A giudizio dell’AgCom (l’Autorità per le Comunicazioni) la Rai ha violato il Contratto di Servizio in numerosi episodi riguardanti la programmazione diffusa dalle tre reti generaliste. Oltre a costare alla Rai una sanzione pecuniaria di 1,5 milioni di euro, nelle motivazioni licenziate oggi del suo provvedimento di condanna, l’Autorità per le Comunicazioni mette in guardia l’attuale gruppo dirigente di Viale Mazzini: «Par condicio violata, possibile danno erariale» e lo Stato potrebbe così negare alla Rai parte del canone. È la prima volta che un garante afferma questo principio di responsabilità e possibile danno erariale, mentre la Rai non è nuova a violazioni della par condicio.
L’AgCom ha sottolineato «Il mancato rispetto da parte della Rai dei principi di indipendenza, imparzialità e pluralismo» in particolare in alcuni episodi e archi temporali precisi. L’Agenzia scrive inoltre che la televisione pubblica dovrebbe rappresentare uno spazio «credibile e neutrale», obiettivo e imparziale. Al contrario, troppo spesso, la Rai è venuta meno a questo suo ruolo, rendendosi protagonista soprattutto attraverso il Tg2 di servizi «faziosi». L’esempio citato dall’Agenzia è il servizio che il telegiornale del secondo canale Rai ha dedicato al supposto «fallimento del modello svedese di accoglienza dei migranti» (19 e 20 maggio del 2019), durante il quale è stato sostenuto un unico punto di vista che ha portato a credere che accogliere gli stranieri sia missione impossibile, quando invece il paese scandinavo vanta molti successi al riguardo.
Altro fatto grave, secondo l’Agenzia, è stato anche quello del 28 aprile 2019 nell’edizione delle 19.30 del Tgr Emilia Romagna, quando è andato in onda «un servizio sulla manifestazione dei nostalgici a Predappio nel quale – senza contraddittorio né contestualizzazione sociale o politica – si mostrava tra tricolori, saluti romani e cimeli del regime, un gruppo di persone riunite per la commemorazione della morte di Mussolini». E pertanto, spiega l’Agcom, «si raccoglievano le dichiarazioni di alcuni presenti – ivi compresa la nipote di Mussolini – al limite dell’apologia del fascismo senza alcuna stigmatizzazione o commento da parte dell’intervistatore, dando al cittadino-utente una rappresentazione nostalgica del periodo fascista. Il servizio ingenera una immagine distorta dei fatti storici e trasmette messaggi contrari ai valori di identità nazionale».
Presa come esempio anche l’edizione delle ore 13 del Tg2 del 26 luglio, quando il telegiornale dà notizia dell’assassinio del vice-brigadiere Mario Cerciello Rega. «Il notiziario è l’unico dei notiziari Rai – si legge nella delibera – ad attribuire nei titoli e nel lancio da studio e nel servizio, con una assoluta certezza, che i responsabili dell’omicidio sono indicati come «due nordafricani», mentre la responsabilità presunta è presto ricaduta su due cittadini statunitensi».
Il provvedimento e le analoghe motivazione arrivano anche a termine della precedenti interrogazioni parlamentari di carattere puramente politico. «Anche i promo devono rispettare la par condicio e il pluralismo – spiega Michel Anzaldi (Italia Viva), segretario della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi -, e il caso dello spot a Salvini durante Juve-Roma è stato l’ennesimo abuso di questa Rai che continua a essere fuori dalle regole». Bisogna poi tener conto anche dei dati: in campagna elettorale per le Regionali dell’Emilia Romagna, nei programmi della rete pubblica Salvini aveva occupato gli spazi extra Tg per ben 9 ore e 40 minuti, Giorgia Meloni per 6 ore e 16 minuti, Luigi Di Maio per 5 ore e 26 minuti, Carlo Calenda per 4 ore e 27 minuti, Renzi per 3 ore e 7 minuti e i Verdi in totale per soli 8 minuti. Situazione che non è cambiata neanche in questo inizio 2020, in quanto il leghista detiene il record di gennaio sia nel Tg di Carbone (23 minuti, in crescita da dicembre) che in quello di Sangiuliano (15 e 35’’, in crescita anche questo). Salvini parla più del premier e più di un capo di Stato.
Le motivazione dell’Agcom continuano citando due conduttori di area “progressista” (Bianca Berlinguer e Gad Lerner), i quali tuttavia si “salvano”, in termini di pluralismo, perché autori di interventi veniali rispetto a quelli contestati ad altri giornalisti e programmi.
C’è poi la questione social, sui quali la Rai rilancia i servizi giornalistici più controversi, in modo da aumentarne la diffusione e la popolarità. L’AgCom critica infine le tecniche giornalistiche che Viale Mazzini mette in campo e i servizi video, considerati degli editoriali «a tesi», pieni di opinioni soggettive.