Si aspettavano scintille e scintille sono state. Neanche dieci secondi dall’inizio e Bernie Sanders già attaccava Michael Bloomberg sull’uso della politica chiamata “Stop & frisk”, accusandolo di aver discriminato gli afroamericani di negli anni in cui era sindaco di New York. Gli attacchi a Bloomberg sono proseguiti tutta la sera, come peraltro previsto. Quello andato in onda da Las Vegas era l’ultimo dibattito prima dei caucaus del Nevada di sabato e anche il primo in cui il miliardario newyorkese si esibiva su un palco insieme agli altri o, come gli ha detto Amy Klobuchar, «ha finito di nascondersi dietro agli spot televisivi e finalmente è qui con noi dal vivo».
Se l’attacco iniziale di Sanders su stop & frisk era prevedibile e se Bloomberg si è difeso abbastanza bene («l’importante è battere Trump e non lo faremo certo con uno che voglie togliere l’assicurazione sanitaria a milioni di americani che sono felici della loro»), sicuramente più sorprendente per tempismo e forza è stato l’attacco successivo di Elizabeth Warren. La senatrice lo ha aggredito sul tema del trattamento verso le donne, sulle molestie verbali di cui è stato accusato da alcune ex dipendenti e sul fatto che le denunce siano state messe a tacere tramite dei contratti di non disclosure quindi fatto con ingenti somme di denaro. Warren in un crescendo di intensità ha chiesto più volte a Bloomberg di liberare «qui, ora, su questo palco» queste donne dal vincolo di riservatezza in modo che siano libere di parlare e raccontare la loro versione. Bloomberg non ha ceduto di un millimetro, dicendo che sono accordi tra adulti fatti volontariamente per garantire riservatezza alle due parti coinvolte. Poi ha snocciolato tutti i numeri possibili sulla percentuale di donne ai vertici delle sue aziende, ma non ha convinto e anzi Warren da quel momento ha preso ancora più vigore tanto da risultare, alla fine, se non la vincitrice del dibattitto, sicuramente quella con una prestazione in crescita rispetto alle due precedenti (L’altro momento, anzi gli altri due momenti infuocati, sono stati gli attacchi di Pete Buttigieg a Amy Klobuchar. Il primo sul fatto che in un’intervista lei non avesse saputo dire il nome del presidente del Messico e la seconda volta sul suo passato da senatrice. Klobuchar che tanto era piaciuta nel precedente dibattito, ieri sera è sembrata spesso in difficoltà, innervosita, a volte con la voce quasi spezzata).
Tornando a Bloomberg: parate le bordate di Sanders, scansati gli affondi di Buttigieg e di Biden, ripresosi dall’attacco di Warren, l’ex sindaco se l’è cavata decisamente meglio quando si è trattato di scendere nel concreto, parlare di emergenza climatica – uno dei suoi punti di forza – discutere di tasse e capitalismo. «Sono favorevole a aumentare le tasse sui ricchi», ha detto, salve poi scivolare nella battuta facile quando ha dato del comunista a Sanders o quando ha detto che lui i soldi se li ha guadagnati, senza fare mai cenno alle ineguaglianze (e lasciando campo facile di nuovo a Sanders: «Hai guadagnato anche grazie al lavoro della classe operaia»).
Nel complesso, questo primo suo è stato un dibattitto in difesa, mediocre, che non ha convinto nessuno in più di quelli già convinti e che ha messo in evidenza la sua più grande debolezza ovvero che lottare per la candidatura sia per lui una assoluta scocciatura. Se quando parla di progetti Bloomberg ha le idee chiare e anche una certa assertività, quando attaccato ha la tendenza a rispondere ruotando gli occhi e con un tono un po’ scocciato, come se tutto – dagli attacchi e alle primarie stesse – sia solo un intralcio alla sua, neanche da mettere in discussione, strada verso la Presidenza (qualcuno qui invocherebbe il ”privilegio da uomo bianco”). «Sono un newyorkese, sono un manager, sono ricco, faccio funzionare le cose», è stato sostanzialmente il ritornello della sua serata. Che suona un po’ come “datemi le chiavi della baracca e io ve la faccio andare avanti”. Il che magari è vero, ma purtroppo non funziona così. Fino all’apoteosi finale quando, dopo che Klobuchar aveva ricordato di andare sul suo sito amyklobuchar.com a donare soldi, Bloomberg con tutta la flemma del mondo ha detto: «Potete seguirmi su michaelbloomberg.com, ma la differenza è che io non vi chiedo soldi».