Piattaforma comuneSalvini è caduto, ma l’Internazionale dei populisti si pavoneggia all’Onu (e su Twitter)

Bolsonaro, Trump, Sisi ed Erdogan aprono oggi l’Assemblea Generale dell’ONU. Chi sostiene che la brigata sovranista non esista, si dovrà ricredere: il loro potere sta tutto nella percezione, che di questi tempi è l’unica cosa che conta

SAUL LOEB / AFP

Bolsonaro, Trump, Sisi, Erdogan: sono questi, nell’ordine, i quattro cavalieri dell’Apocalisse che apriranno stamattina l’Assemblea Generale dell’ONU. Poi provate a sostenere che non esista, l’internazionale dei nazional-populisti, che sia solo la trovata di qualche spin doctor disoccupato in cerca di status e di consulenze. Certo, è vero, il progetto di Steve Bannon di un Movimento globale si è arenato (a quanto pare gli avrebbero perfino tolto il monastero del XIII secolo nel quale intendeva formare i gladiatori della lotta contro il partito di Davos). Ma, al di là di Bannon, l’Internazionale dei nazionalisti ha il vento in poppa, perché le dinamiche della comunicazione istantanea che governano il mondo le hanno finalmente permesso di superare i suoi paradossi e le sue contraddizioni.

Quando era ministro dell’Interno, Matteo Salvini si è largamente ispirato al suo omologo austriaco, l’ideologo di estrema destra Herbert Kicki che moltiplicava le provocazioni xenofobe trasformando l’apparato dello Stato in una macchina di propaganda

Se in passato i movimenti nazionalisti erano divisi dalle loro origini e dai loro programmi, che li mettevano automaticamente in conflitto gli uni con gli altri, oggi i punti comuni prevalgono largamente nell’unica dimensione che conta, quella della percezione. Basti pensare alla questione dell’Alto Adige che ha diviso per decenni i nazionalisti italiani e austriaci. Oggi, come ha scritto Anne Applebaum sul Washington Post, «l’avversione alle unioni gay e ai tassisti africani sono sentimenti che perfino gli italiani e gli austriaci che non sono d’accordo sulla localizzazione della loro frontiera possono condividere».

Quando era ministro dell’Interno, Matteo Salvini si è d’altronde largamente ispirato al suo omologo austriaco, l’ideologo di estrema destra Herbert Kicki che moltiplicava le provocazioni xenofobe trasformando l’apparato dello Stato in una macchina di propaganda. Ma poi quando si è trattato di darsi una mano sul deficit o sui migranti il sodalizio si è interrotto, direte voi. E sarà anche così. A chi volete che importi, però, quando il prossimo tweet è già sulla rampa di lancio con il duplice obiettivo di provocare il massimo impatto e di cancellare ogni traccia di quello immediatamente precedente?