Platì
Nel tardo pomeriggio del 22 luglio del 2007, mentre il cielo si tinge di indaco e i bagnanti si attardano sulle spiagge, un uomo alla guida di un’auto proveniente da Roma Fiumicino percorre la Statale 106, combattendo la sonnolenza con una sigaretta dopo l’altra. Corporatura poderosa e capelli a spazzola, Pasquale Muscles Barbaro sta tenendo fede alla frase di Winston Churchill tatuata sul suo bicipite destro, «If you are going through hell, keep going»: circa trentasei ore prima è salito a bordo di un volo Melbourne-Hong Kong, ha ciondolato tra le corsie dell’aeroporto asiatico in attesa della coincidenza, poi è atterrato a Fiumicino alle 7.30 del mattino, ora locale. Qualcuno gli ha consegnato un’auto per l’ultimo tratto del viaggio, e adesso – circa le due del mattino del giorno successivo alla partenza, secondo il suo orologio biologico sfasato – è diretto verso il paese d’origine di suo padre, Francesco Barbaro.
Pasquale ha un appuntamento con i parenti lontani: deve spiegare che fine hanno fatto il loro carico di metamfetamine da trecento milioni di euro. La situazione è precipitata quasi un mese prima, il 28 giugno, quando il container medu1250218 è rimasto bloccato al porto di Melbourne. Senza il via libera degli agenti della dogana, gli uomini di Pasquale e dei suoi complici non possono prendere in consegna il container e stoccarlo nel deposito sui moli già pronto da settimane per l’operazione. Dopo quindicimila chilometri di viaggio via mare, il carico di ecstasy è fermo nei quattrocento metri di terra di nessuno tra i bunker della dogana e i magazzini del porto.
All’inizio, Pasquale Barbaro, Frank Madafferi e Carmelo Falanga – il terzo boss che ha messo in piedi l’affare – pensano a un semplice ritardo. Ma con il passare dei giorni lo scenario peggiore diventa sempre più concreto: il container è stato scoperto dai doganieri. I quali non hanno autorizzato le operazioni di scarico, avvertendo invece l’Australian Federal Police, che da allora – anche se Muscles e gli altri non possono saperlo con certezza – sorveglia il container giorno e notte, in attesa di arrestare chi si presenterà per reclamarlo. Le probabilità di incappare nel carico per caso durante un controllo di routine sono talmente scarse che Pasquale e Frank hanno avviato un’inchiesta interna per individuare chi ha fatto la spia: uno dei primi sospetti, minacciato da Mad Frank, non si presenta a un appuntamento al parcheggio del Reggio Calabria Club di Parkville, nella zona nord di Melbourne.
Muscles, intanto, comincia a scambiare sms anonimi con un cronista di nera, convinto che il giornalista verificherà l’ipotesi del carico sequestrato e che la pubblicazione della notizia potrà calmare gli animi degli investitori nascosti in Calabria. «Quelle persone stanno morendo di fame, e il responsabile sono io», dice Barbaro in una conversazione intercettata dall’afp in quelle settimane. Quando anche il tentativo di sfruttare i media fallisce e nessun giornale australiano pubblica la notizia del blocco del più grande carico di ecstasy di tutti i tempi, Muscles capisce che è ora di andare a spiegarsi di persona. Ed ecco perché adesso, al tramonto, si ritrova a sterzare sulla strada diretta a Platì, con la Statale 106 alle spalle e il profilo azzurro delle montagne davanti a lui. Platì e San Luca si contendono il titolo di capitale dei sequestri fin dalla seconda metà degli anni Settanta.
Nonostante i contrasti occasionali – ad esempio quando a Bovalino compare la scritta «Platì spara, San Luca impara» – le dinastie locali sono legate 189 da parentele profonde, come il matrimonio che si celebrerà nel 2009 tra Giuseppe Barbaro (figlio di un boss di spicco in Lombardia) ed Elisa Pelle (nipote di Antonio Pelle Gambazza) e molti altri legami stretti attraverso almeno tre generazioni. Pasquale Muscles è un discendente del ramo australiano dei Barbaro, e quando arriva finalmente in paese – oltre al jet lag e alla colpa del carico di ecstasy perduto – si trascina addosso anche tutto lo spessore del cognome. Le identità delle persone che incontra durante il mese trascorso a Platì e dintorni sono occultate in file dell’Australian Federal Police, finora mai pubblicati, e probabilmente in alcune informative delle forze dell’ordine italiane.
Forse alcuni nomi e cognomi sono gli stessi che compariranno ancora nell’operazione Pollino; dopotutto l’ecstasy proveniva dal Belgio. Può darsi che intervenga anche il patriarca ottantaduenne Francesco «Cicciu ’u Castanu» Barbaro. Ed è probabile che negli incontri più tesi di quelle settimane Pasquale trattenga il fiato più di una volta, in attesa di una condanna a morte che potrebbe piombargli addosso da un momento all’altro. Di sicuro c’è che nel giro di trenta giorni il problema del carico sparito si risolve con una magnanimità che ad altri non sarebbe stata concessa, e Muscles può tornare a Melbourne con l’impegno di restituire dieci milioni di euro – una parte dell’investimento iniziale – suddivisi tra lui e Carmelo Falanga. Platì manderà a breve un emissario per sovrintendere al recupero crediti. A questo punto, a Pasquale Barbaro non resta che trovare cinque milioni di euro e scoprire chi abbia consegnato il container medu1250218 direttamente all’afp.
L’estratto dal libro Statale 106, Viaggio sulle strade segrete della ‘ndrangheta di Antonio Talia (edito da Minimum fax)