La bomba renziana, quella dell’uscita dalla maggioranza, nel salotto di Bruno Vespa non è scoppiata ma forse perché non di bomba si tratta ma di mine, mine disseminate sulla strada scoscesa del governo e della legislatura, mine più o meno potenti, mine visibili e mine occulte. E così la guerriglia continua nella giungla parlamentare, si organizza nei Transatlantici delle due Camere, nelle cene riservate, nei retropalchi dei talk show e sugli smartphone dei big di partito.
Ballano un po’ tutti, sul Titanic della Repubblica. Al largo non si vede nulla, e non ci sono stelle in cielo. Nel bailamme, Renzi ha gettato un altro petardo assai rumoroso, l’elezione diretta del premier perché «così non può andare avanti» e dunque ha ritirato fuori dal baule delle riforme istituzionali l’idea del «sindaco d’Italia»: gran suggestione di Mario Segni quando “il fiorentino” ancora andava alle elementari, «L’unico modello che funziona», a suo dire, è un po’ è anche vero. Italia Viva raccoglierà le firme, sarà anche un modo per capire quanto è viva sul territorio, e si aspettano le reazioni degli altri, di una destra da sempre presidenzialista e di un centrosinistra che negli anni le ha dette tutte, anche questa, qualche studioso almeno. Un diversivo per fare un altro po’ di confusione? Un’altra mina?
È certamente un altro dado tirato sul tavolo verde della legislatura. Come l’altro, quello del “piano shock” che sarà un altro tormentone per turbare i sonni di un Roberto Gualtieri che già fa balenare l’ipotesi di problemi seri come effetti della crisi cinese. Certo è vero che il capo di Italia Viva non fa saltare tutto ma non depone affatto le armi (ritorna alla ribalta la mozione di sfiducia di Alfonso Bonafede “entro Pasqua” se non ritirerà la legge sulla prescrizione, cosa che chiaramente non farà) proseguendo in una via di mezzo fra guerra di movimento – non esitando a votare contro la maggioranza, sempre sulla prescrizione (ma ha perso per un soffio) – e guerra di posizione, logorando i nervi di Conte e del Pd.
Già, perché questa è anche una guerra di nervi. Conte ora parla di «una cura da cavallo» per l’Italia, rendendosi conto che la situazione è seria, mentre i duellanti principali, che si conoscono molto bene, recitano a memoria un copione che vede Renzi che provoca e il Pd che incassa. Il copione, finora. Perché qualcosa sta cambiando: la tattica del Nazareno. Dove si sta prendendo seriamente in considerazione l’ipotesi di giocare la carta dello show down elettorale in autunno (prima non si può per ragioni tecniche che solo Salvini fa finta di non capire), dopo uno scioglimento delle Camere in piena estate.
Di qui allo scioglimento, si vedrà se reggerà Conte o se si andrà a una crisi di governo con successiva formazione di un governo elettorale di pochi mesi. «La nostra pazienza ha un limite», è il refrain dei dem. Stavolta non scherzano: o Renzi decide se vuole stare dentro o andare all’opposizione oppure il nodo gordiano verrà sciolto dagli elettori. Il terrore che stravinca Salvini negli ultimi tempi è calmierato dalla fiducia nella risalita nei sondaggi: «Il Pd può valere il 25%», ci dice un ministro del Pd. In campagna elettorale può pesare molto il voto utile e soprattutto una “lista Conte” in grado di sottrarre voti a un esangue M5s e forse anche qualcosa a destra, e c’è poi il gruzzolo della sinistra-sinistra: di fronte a questo quadro tutt’altro che in disarmo Renzi dovrebbe decidersi. Ma in cuor loro, ai dem non dispiacerebbe di (politicamente) ammazzarlo. Deciderà il popolo. Le elezioni inoltre sono un desiderio più o meno confessabile di tutto il “secondo piano”del Nazareno dove si allineano le stanze di Zingaretti, del suo staff, insomma la tolda di comando che non disdegnerebbe certo di entrare in Parlamento.
È una minaccia e basta? Diciamo che è un piano B per calmare i bollenti spiriti di un Renzi che spaventa, blandisce, minaccia e maramaldeggia («Il Pd è come Lines notte, assorbe tutto»), rallenta e poi riaccelera di nuovo come un Ayrton Senna de tempi eroici. Quello non si ferma. Ma il Pd vuole capire quanta benzina ha, una volta per tutte.