Aziende, città e finanza: alla prova della sostenibilità

Non solo agenti governativi: anche i centri urbani e i protagonisti economici possono partecipare alla creazione di una via nuova per arrivare a una nuova fruizione dell’energia

La salute del pianeta è emergenziale. Gli allarmi si susseguono e tutti si devono mettere in movimento: non solo i governi, ma anche aziende, città e individui. Lo dice Federico Brocchieri, delegato alle conferenze sul clima dell’UNFCCC. «Questo non vuol dire che scomparirà l’umanità», scherza. Vuol dire però che tutti devono dare il loro contributo. Ogni protagonista della vita sociale dovrà intervenire, con progetti e visioni di lungo termine.

Sì, ma come si affronta la transizione sostenibile?

Secondo Manuela Kron, direttore Corporate Affairs di Nestlé Italia, occorre implementare la tecnologia all’interno del processo produttivo. Questo permette di rendere più efficiente l’utilizzo di energia e ridurre gli sprechi. Un esempio? «L’installazione di pannelli solari nelle nostre aziende: non servono a noi, ma a dare energia a chi produce per noi». Fornitori e produttori, cui viene garantita una riserva di energia in più. Piccoli passi per un cambiamento che dovrà essere globale, collettivo e, soprattutto senza ritorno.

Per questo motivo serve anche il contributo di chi gestisce i risparmi e orienta gli investimenti.

Simone Bemporad, Assicurazioni Generali: la sostenibilità e i mercati finanziari sono due argomenti all’apparenza distanti, ma che hanno un legame sempre più vivo. «Un piccolo esempio: pensiamo all’agricoltura: il problema dell’agrofarmaco, che è imprevedibile. Per evitare il ricorso da parte degli agricoltori a forme di sfruttamento chimiche poco sostenibili, la soluzione è intervenire, appunto, con l’assicurazione». Questo dimostra che la sostenibilità si associa benissimo al business: crea domanda e offre nuove opportunità. Si può rinunciare a del profitto immediato per assicurare un futuro sostenibile? «Certo. Questo, secondo me è investimento, non costo». Però può accadere solo se i leader lo ritengono importante. E decidono di agire di conseguenza.

Anche i mercati finanziari se ne sono accorti. Si può incidere, proprio scegliendo i prodotti finanziari più attenti all’ambiente: e sta succedendo. Gli investimenti ammontano a 30 miliardi di dollari. Con un trend +30%. Esiste un capitale che guarda alla sostenbilità. «Con molta attenzione».

Anna Villari. di A2a, introduce il tema della Responsabilità sociale d’impresa: la sua azienda, in questo senso è protagonista. «Due documenti, uno che fissa i 72 punti fondamentali da rispettare», che definisce «la nostra Cop21», ma anche «Un piano di sostenibilità, che di fatto è in maniera integrata al piano industriale, e che ogni anno ne definisce la direzione». Lo spirito dell’azienda era già innestato: sullo smaltimento dei rifiuti, per esempio, «raggiungevamo già risultati eccellenti, con l’1% dei rifiuti urbani prodotti dalla nostra attività, che è molto alto rispetto ad altri che, invece, arrivano al 20%». E non sono mancati altri investimenti, per materie più riciclabili, per favorire la decarbonizzazione, «puntando sul fotovoltaico e sul teleriscaldamento», cercando fonti di energia alternative. In più «anche nei confronti dei clienti: li invitiamo a investire (e risparmiare) in questo senso».

Federico Brocchieri. Gli operatori non governativi: cosa possono fare per migliorare lo stato di salute del pianeta? «Dipende dagli stakeholder». In ambito urbano si possono mettere in azione «operazioni di mitigazione e di resilienza». Questa ultima parola considera quegli eventi atmosferici e meteorologici che avranno (in alcune città hanno già) intensità e frequenza maggiore. Qui le città devono essere pronte.
Il problema è che «occorre mettere in campo pacchetti di regole» e poi «anche monitorare». Negli accordi di Parigi questo aspetto «è molto robusto». Nel comparto non governativo, spesso spinto da iniziative bottom up, spesso manca. Si avverte l’assenza di qualcuno che tiri le fila.
Manuela Kron, direttore Corporate Affairs di Nestlé Italia. «Abbiamo fissato un obiettivo di non acquistare più prodotti dalla deforestazione entro il 2030. Gli ambientalisti sono scettici e hanno ragione. Non ce la faremo al 100%, ma almeno al 90% sì. E questo ci fa capire che per certi obiettivi bisogna agire con gradualità». La rendicontazione «è giusta, certo. Ma deve sapere anche incoraggiare. Quando fa bene».

Agire nella comunità

Simone Bemporad. Occuparsi di comunità tocca «allo Stato» ma, «a mio avviso, anche i privati cittadini e le aziende lo devono fare». In questo senso, le Assicurazioni Generali, «che operano in tutto il mondo», hanno dato soldi a buone iniziative. «Ma non solo: da alcuni anni abbiamo deciso di lavorare per il miglioramento della comunità. La domanda era proprio questa: cosa dobbiamo fare per migliorare le condizioni delle comunità in cui ci troviamo?». Le risposte sono tante. Una di queste è stato contribuire «a migliorare le condizioni dell’infanzia nei primi sei anni di vita». Ci sono studi scientifici, spiega, «che vivere questi anni in situazioni di difficoltà avrà effetti gravi nella vita adulta». E in Europa ci sono nove milioni di bambini in casi di forte disagio. «Collaboriamo con delle onlus e forniamo denaro per progetti specifici in questa direzione. La cosa notevole di questa iniziativa è che lo facciamo in tutto il mondo». È The Human Safety Net, per cui «hanno contribuito anche i dipendenti: il 40% ha scelto di dedicare una azione a The Human Safety Net. Un numero altissimo».

Anna Villari. I bilanci di sostenibilità territoriali. «Ci danno molta soddisfazione: hanno partecipazione, risonanza e interesse». Cominciato «da Brescia, Bergamo, Milano», tutti comuni «i cui sindaci hanno espresso volontà molto forti di azioni ambientali».
Il metodo: in primo luogo, incontri con gli stakeholder del territorio per comprendere le specificità della zona, «la materialità». Poi comincia il brainstorming per l’elaborazione di progetti adatti. «Ad esempio, a Milano una azione per il recupero del cibo», per fare un esempio. Del resto, «se si dice comunità si parla anche di scuola, con cui abbiamo uno strettissimo rapporto, per educarli a uno stile di vita più sano e attento all’ambiente». Un atto simbolico è «la distribuzione delle borracce ai bambini delle scuole milanesi».

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