Probabilmente i No Global non lo avrebbero mai immaginato, ma oggi è un presidente degli Stati Uniti che sta portando a termine la loro battaglia. Il 30 novembre 1999, fu infatti la dura protesta di almeno 40.000 persone contro la conferenza del Wto di Seattle che diede inizio a quel movimento No Global che in Italia passò alla Storia soprattutto per gli incidenti legati alla celebrazione del G8 di Genova. Esattamente vent’anni dopo, è Donald Trump che simbolicamente uccide lo stesso Wto, bloccando la nomina dei membri di quell’Appellate Body che è incaricato di giudicare in seconda istanza le controversie sul commercio internazionale.
Nel 1999, l’Organizzazione Mondiale del Commercio si era riunita per definire i punto di partenza di un nuovo ciclo di scambi commerciali. I manifestanti occuparono le strade per impedire ai delegati di recarsi dai loro alberghi al Convention Center, e tra di loro apparvero per la prima volta i Black Bloc, che presero d’assalto negozi di multinazionali e banche. Addirittura messa sotto assedio, la Polizia fu costretta a usare la forza. Il bilancio della Battaglia di Seattle, come fu chiamata, fu di almeno 600 arresti e oltre 20 milioni di dollari di danni.
Due decenni dopo l’avversione verso la globalizzazione si è estesa dalla sinistra radicale alla destra, e attraverso Donald Trump si è installata alla Casa Bianca. Senza scatenare violenza in strada ma sfruttando i semplici poteri della sua carica, Trump ha in pratica emulato i metodi del “Popolo di Seattle”, con la sola differenza che invece di impedire il passaggio ai delegati ha bloccato il ricambio dei membri dell’Appellate Body man mano che scadeva il loro mandato. Cosa non troppo difficile, visto che per la nomina ci vuole l’unanimità. Da sette giudici l’organismo si era così ridotto a tre, che però ancora bastavano per produrre sentenze valide. Martedì, però, è scaduto il mandato di altri due.
Senza sentenze, il Wto è ridotto a un guscio vuoto, anche se il portavoce Keith Rockwell avanza l’ipotesi di uno strumento a interim per colmare il vuoto
Con uno solo, il Body non può più funzionare. Senza secondo grado, restano in un limbo le sentenze di primo grado: almeno un centinaio, per non parlare di quelle future. Senza sentenze, il Wto è ridotto a un guscio vuoto, anche se il portavoce Keith Rockwell avanza l’ipotesi di uno strumento a interim per colmare il vuoto. La stessa Commissione Europea parla di accordi a interim tra gli Stati che vogliano continuare a servirsi del Wto, pur ammettendo che a 24 anni dalla partenza dell’Organizzazione qualche riforma ormai ci vorrebbe.
L’obiettivo immediato della Protesta di Seattle è dunque stato raggiunto. Ovviamente, impedire al Wto di funzionare blocca la globalizzazione nella stessa misura in cui distruggere aspirine e termometri fa cessare la febbre. L’integrazione dei mercati internazionali infatti continua, spinta dalla logica dell’evoluzione tecnologica. Semplicemente, le controversie non saranno più risolte da un arbitro tendenzialmente imparziale, ma dalla forza contrattuale dei contendenti. Che evidentemente per gli Stati Uniti è maggiore.
Questo è infatti l’obiettivo principale di Trump, che dappertutto privilegia il bilateralismo al multilateralismo. Anche per questo appoggia la Brexit. In realtà poi gli Stati Uniti al Wto hanno vinto il 90% dei ricorsi da loro presentati, e anche il 42% di quelli che erano stati fatti contro di loro. Cioè, in assoluto sono il Paese che meglio dal Wto è stato trattato. Ma si sa che in politica la potenza di certi slogan è un fattore assolutamente indipendente da una cosa così volgare come il fact checking. «Il Wto è stato creato per fare gli interessi di tutti tranne i nostri, si approfitta del nostro paese in modo incredibile», è appunto uno slogan di Trump.
È vero che il modo di funzionare del Wto è stato in parte modificato nel momento in cui dal 2001 vi fu ammessa la Cina
In realtà, il Wto fu creato da funzionari statunitensi ed europei. Ma è vero che il suo modo di funzionare è stato in parte modificato nel momento in cui dal 2001 vi fu ammessa la Cina. Da una parte infatti in Cina lo Stato appoggia massicciamente le imprese provate. Dall’altra il Wto concede alla Cina uno statuto speciale da Paese in via di sviluppo, pur essendo la seconda economia del mondo.
Proprio contro la Cina Trump ha scatenato una guerra dei dazi, che senza Appelate Body non potrà essere sanzionata. E su questo punto probabilmente anche altri governi potranno essere d’accordo sull’opportunità di ripensare il modo di trattare con Pechino. Ma il fatto è che Trump se l’è presa anche con Canada, Unione Europa, Giappone, Argentina, perfino il Brasile di Bolsonaro: un “Trump brasiliano” che di Trump è ammiratore, ma che è stato minacciato di dazi su acciaio e alluminio per punirlo di presunte «manipolazioni della moneta per danneggiare gli agricoltori americani».
È però vero pure che nel frattempo è stata anche firmata una nuova versione del trattato commerciale tra Stati Uniti, Messico e Canada: cambiano alcune regole, in particolare sulla possibilità di verificare le regole sul lavoro in Messico per evitare il dumping. Ma soprattutto cambia il nome. Da Nafta, sigla in inglese di Accordo di Libero Commercio del Nord America, a T-Mec. Dovrà essere ratificato dai tre parlamenti: secondo Nancy Pelosi, arriverà a Congresso già il 18 dicembre. Ma così Trump potrà dire che effettivamente ha mantenuto la sua promessa di porre termine al Nafta. In effetti, ora il Nafta non c’è più. Ma viene il dubbio che Trump faccia vedere che demolisce il Wto e che attacca a tutto campo in America Latina, Europa e Asia anche per distrarre dal fatto che in realtà l’area di libero scambio da lui definita «il peggior trattato mai firmato» rimane, ancorché mimetizzata.