Predire il futuro è attività alquanto pericolosa, ma se la previsione è frutto di ricerche e dati attendibili, allora è meno labile di quanto si possa immaginare. E prevedere il futuro gastronomico del prossimo anno significa tracciare le basi di quel che sarà il nostro gusto nel decennio che sta per cominciare.
Pronti per scoprire che cosa mangeremo nel 2020?
Di sicuro quello che il supermercato per eccellenza, quello più trendy e alla moda, ci proporrà come tendenza. Parliamo di Whole Foods Market, il tempio del cibo elegante: la sua responsabile dello sviluppo prodotti, Rachel Bukowski, ha messo insieme una squadra di 50 “cercatori di novità” che hanno delineato il futuro enogastronomico che troveremo sugli scaffali.
La linea che ha guidato la scelta passa dal rispetto per il Pianeta e per la salute: dall’agricoltura rigenerativa, le pratiche agricole che avvantaggiano la terra, arrivano le farine alternative, che chiamano ‘funky’. L’aumento esponenziale dei cibi senza glutine ha aperto le porte alle persone che vogliono sperimentare, portando alla ribalta farine non convenzionali a base di cavolfiore, banane, cocco e tigernuts. Se volete aggiungere un twist in più ai vostri panini o ai vostri dessert, scommettiamo che presto le userete anche voi?
Ma la sperimentazione non sarà solo sulle farine, pare che anche il burro troverà nuove strade, i semi di anguria e le noci di macadamia sono due nuovi elementi per i marchi che cercano di realizzare prodotti simili al burro di arachidi. Dopo aver bandito l’olio di palma, questa potrebbe essere la nuova tendenza, insieme alla rivalutazione del burro di cacao, che già alcune aziende anche in Italia stanno cominciando a sperimentare per la cottura. Punto di fumo più alto, totalmente vegetale, nessun sapore che possa ‘inquinare’ la materia prima cotta. Forse per ora li ritroveremo solo nei ristoranti gourmet, ma da lì alle nostre cucine di casa il passo è breve.
Stesso discorso per gli zuccheri, che saranno sempre più ‘alternativi’, secondo gli esperti di Whole Food: a miele e sciroppo d‘acero (che negli Stati Uniti sembrano giù out ma che da noi invece stanno vivendo una grande espansione), gli americani potranno aggiungere nel paniere sciroppo di melograno, dolcificanti alla frutta, nettare di patate dolci. Se da noi il pasticcere per eccellenza Ernst Knam ha proposto il suo personale sciroppo d’acero, scoperto durante un viaggio in Canada, possiamo scommettere che la ricerca di dolcificanti naturali e alternativi sarà presto un must della pasticceria.
Ma tante le tendenze dolci che delinea Daniele Bonzi, pastry chef del Four Seasons di Milano e attento osservatore dei trend della sua professione nel mondo: «Intanto, dal mio osservatorio, sono felice di constatare che il livello gastronomico e quindi anche della pasticceria mediamente si è alzato: ci sono sempre più professionisti di alto livello, la qualità media della fascia alta della pasticceria è migliorata notevolmente.
Sta ritornando un grande interesse per la pasticceria d’albergo, i ragazzi si stanno avvicinando a questo mondo anche grazie a hotel come il Mandarin, il Park Hyatt entrambi con due stelle Michelin, a Niko Romito che si è “sposato” con un’azienda come Bulgari.
La parte della pasticceria dedicata al cioccolato sta diventando sempre più importante: i clienti lo conoscono sempre di più e sono interessati a capirlo meglio come ingrediente e a scoprire quali sono le caratteristiche da ricercare per assaggiare un prodotto di qualità.
Dopo il gluten free, che ormai è una realtà, ci sarà nei prossimi anni un aumento di richieste per una pasticceria più attenta allo zucchero, più attenta alle restrizioni e alle intolleranze, che si stanno sviluppando e che fanno ormai parte delle ‘mode’ alimentari.
La figura del pasticcere si sta sempre più evolvendo, e sarà sempre più multiforme: c’è ancora tanto da fare ma il pasticcere da ristorazione è ormai una figura riconosciuta e avrà sempre più spazio.
La Michelin in Francia ha inserito in guida i pasticceri di ristoranti e ha premiato con una stella un pasticcere che ha un ristorante di soli dessert. Di riflesso questa tendenza arriverà nel medio termine anche da noi.
Il dessert sarà sempre più sdoganato, e i professionisti di questo settore saranno sempre più dinamici, del resto gli esempi ci sono già: Federico Rottigni ha appena aperto un Dessert Bar, Mario Pequini ha aperto un cocktail restaurant, Franco Aliberti e Paolo Griffa fanno ormai gli chef da tanti anni ma nascono entrambi come pasticceri. Luca Lacalamita in Puglia e Loretta Fanella in Toscana hanno aperto i loro laboratori, con una pasticceria con un imprinting da da ristorazione. Entrambi si sono dedicati a un progetto loro ma con un background da ristorazione tristellata alle spalle.
Sempre più i pasticceri stanno arrivando ad essere una figura riconosciuta a tutti gli effetti e questo settore è sempre più alla ribalta».
E in cucina? Pare proprio che dopo poke e tacos, il futuro sarà nei sapori piccanti, nei condimenti a base vegetale e negli alimenti benefici dell’Africa occidentale, come moringa e tamarindo. La moringa per noi è ancora poco conosciuta, nonostante le sue doti: tutta la pianta è commestibile, a partire dalle radici che assomigliano al rafano, ed è l’unica forma vegetale che contiene tutta la gamma degli aminoacidi richiesta per il fabbisogno proteico, anche quelli essenziali.
Sul tamarindo siamo più avanti: uno chef su tutti, giovane e all’avanguardia, ha già fatto del tamarindo un suo cavallo di battaglia e i suoi ravioli doppia panna e tamarindo fermentato sono un vero e proprio must, uno dei piatti più buoni assaggiati nel 2019. Si chiama Francesco Brutto, e in coppia con Chiara Pavan, è alla guida di un pop-up restaurant che è in sé una tendenza. Due chef stellati, di due diversi ristoranti (Chiara ha una stella a Venissa e Francesco a Undicesimo Vineria), insieme cucinano in un ristorante terzo per soli tre mesi, alla scoperta di piatti tradizionali e creativi, con un menu divertente, senza regole, che promette meraviglie e un approccio sano e per nulla cerebrale alla cucina sperimentale.
I millennial, una generazione molto più consapevole del cibo, sono genitori di oltre la metà dei bambini del mondo: aspettiamoci da loro scelte più ragionate per i loro figli, in linea con le regole della nutrizione e con la salvaguardia del pianeta. Alimenti più sani, meno elaborati, ma anche sapori più globali e ricette meno definite in termini nazionali.
Le seconde e terze generazioni di immigrati saranno altri protagonisti di questo grande cambiamento e di questa contaminazione: aspettiamoci sempre più ristoranti che mixano tipologie di cucine differenti e sperimentano prodotti altri nelle cucine tradizionali. In Italia sarà sempre un po’ più faticoso questo passaggio, perché abbiamo ricette fortemente identitarie e mediamente poca volontà di metterle in discussione, ma non c’è dubbio che questa rivoluzione del gusto passerà anche da qui.
Alle novità non si sottrarranno nemmeno le bevande e dopo la dilagante ‘mania’ del cocktail, ormai una realtà diffusa, possiamo aspettarci – come ci ricorda anche il New York Times – che i prossimi anni porteranno a cocktail sempre meno alcolici e sempre più aromatici, magari con aggiunta di ingredienti calmanti come il cbd. Le bevande senza alcool sono la nuova frontiera e molti bartender stanno già proponendo miscelazioni non alcoliche basate su erbe, frutta e macerazioni. Caso di scuola il cocktail bar di Ceresio7 a Milano, che per l’aperitivo propone varie ricette che prevedono zero alcol e tanto sapore, Guglielmo Miriello e il suo staff sono tra i primi a proporre questo nuovo modo di intendere i cocktail e ci permettono di godere del sapore senza compromettere la capacità di guida, ma soprattutto ci consentono di bere un bicchiere in più, senza pensieri e senza mal di testa, o di abbinare ad un intero menu bevande intriganti ma non alcoliche.
Naturalmente, berremo il tutto con cannucce rigorosamente prive di plastica: persino Tiffany ha introdotto la cannuccia d’argento, e su kickstarter ci sono moltissimi progetti in fase di lancio di cannucce in una miriade di colori, resistenti al calore per gli amanti del caffè, con kit di pulizia e spazzole, dritte o pieghevoli e di qualsiasi dimensione, realizzate per essere biodegradabili e compostabili. Abbiamo imparato a bere drink sorseggiandoli con gli ziti, all’ultima edizione parigina del congresso gastronomico Omnivore, dove i cocktail a base di caffè nel grande spazio eventi di Lavazza erano serviti proprio con la pasta lunga e bucata al posto delle cannucce. Su questo noi italiani partiamo decisamente avvantaggiati!
Il kit della cannuccia sarà la risposta targata 2020 alle bottiglie d’acqua riutilizzabili che hanno letteralmente invaso la nostra vita nel 2019?
Se questo ancora non lo possiamo confermate, sul tema sostenibilità di sicuro non cambieremo idea, come afferma anche Marco Cuppini, Research and Communication Director di GS1 Italy, che ci offre un panorama completo su ciò che ci si aspetta succeda nella GdO nel nostro Paese, e conferma la sempre maggiore attenzione dei consumatori a contenuti, etichette e informazioni: «L’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, con i suoi 120.000 prodotti analizzati attraverso la scansione delle informazioni presenti in etichetta, è diventato un punto di vista privilegiato per monitorare i consumi alimentari degli italiani. Tra i fenomeni che segneranno le scelte di quest’anno, l’italianità dei prodotti dovrebbe assestarsi: ormai un prodotto su quattro acquistato in supermercati e ipermercati riporta sull’etichetta un riferimento alla sua origine nazionale.
Situazione di stabilità anche per il mondo dei prodotti alimentari che dichiarano in etichetta l’assenza di almeno una componente.
I prodotti che comunicano sulla confezione l’alta presenza o l’aggiunta di componenti “positive” (come vitamine, oligoelementi, sali minerali o fibre) e i prodotti alimentari privi di glutine o di lattosio sono ormai una presenza abituale nel carrello della spesa degli italiani.
È però la sostenibilità l’hot topic di questi mesi, anche nel mondo del largo consumo.
In particolare le certificazioni legate alla corporate social responsibility (CSR), fornendo garanzie reali e verificate sulle materie prime e sui processi produttivi utilizzati, stanno mostrando di rispondere in maniera concreta alle forti esigenze di sostenibilità espresse dai consumatori. Nell’era del climate change e della questione ambientale, il packaging dei prodotti di largo consumo assume un nuovo ruolo. Non è più cruciale solo lungo la supply chain ma lo è anche nelle scelte d’acquisto dei consumatori, che scelgono i prodotti non solo per come sono fatti, ma anche per i materiali che li contengono.»
Sull’italianità non ha dubbi nemmeno Enrico Bartolini, chef che ha appena conquistato la terza stella Michelin nel suo ristorante milanese e ne ha collezionate ben 8, record assoluto per un italiano: «L’Italia è il luogo più bello del mondo dove trovare chef, luoghi e ingredienti. Lo spazio che continua ad essere dedicato agli investimenti dei non operatori andrà avanti, ma la grandezza dell’artigianato continuerà a manifestarsi. I cuochi e i maître anche quest’anno si manifesteranno con italianità e questa continua esecuzione di servizi italiani di gran livello perfezioneranno la grandezza del nostro Paese, insieme ai nostri artigiani del pesce, della carne e delle verdure. Il mondo del vino sta andando forte e darà un ulteriore colpo di grazia alla grandezza enologica già espressa nelle aste nel 2019.»
E se la sostenibilità ci guiderà sempre di più, per essere più ‘leggeri’ sul mondo diventeremo vegetariani? Probabilmente no, ma di sicuro la tendenza a mangiare sempre meno carne ci sarà. Saremo quindi reducetariani, e sostituiremo la carne con alimenti plante-based e con i surrogati vegetali, che stanno diventando sempre più comuni. Le due aziende più importanti in questo settore sono Impossible Burger e Beyond Burgers, e se per assaggiare i prodotti della prima dobbiamo ancora aspettare o volare negli USA, per la seconda possiamo già fare delle prove, in alcune catene del nostro Paese, come WellDone, realtà bolognese fondata da Andrea Magelli e Sara Roversi, prima a conquistarsi il diritto di mettere gli hamburger vegetali nei suoi panini. Oggi si possono trovare le polpette da The Meatball Family e l’hot dog da Avo Borthers. Il burger zero si trova anche nei locali di HamHoliburger, o da Romeow Cat Bistrot a Roma, locale vegano dove i felini vi faranno compagnia mentre degustate il vostro panino plante-based. Che questa non-carne sia più salutare e meno impattante sul pianeta è ancora tutto da dimostrare, ma è un’alternativa che sarà sperimentata nel prossimo futuro e che sta raccogliendo milioni di finanziamenti.
Intanto segnatevi nella prossima lista della spesa il jackfruit: secondo la Benchmark, la società globale di ospitalità, sarà infatti un ingrediente di tendenza nel 2020. Instagrammabile, versatile, adatto a essere mangiato crudo, fritto, in conserva è il perfetto sostituto del maiale e come per il suino, di questo frutto non si butta via niente. È ipocalorico, a basso contenuto di carboidrati, ricco di proteine, fibre e vitamine. È anche una coltura resistente che richiede poca irrigazione. Una perfetta alternativa alla carne, insomma.
Se proprio non possiamo fare a meno di mangiarla, la carne che ci aspetta per gli anni ’20 è molto più buona: ne è sicuro Riccardo Uleri, mente e palato di Longino & Cardenal, distributore di prodotti d’eccellenza per l’alta ristorazione con sedi a Milano, Dubai, Hong Kong e New York. «Il mio è sempre un osservatorio di nicchia, ci rivolgiamo alla fascia alta della ristorazione e ai clienti gourmet, che sono sempre più attenti alla qualità, ma credo che la tendenza sia comune. I consumatori chiedono in generale prodotti non solo buoni ma anche sani, non solo a livello medico ma a livello produttivo. Tutti sono più attenti a come vengono prodotti i cibi che scelgono, e la carne non fa eccezione. I clienti la mangiano meno, ma la pretendono allevata bene, in spazi adeguati, sono attenti al benessere animale, cercano razze autoctone e pretendono che non sia imbottita di antibiotici. Per questo, per esempio, la carne giapponese è tra le più richieste tra i nostri prodotti.»
Ma quali saranno i prodotti più acquistati dai ristoranti nei prossimi anni? «Stiamo lavorando bene con il burro, sempre meno demonizzato e sempre più particolare. Prosegue la passione per il plancton, che abbiamo introdotto qualche tempo fa e che da prodotto da esibire in ricette pensate proprio per questo prodotto, sta sempre più diventando una spezia, usata per dare un tocco in più a vari piatti di pesce. E sempre sul pesce, sta iniziando a prendere piede il Glacier 51, il moro atlantico che tanti chef apprezzano: è un pesce particolarissimo, bianco come la neve, pescato in Antartide a oltre 2000 metri di profondità, luogo estremamente selvaggio in cui viene applicata una delle pesche maggiormente regolamentate di tutto il globo».
Proprio nei ristoranti, accanto a questi prodotti di ricerca, riscopriremo la tradizione: almeno secondo quanto sostiene The Wall Street Journal: il quotidiano a maggiore diffusione negli Stati Uniti prevede infatti che saranno le lasagne il cibo di tendenza del 2020 nei ristoranti americani. Possiamo quindi essere certi che torneranno di gran moda anche da noi, probabilmente in versioni sempre più contemporanee ma anche con grande attenzione alle ricette tradizionali autentiche. Siamo certi che di questa rinascita, anche internazionale, sia da imputare alla grande rivalutazione di questo piatto fatta dai rappresentanti dell’alta cucina nostrana, due su tutti: la parte croccante della lasagna di Massimo Bottura, o la lasagna stratificata e perfetta di Luigi Taglienti.
Di sicuro, comunque, ci aiuterà la tecnologia: sempre più presente dall’agricoltura, alla scelta e prenotazione dei ristoranti, alla tracciabilità del cibo, che passerà sempre di più dalla block chain.
Non ne avete ancora abbastanza e volete scoprire altre tendenze? Il sito Eater ne ha messe insieme una quantità assurda: la maggior parte delle quali, assolutamente ridicole. Ma molto divertenti da leggere e perfette per confermare ogni vostra idea in questo settore.