme negate da troppo tempo e a cui la Legge 107 non ha risposto affatto, essendo costituita per la gran parte da tematiche contrattuali riguardanti dirigenti e docenti. La visione ampia dello sviluppo dei bambini, dei giovani adulti che va oltre il loro addestramento ad essere rotelle obbedienti nella macchina economica. L’istruzione che arricchisce l’esperienza del mondo di una bambina, di un bambino, che promuove il pensiero divergente, critico e creativo è fondamentale.Borse di studio e gratuità dei libri scolastici
Le azioni descritte qui di seguito sono volte a rimuovere gli ostacoli economici nell’accesso alla conoscenza e al percorso di apprendimento, di formazione e studio dell’individuo. Ad esempio, la spesa annua per i libri scolastici si aggira intorno a 300 euro per ciascun bambino. Rendiamo gratuiti i libri per la scuola dell’obbligo, fino a 14 anni, tramite il finanziamento di 1,5 miliardi del fondo previsto in capo al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, capitolo di spesa n. 1500, ridenominato “Spese per la gratuità dei libri di testo e spese per il noleggio dei libri scolastici per gli studenti e per i loro genitori”. Il diritto allo studio universitario deve essere garantito rafforzando il sistema delle borse di studio, portando la dotazione del fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio a quota 850 milioni di euro.La difesa delle fonti idriche è fondamentale
Via dal Diesel
Revisioniamo il sistema dei sussidi al settore dei trasporti commerciali e marittimi (si tratta di circa 8 miliardi di euro all’anno), stabilendo un piano per l’uscita dall’uso del gasolio entro il 2030 mediante incentivi alla sostituzione dei mezzi di trasporto. Aggiorniamo il parco auto pubbliche diretti verso la mobilità elettrica. L’infrastruttura di ricarica deve essere espansa in modo massiccio. Ciò deve includere sia le stazioni di ricarica pubbliche che quelle private. Sono necessari maggiori investimenti pubblici (tre miliardi l’anno fino al 2023), devono essere ridotti gli ostacoli burocratici nelle installazioni domestiche (preservando i requisiti di sicurezza) e deve essere introdotta una quota minima di punti di ricarica nei parcheggi.Città elettriche
Il numero di autobus circolanti è pari a circa 98 mila unità, dei quali ben il 61% ha più di 10 anni di età. Quasi 1/3 del parco totale (30.520 mezzi) è stato immatricolato prima del 1998. Solo il 12% ha un’anzianità compresa tra 0-4 anni (dati 2013, ACI). Pertanto intendiamo sostituire nell’arco di cinque anni 6000 autobus con altrettanti nuovi e completamente elettrici in modo da togliere dalla circolazione i 30 mila autobus vecchi e inquinanti.MobilPass per il trasporto pubblico
Autobus e treni hanno bisogno di essere incentivati, in modo che più persone cambino le proprie abitudini di spostamento. In particolare, vogliamo sfruttare le opportunità offerte dalla digitalizzazione e collegare tutti i servizi di trasporto pubblico con un’unica smart card o app: il MobilPass verde. Mettiamo in rete i trasporti pubblici tradizionali con nuovi servizi di mobilità come la condivisione di auto e biciclette. Con il MobilPass verde la fatturazione avviene automaticamente e in modo uniforme. Ad accompagnare questo strumento, stabiliamo un unico prezzo per il biglietto dell’autobus, fissato a un euro.Acqua e suolo
La difesa delle fonti idriche è fondamentale. Tutto il paese è da un lato a rischio idrogeologico, dall’altro è a rischio desertificazione. La strategia per il clima deve contenere azioni per ridurre entrambi i rischi. Serve una legge per difendere le fonti idriche sotterranee dai rischi di inquinamento, in particolare per evitare insediamenti industriali laddove esistono riserve idriche profonde. In agricoltura deve essere avviato un piano per ridurre lo spreco di acqua, ridurre e quindi annullare l’uso di fertilizzanti e pesticidi, favorendo le pratiche agricole innovative in un quadro di economia circolare. Le aree golenali e gli alvei dei fiumi devono essere liberati dalle costruzioni umane.Stop al consumo di suolo
Da decenni il consumo di suolo viaggia a una velocità esagerata, un ritmo che ha, scrive Ispra, «una serie di effetti diretti sul ciclo idrologico e indiretti sul microclima producendo un aumento del rischio inondazioni». Dobbiamo ribaltare il paradigma urbanistico vigente: se le previsioni di espansione contenute nei piani urbanistici non sono neppure avviate dopo cinque anni dalla loro approvazione queste devono decadere. Le stesse previsioni di espansione devono essere limitate al perimetro coincidente con il limite delle aree urbanizzate, istituendo parallelamente un limite al consumo di suolo. La questione è anche fiscale. In Italia il peso degli oneri di urbanizzazione e dei contributi sul costo di costruzione è compreso tra il 4% e l’8% del prezzo finito al metro quadrato, mentre nelle città tedesche la quota sale fino al 30%, senza intaccare proporzionalmente il prezzo finale dell’immobile. Ne ricaveremo risorse con le quali finanziare opere di bonifica, riqualificazione e messa in sicurezza del patrimonio edilizio, di riduzione del rischio idrogeologico, e per l’acquisizione e la realizzazione di aree verdi, sempre con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita dei cittadini attraverso la rigenerazione urbana. La legislazione vigente prevede un sistema di tassazione assolutamente irrisorio per i materiali edili estratti dalle cave. Mediamente nelle casse delle Regioni entrano 40 centesimi di euro per metrocubo di sabbia e ghiaia estratte, mentre in altri paesi si toccano cifre pari a 3 euro al metrocubo. Grazie a questo adeguamento, le Regioni incasserebbero oltre 230 milioni di euro aggiuntivi rispetto agli attuali 36.Agricoltura pulita
L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), nel 2015, ha classificato il glifosato come un “probabile cancerogeno per l’uomo”. Tale sostanza ha però effetti cancerogeni conclamati sugli altri esseri animali, pertanto riteniamo che il governo dell’emergenza climatica si debba impegnare in sede europea affinché, a partire dal 1 gennaio 2020, sia vietata in tutto il territorio dell’Unione la produzione, la commercializzazione e l’impiego di prodotti diserbanti contenenti glifosato. Nelle operazioni di gestione della vegetazione spontanea viene inserito il divieto di effettuare interventi di diserbo chimico con sostanze tossiche su fasce di vegetazione erbacea, arbustiva o arborea poste a distanza inferiore a duecento metri da strade pubbliche o private, da aree urbanizzate, pubbliche o private, fossi, torrenti, fiumi. Inoltre il governo si impegna a promuovere in sede europea una revisione del regolamento (CE) n. 2003/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, relativo ai concimi, nel senso di una progressiva riduzione dell’uso in agricoltura, fino al divieto di impiego, di concimi minerali, ovvero di concimi nei quali gli elementi nutritivi dichiarati sono presenti sotto forma di composti minerali ottenuti mediante estrazione o processi fisici e chimici industriali.Chi sfrutta la terra paga
Tutto ciò che è sfruttamento della terra, in particolare le estrazioni di idrocarburi e acque minerali, spesso concesse troppo facilmente e con corresponsione di canoni simbolici, deve essere soggetto a limitazioni e a un maggior prelievo fiscale. In particolare, devono essere sospese le autorizzazioni per nuove trivellazioni, sia in mare che in terra. Dal punto di vista fiscale, si intende incrementare il prelievo di prodotto che il titolare di ciascuna concessione di coltivazione è tenuto a versare per le produzioni di idrocarburi liquidi e gassosi ottenute in terraferma, ivi compresi i pozzi che partono dalla terraferma, introducendo un’aliquota addizionale del 5%. Inoltre, l’aliquota dell’addizionale all’imposta sul reddito delle società di cui all’articolo 3 della Legge 6 febbraio 2009, n. 7 (cd. Lybian Tax), è incrementata dal 4% al 6%. I canoni delle concessioni per il prelievo delle acque minerali sono troppo bassi. Si tratta di 0,001 euro al litro, davvero poco se si pensa che il prezzo per l’utente finale varia da 0,25 a 0,35 euro al litro (dati Novembre 2018), quindi da 250 a 350 volte più del canone di prelievo. Un aumento di quest’ultimo a 0,03 euro per litro, rendendolo uniforme su tutto il territorio nazionale, permetterebbe di indirizzare risorse per le Regioni con la finalità della prevenzione del rischio idrogeologico.Economia circolare
In tutti i comuni del paese, entro il 2023, deve essere introdotto un sistema di raccolta differenziata al fine di raggiungere l’obiettivo del 65% del riciclo dei rifiuti di imballaggio due anni prima di quanto previsto dal Pacchetto sull’Economia Circolare dell’Unione Europea. La filiera dei rifiuti, e in particolare quella dei rifiuti di imballaggio deve essere inserita in un sistema a circuito chiuso, stimolando il riuso, il recupero e l’utilizzo della materia prima seconda. Occorre definire quanto prima le modifiche alla disciplina nazionale in materia di cessazione della qualifica di rifiuto (cd. End of waste, vale a dire il processo che permette ad un rifiuto di tornare a svolgere un ruolo utile come prodotto) che deve recepire le modifiche introdotte dal Regolamento 2018/851/UE, ovvero il Circular Economy Package, salvaguardando i requisiti di sicurezza e di protezione a valle nella catena di fornitura.Progressività, altro che Flat Tax
In questo quadro, appare non più rimandabile un’azione di governo volta alla redistribuzione della ricchezza, al fine di sostenere lo sforzo pubblico per avviare la transizione verde. A livello europeo occorre definire una politica fiscale comune basata su quattro imposte supplementari e complementari (tra cui la carbon tax) alle omologhe nazionali per sostenere il piano della transizione all’economia verde del sistema produttivo e, dall’altro, a eliminare il divario già esistente nei sistemi fiscali nazionali alla base di una illogica competizione tra i paesi membri. Per la fiscalità nazionale prevediamo di realizzare cinque punti, ovvero 1) una maggiore progressività dell’imposta sui redditi, 2) una redistribuzione della ricchezza tramite adeguata tassazione dei grandi patrimoni, 3) metter fine al regime di favore tuttora in essere per le imprese multinazionali, 4) realizzare il principio chi inquina paga, 5) utilizzare il fisco elettronico per combattere e ridurre l’evasione fiscale e contributiva. Gli incrementi di gettito sono tutti destinati al Fondo per la transizione energetica e a misure di redistribuzione e strumenti di inclusione come il salario minimo e il reddito minimo.