Se fosse una partita di calcio, si potrebbe dire che dopo l’assalto durissimo dell’Avversario, che peraltro non è cessato, l’Italia ha fatto un altrettanto duro catenaccio e presa dal panico ha talvolta buttato inutilmente la palla in tribuna. Ma questa prima caotica fase, con i suoi errori e con i suoi eroismi, è finita. Ora si cerca di ragionare di più e di imbastire una Ripartenza. Non è facile, perché l’Avversario si fa largo un po’ ovunque (il virus è quasi in tutta Italia e sconfina baldanzoso in Europa) e anche perché lo Stato non intende abbassare la guardia né dare l’idea di cambiare musica perché ha stonato. Si confida nel caldo, da buoni italiani, e in ogni caso cresce la consapevolezza che l’Avversario perderà la partita anche se non possiamo immaginare quando. Ma gli italiani, comprensibilmente già stanchi, hanno bisogno di qualcosa di concreto per cominciare a tirare su il morale: qui interessano poco le tecniche di marketing politico, qui serve la politica.
Una cosa concreta c’è già e andrebbe considerata un punto fermo, ed è il giudizio positivo dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) su quanto si è fatto sinora. Bene, ora tocca al governo italiano porre le premesse per la ripartenza. Il primo a capire la cosa è stato Beppe Sala che pur rendendosi conto della necessità di misure durissime ha fatto presente a Conte e Franceschini di riaprire gli spazi culturali, di riaccendere la vita di una metropoli fantastica per sconfiggere “il virus della paura”. Sala ha suonato la sveglia, e Nicola Zingaretti – uno non proprio velocissimo – va a Milano per un aperitivo in piazza.
E hanno ragione le forze produttive. Molto significativo il comunicato congiunto di Abi- Coldiretti-Confagricoltura-Confapi -Confindustria-Legacoop-Rete Imprese Italia (Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti)-Cgil Cisl Uil: «Dopo i primi giorni di emergenza, è ora importante valutare con equilibrio la situazione per procedere a una rapida normalizzazione, consentendo di riavviare tutte le attività ora bloccate». Intanto Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) ha deciso di erogare fino a un miliardo di euro per sostenere le imprese in difficoltà.
Sta qui il cuore della ripartenza. Il governo sa che si gioca molto su questo terreno e che perciò deve rapidamente rispondere al grande deficit produttivo che il virus sta causando: ed è per questo che tutti guardano alle scelte di Roberto Gualtieri che, dopo un primo decreto ministeriale, sta lavorando a due specifici decreti legge per sostenere i settori più colpiti, le piccole e medie industrie del nord e della Lombardia in particolare, e il turismo. Servono soldi, e non pochi. Ma anche l’indicazione “politica” che la vita ricomincia e con essa il lavoro. Qui si parrà la nobilitate di Giuseppe Conte, cioè la sua capacità di rianimare un Paese troppo stressato, di utilizzare tutti i canali per guidare una fase nuova.
Da questo punto di vista, nel dibattito parlamentare di mercoledì sera si è registrato un buon clima, pur con le differenziazioni di Meloni, Lega e in parte dei renziani. Solo Vittorio Sgarbi continua a comportarsi a Montecitorio come si comporta dalla D’Urso: ma è spettacolo, non politica. Nel clima che comunque resta di emergenza, le chiacchiere da Transatlantico sul governissimo la fanno da padrone ma evocano teorie che mal si conciliano, malgrado le apparenze, con un vero clima di unità nazionale: far cadere il governo in un momento simile difficilmente può essere ascritto a una nobile vocazione nazionale, semmai somiglia troppo all’ennesimo giochetto politicista di un Salvini isolato anche a destra. Questo almeno è quello che pensa il Pd, senza il quale nessun cambio politico è possibile, in sintonia con Palazzo Chigi e il Quirinale.
Nella lunghissima partita che il Paese sta giocando contro l’Avversario invisibile certo occorrerà un surplus di serietà da parte della classe dirigente, in senso lato. E ora che si cerca una ripartenza ordinata e razionale – per capirci – non servono certo Governatori che chiudono le scuole senza motivo o si mettono inutili mascherine per fare scena, peraltro una bruttissima scena.