Crimi e misfattiChi sarà il nuovo capo dei Cinque stelle? Citofonare Casaleggio

Il Fatto e molti altri si interrogano sull’evoluzione del movimento e su chi lo guiderà, ma dopo tutto questo tempo non hanno ancora capito che i grillini hanno soltanto una parvenza di democrazia interna, perché poi a decidere è qualcun altro

ANDREAS SOLARO / AFP

Il primo sfoglio del giornale più attento alle questioni grilline, il Fatto quotidiano, ieri era dedicato interamente alle grandi manovre per la guida del Movimento Cinque Stelle con analisi, previsioni, indiscrezioni, interventi e contributi che hanno affrontato il tema del futuro politico dei grillini in tutte le sfaccettature possibili e immaginabili, comprese quelle più incredibili. C’era, per dire, anche un colloquio con Massimo D’Alema, in evidente stato di cedimento strutturale essendo passato dal leggendario «non rispondo alle domande di un giornale tecnicamente fascista» a un’intervista strappalacrime al suddetto quotidiano nientedimeno che sulla «carica innovativa» che il Movimento Cinque Stelle «ha saputo portare nel panorama politico italiano».

In tutte queste pagine e in tutti questi scenari mancavano le uniche due parole importanti per capire che cosa succederà ai grillini: Davide e Casaleggio. Niente, zero, il patron dei Cinque Stelle non era mai citato, nemmeno per sbaglio, nemmeno per caso: nonostante sia l’unico che decide.

Questa mattina, invece, la svolta: in attesa degli Stati generali o di come si chiamerà la kermesse che Casaleggio intanto ha rinviato non si sa a quando, con il tradizionale surrealismo che lo contraddistingue il reggente Vito Crimi ha detto al Fatto che intanto «la nuova data verrà decisa in base alla location e ai costi», qualunque cosa voglia dire, e poi una serie di banalità da costringere il cronista del Fatto a chiedergli della piattaforma Rousseau e dell’uso contestato che ne fa la Casaleggio Associati, tanto che molti esponenti del partito chiedono di farla gestire ai parlamentari.

La risposta di Crimi è stata avanspettacolo in purezza: «Certe cose più lontano stanno meglio dai politici, meglio è. I dati delle persone e altre informazioni non devono essere a disposizione degli eletti». Queste «certe cose» di cui ha parlato Crimi che «più lontano stanno meglio dai politici, meglio è» non sono altro che gli strumenti di esercizio e di controllo del processo democratico del primo partito della coalizione di governo.

Finanche al Fatto è scappato da ridere, al punto da fargli usare le due parole scomparse il giorno precedente: «È meglio che siano nelle mani di Davide Casaleggio?», ha chiesto il giornalista a Crimi. La replica di Crimi, vabbè: «Lui non fa attività politica, quindi non li usa a fini politici». Una risposta formidabile non solo perché post veritiera, ma anche perché se Casaleggio non usa la piattaforma di democrazia digitale interna dei Cinque Stelle a fini politici, Crimi ci sta dicendo che la usa a fini commerciali.

Tutto questo, peraltro, il giorno dopo che il Corriere in un articolo intitolato «Faccia a faccia tra il nuovo reggente e Casaleggio» ha scritto che i due, Casaleggio e Crimi, si sono incontrati a Milano «per espletare delle formalità burocratiche, con il passaggio dei poteri da capo politico da Di Maio al viceministro dell’Interno», come se Casaleggio fosse una specie di promulgatore della validità delle decisioni del Movimento, una via di mezzo tra presidente della repubblica e un emiro a responsabilità limitata.

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