Lo scontro tra il governo e le regioni nella gestione del coronavirus ora passa anche dalla diffusione dei dati sui contagi. A una settimana dal primo caso italiano, si scopre così che il numero reale dei positivi potrebbe essere diverso da quello che conosciamo. O forse no. Nella grande confusione generata dall’inversione di tendenza comunicativa, che ha declassato quello che sembrava un virus pericoloso a “poco più di un’influenza”, anche i dati vanno presi con le pinze.
Finora, la Protezione civile ha diramato nei suoi bollettini giornalieri i casi di positività ai tamponi comunicati dalle regioni in tempo reale. Ma questi numeri non sarebbero quelli ufficiali: prima di essere trasmessi all’Organizzazione mondiale della sanità, i tamponi positivi devono essere confermati dai laboratori dell’Istituto superiore di sanità di Roma. Quello che è accaduto finora, però, è che le regioni hanno comunicato alla Protezione civile i dati dei positivi prima delle controanalisi dell’Iss, che richiedono tempo. Da qui la differenza delle cifre che ha creato non poca confusione. I casi accertati e “bollinati” dall’Iss ad oggi sono solo 282. Un numero molto più basso delle 650 persone risultate positive ai tamponi, riportate nell’ultimo aggiornamento dalla Protezione civile.
A spiegarlo è stato Walter Ricciardi, membro italiano del comitato esecutivo dell’Oms e consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza per il coordinamento con le istituzioni sanitarie internazionali. «I casi veri sono solo quelli confermati al 100% dall’Istituto superiore di sanità», ha detto. «Dobbiamo dire che la diagnosi è certa solo quando siamo certi. Non posso dire a una persona: “Sospetto che hai un tumore”. Così diamo all’estero una comunicazione molto più grave di quello che è». Quello che sarebbe successo è che il risultato delle positività è stato anticipato dalle Regioni prima della risposta definitiva dell’Iss. E il ministero della Salute, «per obbligo di trasparenza», si sarebbe trovato nelle condizioni di comunicare all’Oms queste informazioni. Ma potrebbe capitare, ha spiegato Ricciardi, che qualche test, fatto velocemente e con strumenti non sempre perfetti dalle Asl locali, nei laboratori avanzati dell’Iss risulti invece negativo. Cosa che finora non si sarebbe verificata. Stando a quanto riportato dal capo della Protezione civile Angelo Borrelli, su 282 campioni inviati, sarebbero risultati tutti positivi. Ma è anche vero che per diversi giorni in Piemonte sono stati segnalati tre casi da coronavirus, e poi il 26 febbraio l’assessore alla Sanità, Luigi Genesio Icardi, ha spiegato che il caso era solo uno, in seguito ai risultati delle analisi condotte dal’Iss.
Il percorso della validazione dei test all’Istituto superiore di sanità prevede che i test vengano trasportati a Roma tramite i carabinieri dei Nas e poi ripetuti con una procedura più lunga e complessa. Da qui la differenza nelle tempistiche per la comunicazione dei dati ufficiali. Il coronavirus è noto da meno di due mesi, quindi i test non sono sempre affidabili e in alcune circostanze possono dare falsi positivi o falsi negativi. Anche per questo questo è necessario necessaria una controanalisi. «Una volta preso in consegna il campione», spiegano dall’Iss, «se ne estrae l’Rna e, attraverso una tecnica chiamata Pcr Real Time, viene amplificata la quantità di genoma del virus SARS-CoV-2 eventualmente presente». Il test richiede in tutto 4-5 ore. I tecnici dell’Iss lavorano su turni che iniziano alle 6 del mattino e terminano alle 3 del mattino dopo, tutti i giorni, raccontano dall’Iss. Il risultato, poi, viene comunicato alle autorità competenti sia italiane che internazionali. E questo è il dato ufficiale.
Un altro fraintendimento che ha portato i numeri dell’epidemia a crescere in Italia più velocemente che altrove viene dalla scelta di testare anche chi non aveva sintomi del Covid-19, ha spiegato il consigliere di Speranza. Le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità, che non sono quindi state seguite dalle regioni, prevedono invece che vengano fatti i test solo su soggetti sintomatici in presenza di due caratteristiche: il contatto con malati di coronavirus accertati e la provenienza dalle zone dei due focolai in Veneto e Lombardia. Focolai, secondo quanto anticipato da Ricciardi, avrebbero un elemento di congiunzione. E quindi sarebbero riconducibili ora a uno solo.
Ora però la procedura di comunicazione dei dati dei contagi dovrebbe cambiare. «In Italia si sta lavorando affinché vengano comunicati solo i casi di nuovo coronavirus clinicamente rilevanti, i casi clinici di pazienti in rianimazione o morti, come avviene negli altri Paesi del mondo», ha detto il direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani, Giuseppe Ippolito, in conferenza alla associazione stampa estera con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e quella della sanità Roberto Speranza. Bisognerà vedere se il metodo di conteggio sarà cambiato anche retroattivamente, cioè per i casi riportati finora, oppure no.
«L’italia ha fatto 10mila tamponi, non possiamo essere colpevoli di essere uno dei Paesi che ha fatto più controlli», ha spiegato Di Maio. «Lo dico a tutti coloro che vogliono bene all’Italia: in questo momento è essenziale aiutarci a diffondere questi numeri. L’emergenza riguarda lo 0,089% dei Comuni italiani, aree delimitate che teniamo in contenimento. È veramente importante non partecipare a questa infodemia che farà più danni dello stesso rischio di epidemia». Il primo passo, a questo punto, sarà però passare da un canale unico per la diffusione dei dati. Per il momento, intanto, verrà comunicato il doppio bollettino della Protezione civile e dell’Istituto superiore di sanità.