Ieri sera «a un’ora pericolosamente tarda» (cit. Francesco Saverio Borrelli) è andata in onda nella popolare trasmissione di Massimo Giletti “Non è L’Arena” un servizio sulle nuove mafie romane che segna una nuova frontiera nell’inarrestabile progresso del linciaggio mediatico. Ospiti di Giletti erano il giornalista Daniele Piervincenzi, noto oltre che per i suoi servizi in materia, anche per essere stato vittima di una brutale aggressione da parte del boss di Ostia Roberto Spada, il magistrato Adolfo Sabella, già prestato alla politica come assessore alla Legalità (evidenteente, non era sufficiente alla materia l’ordinaria attività delle forze dell’Ordine e dei suoi colleghi) e poi ritornato al vecchio lavoro e, infine, la giornalista della redazione Francesca Fagnani. Non c’era traccia di un avvocato, nonostante il recente exploit del presidente dell’Unione camere penali Giandomenico Caiazza in un faccia a faccia con Pier Camillo Davigo sulla stessa rete ne avesse dimostrato una certa utilità.
Anche se nel cuore della notte, il dibattito era interessante e presentava come piatto forte la vicenda di una giovane avvocata del foro di Roma arrestata dalla magistratura capitolina con l’accusa di concorso esterno verso alcune delle associazioni mafiose più pericolose tra cui quelle facenti capo al defunto Fabrizio Piscitelli, assassinato ai primi di agosto, e ai famigerati Casamonica delle cui abitazioni trasudanti il più pacchiano lusso veniva data ampia e soddisfatta documentazione.
I giornali hanno dato risalto alla vicenda pubblicando, come buona abitudine e come vietato inutilmente dalla legge, pezzi dell’ordinanza cautelare e delle intercettazioni di alcuni incontri conviviali e conversazioni della giovane legale con membri di spicco della criminalità che in effetti esulano da un ordinario rapporto professionale, ma sui quali non è dato conoscere la versione dell’interessata non ancora sentita dai magistrati.
Tutto ciò non ha impedito ai presenti di intrattenersi sulla figura dell’arrestata, ignota anche a buona parte del foro locale, vista la giovane età e la non lunga militanza professionale, descritta come una sorta di dark lady del crimine, nientemeno che «anello di congiunzione» tra la mafia e le professioni. Uno scenario di indagine prediletto dalla Procura di Roma che ne ha fatto il canovaccio di una monumentale inchiesta “Mafia Capitale” non condiviso dalla Corte di Cassazione che ha escluso la natura mafiosa di un‘associazione facente capo a Massimo Carminati che includeva plasticamente imprenditori, politici e malavitosi.
Il momento più hard e ghiotto della trasmissione (tutta rigorosamente senza contraddittorio) è risultato un prezioso reportage sul campo di Francesca Fagnani che ha dichiarato di conoscere personalmente l’interessata e che ha potuto riprendere l’arresto della giovane legale nella sua abitazione, nel cuore della notte, a dire il vero non esattamente la dimora lussuosa di un boss, in una triste borgata di periferia.
La giornalista ha intervistato al volo l’arrestata, piuttosto frastornata, all’uscita dalla caserma , la quale ha espresso il suo sollievo per le accuse di cui aveva avuto lettura (un messaggio in codice?). Un exploit che riporta a momenti gloriosi del giornalismo a “tutta manetta” come l’arresto del deputato comunista Claudio Burlando e di Enzo Tortora. Poi assolti.
I presenti hanno commentato con viva soddisfazione l’esclusiva in possesso di La7, e Giletti con l’apprezzabile imparzialità che lo contraddistingue ha invitato alla moderazione gli astanti accennando al difensore dell’avvocato, di cui avere prudente rispetto in quanto «difensore di Dell’Utri», particolare che non dava l’impressione di considerare esattamente una nota di merito.
Ora, bisogna ricordare che una legge italiana e una direttiva europea vietano assolutamente immagini dell’arresto e qualsiasi commento che anticipi da parte degli inquirenti (che sono parti in causa), verdetti di colpevolezza. Oggi solo una giovane giornalista del Dubbio, Valentina Stella ha coraggiosamente protestato per il trattamento televisivo della giovane legale, cui la condizione di sospetta mafiosità evidentemente non concede neanche il tatto che abitualmente si riconosce a ogni donna coinvolta in un grave evento di cronaca: neanche la solidarietà “di genere”.
Qualcuno potrà obiettare che la natura dei reati impone una doverosa distanza e prudenza, una dote di cui al momento fanno sfoggio istituzioni e associazioni forensi che pure dovrebbero magari fare qualche domanda alla Procura. Ad esempio: chi ha scelto la troupe cui concedere l’esclusiva e il contatto con l’arrestata? Con quali fini?
Pochi giorni fa il Foglio ha ricordato la clamorosa vicenda di un’altra dark lady che il miglior giornalismo d’inchiesta ha consegnato al pubblico ludibrio in quanto propalatrice di virus e pandemie. Si chiama Ilaria Capua, una delle più importanti virologhe italiane perseguita dalla Procura di Roma e dalla stampa come una pericolosa assassina, prima di essere prosciolta e costretta a espatriare. Lucia Gargano non è una scienziata, non è un personaggio prima di oggi noto, ma questo come per la ben più autorevole scienziata non le è servito. A suo modo la giustizia italiana in effetti è uguale per tutti.