Un governo voluto dalla Merkel e da Macron, una sottomissione all’Europa e ai mercati, in poche parole una congiura anti-sovranista, un complotto contro gli italiani, una manovra oscura per scorribande finanziarie e shopping industriale.
È questa, grosso modo, la sintesi di concetti e figure politiche elaborate da Matteo Salvini per bocciare la nascita del nuovo governo e additare il « BisConte » come una creatura eterodiretta, sostanzialmente voluta da Bruxelles, Berlino, Parigi e forse anche da Washington, o come un attacco alla sovranità nazionale da parte di circoli finanziari e politici stranieri che avrebbero preferito il ritorno in cattedra dei « comunisti » alla continuità del patto leghisti-pentastellati, su cui la maggioranza degli italiani aveva scommesso per il proprio radioso futuro.
Depurate di raffinati slogan e grossolane semplificazioni cui il Capitano leghista ci ha abituato, occorre ammettere che c’è del vero nelle sue affermazioni. Solo che forse nemmeno lui se ne rende conto e ne coglie il significato.
Appena annunciata e nemmeno ancora formalizzata la nascita del « BisConte », lo spread è andato in picchiata, mentre la considerazione per il nostro presidente del Consiglio, fino a ieri considerato lo sconosciuto notaio di patti scellerati, è improvvisamente cresciuta, tanto da far sperare in consistenti aperture di credito quando si dovranno affrontare fra poche settimane i delicati dossier economici, dalla legge di bilancio alle possibilità di sforare il deficit per investimenti pubblici.
Ed è ovvio che se il costo degli interessi sul debito scende, ci saranno più risorse per le misure più urgenti.
La rotazione a 360 gradi (qualche grillino avrebbe detto 370, ma meglio dimenticare) dell’atteggiamento verso l’Italia e verso il nuovo governo si spiega – non con i complotti come sostiene Salvini – ma proprio con le verità economiche e politiche sottintese nelle sue affermazioni strumentali.
Il sostegno al governo Conte non è un atto di benevolenza verso l’Italia, ma nell’interesse dell’Italia e degli italiani. Governi europei e mercati hanno semplicemente preso atto in tempo utile della china pericosa su cui stava scivolando il nostro Paese, quando per mesi si sono alimentate ipotesi di uscita dall’euro, campagne antieuropee, ostilità verso i principali partner commerciali, opzioni per una diversa collocazione internazionale del Paese, o quando si sono varati provvedimenti che gonfiano il debito e frenano la crescita, senza nemmeno un‘accettabile contropartita di vantaggi sociali per le categorie più deboli. Una presa d’atto che si avverte anche in quella parte di centro destra che il Capitano vorrebbe egemonizzare.
Governi europei e mercati hanno semplicemente preso atto in tempo utile della china pericosa su cui stava scivolando il nostro Paese, quando per mesi si sono alimentate ipotesi di uscita dall’euro, campagne antieuropee, ostilità verso i principali partner commerciali
Ciò che Salvini vorrebbe considerare «sovranità» limitata o addirittura complotto esterno è molto più semplicemente la somma di reazioni politiche e finanziarie in difesa di un assetto europeo e internazionale, di un’interdipendenza economica, sociale, istituzionale e normativa di cui l’Italia fa parte a pieno titolo, avendo peraltro contribuito a costruirla e a dettarne le regole.
Ciò che Salvini vorrebbe far passare per «sottomissione» è molto più semplicemente la presa d’atto dei rischi che il nostro Paese stava correndo, affidandosi a una diversa visione del mondo e dei rapporti internazionali che mal si conciliano con la storia nazionale e la collocazione internazionale, l’Interdipendenza delle economie, la globalizzazione finanziaria, la libertà di circolazione di uomini e mezzi. I correttivi sono sempre auspicabili, ma non è prevista, perché anacronista e antistorica, l’inversione di rotta, perché la direzione opposta è quella autarchica o autoritaria cui si finisce per cedere, invocando «pieni poteri» o ricorrendo, come già promette, alla piazza (secondo un’interpretazione molto personale del diritto di manifestare).
Per nostra fortuna, la Brexit e la china disperata e pericolosa su cui Boris Johnson sta trascinando la Gran Bretagna (guarda caso sospendendo il Parlamento, che è un po’ la versione British della richiesta di «pieni poteri» al Papeete Beach), sono lo specchio dei pericoli che stavamo correndo.
L’Europa e i mercati hanno suonato il campanello d’allarme. Alla luce del sole, come di solito avviene nelle società libere e democratiche.
Starà al nuovo governo non ripetere gli errori, mettere in soffitta grottesche promesse di decrescita felice e negazioni scientifiche e culturali che in questi mesi di odio e paura ci hanno almeno donato un sorriso, fare tesoro di un’apertura di credito che – considerando il nostro debito – non siamo nemmeno sicuri di meritare. Inutile aggiungere che la strada è tutta in salita, anche per l’eterogeneità degli alleati. Ma sempre meglio di una discesa senza paracadute.