DecrescitaI populisti europei fanno entrare in gran segreto gli immigrati, mentre Di Maio fa la faccia feroce

Il ministro degli Esteri, non si sa a che titolo, ha presentato un decreto per i rimpatri (e per inseguire Salvini). Orbán e gli altri leader nazionalisti, invece, spalancano le porte agli stranieri per aiutare le loro economie

Daniel MIHAILESCU / AFP

Non si capisce a quale titolo il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio presenti un decreto per i rimpatri dei migranti senza il ministro competente, che è quello dell’Interno, ma accompagnato dal Guardasigilli Alfonso Bonafede aka Fofò Dj. Anzi, si capisce benissimo, Di Maio fa la faccia feroce per provare a intercettare il sentimento sciovinista del paese in modo da non lasciarlo del tutto all’ex sodale Matteo Salvini. In Italia non c’è nessuna emergenza immigrati, se non quella umanitaria creata dal governo dei due vice. Tutti sanno che la forza lavoro degli immigrati aiuta il paese, prima gli italiani e poi anche gli stranieri. Lo sanno tutti, tranne Di Maio e Salvini, o forse lo sanno benissimo ma preferiscono lucrare miseramente consensi, alimentando la rabbia e il risentimento popolare catturati dalle maglie strette degli algoritmi della Bestia e Associati.

Lo sanno anche Viktor Orbán e gli altri leader europei anti immigranti, quelli terribili, quelli dell’Ungheria, della Polonia e della Serbia, che gli immigrati sono essenziali per la crescita dei loro paesi. Bloomberg Newsweek, infatti, ha raccontato che i nazional populisti dell’est europeo nascondono un segreto indicibile: sul retro della retorica contro l’invasione e il meticciato tengono una porta aperta, spalancata, agli stranieri e se ne infischiano dei proclami per allocchi in difesa della razza e per preservare la società tradizionale dalla minaccia multiculturale.

In Ungheria, scrive Bloomberg, nel 2016 sono stati rilasciati soltanto 7.300 permessi di lavoro, l’anno successivo 25.000 e nel 2018 quasi cinquantamila, la metà dei quali ucraini e gli altri vietnamiti, indiani e mongoli

Continuano a berciare come Di Maio e Salvini, e sono altrettanto pericolosi, ma sono anche i leader di paesi in forte crescita economica, la più alta d’Europa, e con un basso tasso di natalità e un alto numero di emigrati nell’ovest più ricco, per cui hanno bisogno di gente che lavori, perché i nativi non sono sufficienti a soddisfare le esigenze delle aziende.

Sono anni che in questi paesi entrano soprattutto ucraini e bielorussi, cristiani e bianchi, ma quel flusso è in esaurimento e quindi ora si attrezzano di conseguenza. In Ungheria, scrive Bloomberg, nel 2016 sono stati rilasciati soltanto 7.300 permessi di lavoro, l’anno successivo 25.000 e nel 2018 quasi cinquantamila, la metà dei quali ucraini e gli altri vietnamiti, indiani e mongoli. Anche la Romania ha raddoppiato il numero di permessi di lavoro concessi agli stranieri, con un’ondata di cittadini dello Sri Lanka, indiani, cinesi e turchi. E così anche negli altri paesi, tranne che nell’Italia di Di Maio e di Salvini. Il punto non è che i nostri due nazional populisti, al contrario dei colleghi dell’Est, sono seri e coerenti: non sono interessati alla crescita del paese.

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