Cronache dall’impeachmentTrump ha vinto, resta alla Casa Bianca, ma gli sconfitti democratici non demordono

I senatori Repubblicani salvano a maggioranza il presidente degli Stati Uniti, con qualche imbarazzo. Solo Mitt Romney ha votato con l’opposizione. Resiste l’ipotesi della censura, ma è improbabile. Alla Camera, intanto, minacciano di convocare John Bolton, l’ultimo accusatore del Commander in Chief

Alle quattro ora di Washington (le 22 italiane) di mercoledì 5 febbraio, i senatori americani – chiamati uno per uno in ordine alfabetico – hanno assolto Donald Trump dalle accuse di abuso di potere e ostruzione del Congresso. I due articoli sono stati votati separatamente. Per il primo, abuso di potere, la votazione è stata di 52 non colpevole e 48 colpevole. Per il secondo, ostruzione al Congresso, è stata di 53 a 47. Tutti i repubblicani hanno votato a favore tranne Mitt Romney che ha votato colpevole sul primo articolo. Tra i democratici tutti hanno votato colpevole, anche i due a rischio elezione, Doug Jones dell’Alabama e Kyrsten Sinema dell’Arizone, che nei giorni scorsi sembravano indecisi. La procedura di impeachment era iniziata il 18 dicembre scorso, per volere di Nancy Pelosi, Speaker della Camera, in seguito a un allarme ufficiale lanciato da un informatore segreto, whistleblower, a proposito di una telefonata tra Trump e il neo presidente ucraino Zelensky. In quella telefonata Trump chiedeva a Zelensky di aprire un’indagine sul suo rivale politico Joe Biden e sul di lui figlio Hunter, in passato membro del consiglio di amministrazione di una società ucraina, Burisma. A luglio, Trump aveva bloccato più di 300 milioni di dollari di aiuti militari all’Ucraina, soldi già approvati dal Congresso con il voto sia dei repubblicani sia dei democratici.

Una proposta per censurare Trump
Il senatore democratico della West Virginia Joe Manchin nei giorni scorsi aveva proposto una mediazione, di censurare Trump per la sua condotta nei confronti dell’Ucraina, anziché condannarlo. La censura sarebbe servita a segnalare che il comportamento di Trump è stato sbagliato, anche se non ha raggiunto livelli così gravi da essere considerato un “alto crimine” la definizione contenuta nella Costituzione e che prevede la rimozione. L’unica volta nella storia che il Senato ha usato la formula della censura è stato nel 1834 nei confronti del Presidente Andrew Jackson. Anche la senatrice democratica della California Diane Feinstein si è detta favorevole alla proposta di Manchin. La proposta di censurare il comportamento di Trump per avere ancora senso dovrebbe essere votata da entrambi gli schieramenti ed è molto difficile che i repubblicani si convincano a votarla, visto la compattezza esibita durante tutto l’impeachment. Tra i conservatori, solo poche voci isolate hanno parlato di biasimare il comportamento di Trump. Tra queste il senatore Lamar Alexander che ha detto di essere convinto della colpevolezza di Trump, anche se poi ha votato per la sua assoluzione con la motivazione che «è il popolo che deve rimuoverlo tramite elezioni». Anche la senatrice del Maine Susan Collins ha ammesso in qualche modo pubblicamente la colpevolezza di Trump, ma anche ha detto che secondo lei Trump non va rimosso perché ha imparato la lezione e non lo farà più, ovvero non chiederà più a una potenza straniera aiuto per vincere le elezioni.

Gli strascichi
L’impeachment finisce qui, ma le sue conseguenze si faranno sentire ancora a lungo. Le indagini della Camera, ad esempio, continuano e il deputato democratico Adam Schiff non ha escluso la possibilità di chiamare a testimoniare John Bolton, l’ex Consigliere della Sicurezza nazionale la cui testimonianza in Senato i repubblicani hanno bloccato. Non solo, il 17 marzo il libro di Bolton arriva nelle librerie e si potrà valutare se e quali rivelazioni vi sono contenute e se sono presenti altre prove dell’abuso di potere di Trump.

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