No sex, no drugs, no rockThegiornalisti e Ultimo. Ecco perché le peggiori tribute band sono quelle inconsapevoli

L’invasione dei cloni scadenti. Dovunque ti giri, vedi solo finti musicisti che scimmiottano i veri artisti. Ma peggio ancora sono i personaggi affermati che copiano (inconsapevolmente) le star del passato

Dalla pagina Facebook di Ultimo

Sono un appassionato di calcio, nello specifico adoro il calcio inglese. Grazie al cazzo, potrebbe dire qualcuno, complice la finale di Champions tra Liverpool e Tottenham e quella di Europa League tra Chelsea e Arsenal, vinte rispettivamente dai Reds allenati da Klopp e dai Blues guidati, ancora per poco, da Sarri. No, io adoro il calcio inglese da quando ancora non era possibile vedere le partite della Premier League, come adesso comodamente accade con Sky, io lo adoro da sempre. E l’adoro perché ho sempre avuto la sensazione, poi confermata, che il calcio inglese fosse un filo differente da quello del resto del mondo. Sarà anche per questo che tifo per una squadra che è stata fondata dagli inglesi, il Genoa CFC. Mi piace, per essere chiari, l’attitudine del calcio inglese, attitudine cui i calciatori che in Inghilterra vanno a giocare si devono adeguare. Niente piagnistei, niente simulazioni, gioco duro, anche molto spettacolare, al momento una grande quantità di campioni assoluti militano da quelle parti, complici gli arabi che si sono mangiati buona parte delle squadre. Insomma, un calcio duro, giocato a altissimi livelli.

Quando, per dire, ormai un secolo fa, Di Canio è balzato agli onori delle cronache per aver interrotto una azione d’attacco per permettere di prestare soccorso a un avversario infortunato, fatto che lo ha fatto guardare, qui in Italia, come una sorta di supereroe, lui che quando militava nel nostro campionato era più famoso per le intemperanze, oltre che per quel suo essere così dichiaratamente fascio, mi ha fatto sorridere, perché l’attaccante allora in forza al West Ham Unt., che per altro è la squadra per la quale tifo in Premier League, essendo io votato a tenere per le squadre dei portuali, di mare o di fiume, e per le squadre destinate a non farmi mai gioire per aver vinto qualcosa di rilevante, perché aveva semplicemente fatto un gesto di normale buon senso, non certo un atto eroico, e anche perché con la palla così alta, l’aveva fermata portando le mani sopra la testa, non avrebbe segnato neanche un Ibrahimovic particolarmente in forma, figuriamoci lui.

Il calcio inglese non prevede che ci si tuffi in area per chiedere rigori inesistenti. A malapena sopporta che si chiedano quelli veri, figuriamoci quelli simulati

Il calcio inglese non prevede che ci si tuffi in area per chiedere rigori inesistenti. A malapena sopporta che si chiedano quelli veri, figuriamoci quelli simulati. Il calcio inglese non sopporta neanche che si finga infortuni o si rallenti il gioco per fare quella che da noi viene chiamata melina, guadagnare tempo per portare a casa un risultato favorevole. Ci sono stati giocatori, penso a un Giggs del Manchester United, che oltre a aver regalato per anni e anni bel gioco sulla fascia a chiunque avesse avuto la fortuna di assistere a una partita della squadra allora allenata da Sir Alex Ferguson, ha dimostrato come ci si ferma, nel senso che si rimane a terra, solo e soltanto se si è moribondi, altrimenti, anche se falciati senza tanti complimenti dall’avversario, incapace altrimenti di porre rimedio a una discesa sulla fascia sinistra, ci si rialza e si prosegue, come se nulla fosse. Non a caso è in Inghilterra che ha giocato buona parte della sua carriera gente come Eric Cantona, altro campione poco votato ai complimenti, e sempre lì, e a questo punto qualcuno potrebbe pensare che io simpatizzi per la squadra giusta di Manchester, militavano anche Jaap Stam, Roy Keane e Wayne Rooney (ma avrei potuto dire anche Gary Lineker, guardando indietro, o Harry Kane, guardando all’oggi), gente che se c’è da prendere calci e assestarli non si tira indietro. Certo, adoro certe trovate fantasiose dei calciatori sudamericani, ma anche lì, se proprio dovessi scegliere una squadra da quelle parti è l’Uruguay, non certo nota per la leziosità dei suoi calciatori.

Ora, lo so, qualcuno potrebbe pensare che io sia una sorta di troglodita, amante delle risse e degli scontri non a caso chiamati “maschi”, parola che in epoca di politicamente corretto tira in ballo tutta una serie di criticità, ma nei fatti, pur amando i calciatori che sanno dare del tu alla palla, modo di dire piuttosto pittoresco che per pochi secondi faccio mio, adoro molto vedere calciatori che non si mettono a frignare per un calcio ben assestato, forse proprio perché sono cresciuto in un’epoca in cui c’erano giocatori coi baffi e il riporto e poco sopporto vedere oggi gente con le sopracciglia a gabbiano e le mani curate scendere in campo (altra affermazione non esattamente oculata, lo so, ma venitemelo a dire in faccia e vi stendo con un colpo di kung fu come Cantona al tifoso avversario). Adoro il calcio inglese e l’adoro sin da quando per poter mettere insieme una formazione per la mia squadra di Subbuteo, appunto il West Ham, dovevo rubare le notizie settimana dopo settimana al Guerino Sportivo, non c’era la rete e non c’erano info dettagliate su squadre minori, ahimé, e oggi, se posso scegliere, preferisco vedermi una qualsiasi partita della Premier League che una delle nostre, spesso minate da continue interruzioni inutili di gioco. Quando da ragazzino giocavo ho rimediato fratture e punti in diverse parti del corpo, ala sinistra dotata di piedi entrambi buoni, ma mai ho finto di subire falli che non avevo subito, figuriamoci se mi sono mai buttato in area per pietire un rigore inesistente.

Sono un appassionato di calcio, e sono diventato un adulto nell’epoca sbagliata, non avuto il piacere di vedere Sivori che sfidava gli avversari coi calzettoni calati, e probabilmente anche nella nazione sbagliata. Poi, figuriamoci, vivo nella città che ha fatto di Pippo Inzaghi un mito, questo potrebbe essere indicato davvero come un brutto scherzo del destino. Ok, credo di aver chiarito il concetto. Per questo ogni volta che leggo un qualche musicista, più o meno capace, spesso meno che più, lamentarsi del fatto che oggi le cose in Italia vanno male per colpa del grande spazio che i locali danno alle Tribute Band mi va letteralmente il sangue alla testa. Come per un rigore dato per un plateale tuffo in area, tuffo sfuggito anche all’occhio meccanico del VAR.

Una sorta di Tale e Quale Show in salsa amatoriale, con risultati spesso altrettanto devastanti di quelli offerti dal programma di Carlo Conti, ma con la agghiacciante differenza di non poter cambiare canale

Intendiamoci, basta farsi un giro in provincia, ma volendo anche in città, che poi l’Italia è praticamente quasi esclusivamente una grande provincia, non stiamo qui a raccontarcela, che si vedono solo manifesti di improbabili personaggi che provano a assomigliare, goffamente, a cantanti famosi, leader di sedicenti Tribute Band, su questo non ci sono dubbi, e se invece che andare in giro andate direttamente in quei locali dove, oltre che una birra e qualche patatina fritta (o una porzione generosa ma non squisitissima di Tiramisù), viene proposta musica dal vivo, novantanove volte su cento vi capiterà di ascoltare, vostro malgrado, qualcuno che scimmiotta malamente questo o quell’artista, spesso provando a mettere sul piatto una somiglianza non dico vocale, ma quantomeno di look. Una sorta di Tale e Quale Show in salsa amatoriale, con risultati spesso altrettanto devastanti di quelli offerti dal programma di Carlo Conti, ma con la agghiacciante differenza di non poter cambiare canale. Non sarò certo io a dire che le Tribute Band non sono una esternazione delle piaghe anticipatrici dell’imminente Apocalisse, ma se le Tribute Band sono esternazione del Male non è che star lì a piagnucolare perché invece che voi hanno chiamato loro, per quattro euro se non addirittura per una birra e un panino, in qualche modo sia la causa del vostro insuccesso.

Ragionateci. È come se diceste che siccome alla partita di calcetto del giovedì sera vi siete fatti male a una caviglia, perché ovviamente avendo giusto quell’ora prenotata prima della classica pizzata con gli amici di infanzia non avete fatto uno straccio di riscaldamento e non è che il vostro fisico da solo sia questa macchina perfettamente rodata e funzionante, ecco, è come se siccome alla partita di calcetto del giovedì sera vi siete fatti male adesso state lì a dire che non capite perché Mancini non vi ha convocato per le prossime partite della Nazionale, in vista dei prossimi Europei. Ora, a parte che Mancini è forse stato il primo calciatore, almeno il primo della mia generazione, a dar vita a quella faccenda delle sopracciglia a gabbiano, ma del resto è stato un sampdoriano, che potremmo mai pretendere da un sampdoriano?, credo che porre la faccenda in questi termini, converrete con me, non ha alcun senso. Lo stesso vale per le lamentazioni di chi fa musica propria e si lamenta perché in giro suonano solo le Tribute Band.

Allora, è vero, nei pub, nelle sagre, nei locali dove la musica svolge più che altro il compito di accompagnare bevute e mangiate, le Tribute Band vanno per la maggiore. A frequentare questi luoghi, è evidente, c’è gente che di musica non capisce una fava, e che non inorridisce al pensiero di ascoltare uno che nella vita ha deciso di somigliare il più possibile a Nek, già così la faccenda ha i contorni del film horror. Del resto, anche le classifiche sembrano infestate di Tribute Band, si pensi a quella del Venditti anni Ottanta che risponde al nome di Thegiornalisti o a quella di Tiziano Ferro che risponde al nome di Ultimo, per non dire delle tante Tribute Band di reggaeton, che ci hanno sfracassato le palle questa estate con una sola canzone che aveva tanti titoli diversi, spesso presi in prestito dal menu dei cocktail di un bar di Miami.

Tutto vero, quindi, siamo pieni di posti dove suonano solo le Tribute Band, ma secondo voi, in quegli stessi posti, non ci fosse il sosia di Nek, chiamerebbero voi a proporre la vostra musica originale che, nel medesimo novantanove percento dei casi, di originale ha solo il fatto di non essere mai state eseguita dal vivo di fronte a un pubblico, e almeno di questo tutti dovremmo ringraziare Iddio? Chi accetta senza mettere mano alla fondina di ascoltare l’imitatore di Nek non potrà certamente essere interessato a chi fa musica che in qualche modo è la brutta copia della musica che gira oggi nei locali dove la musica originale in effetti si esegue. Inutile star lì a proporgliela. E se nei pochi locali dove si lascia spazio a band e artisti che fanno musica propria voi non siete stati mai chiamati, beh, ci sono ottime possibilità che il tutto non risieda in quello strappo alla caviglia che vi ha precluso la convocazione di Mancini, ma semplicemente nel fatto che la vostra musica, seppur originale, faccia cagare.

Sarebbero da schedare tutti quelli che passano il sabato sera nei locali dove imperversano le Tribute Band e segnalarli alle autorità competenti

Io sarei, invece, per ringraziare i tanti disgraziati che si cimentano in Tribute Band, perché ci aiutano a identificare chi il giorno del giudizio non meriterà pietà, un po’ come il segno rosso fatto col sangue sulla porta prima che arrivi l’angelo della morte. Sarebbero da schedare tutti quelli che passano il sabato sera nei locali dove imperversano le Tribute Band e segnalarli alle autorità competenti, così che si sappia chi merita di finire in un paradiso in cui c’è buona musica e chi, invece, in un Limbo grigio dove c’è costantemente in loop il tizio che imita Nek che si dibatte sul palco fingendo di saper suonare il basso come Sting.

Quanto a chi fa musica propria di valore, e per una serie reale di sfighe, tipo i continui infortuni che stanno devastando i primi mesi di carriera di quel piccolo fenomeno di Pellegri, passato probabilmente prematuramente dal Genoa al Monaco e poi finito in un turbinio di strappi e dolori che neanche Prometeo col suo fegato, non riesce a proporla in giro, vuoi perché vive in una zona dove locali che fanno musica dal vivo decente non ce ne sono, vuoi perché la musica che fa è troppo poco appetibile per la nostra imbarazzante contemporaneità, vuoi perché il mondo è sempre stato pieno di geni incompresi (anche se essere geni incompresi e contemporanei a Tommaso Paradiso, immagino, sia davvero troppo), ecco, quanto a chi fa musica propria e per una serie reale di sfighe non riesce a proporla in giro, direi di concentrare le proprie attenzioni su altre strade da percorrere, magari l’estero, magari un utilizzo più strategico della rete, perché il lamento è molto poco affascinante e il lamento verso uno che nella vita ha avuto la sfiga di voler assomigliare a Nek, beh, dai, non credo sia necessario andare oltre…

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