Barolo, Brunello, Chianti, Amarone, Prosecco. Ecco i Big Five, amatissimi dagli americani, che, insieme con tutte le altre denominazioni dell’Italia del vino, resteranno indenni dalla revisione della lista dei prodotti soggetti a dazi che gli Usa avevano emanato lo scorso ottobre. L’ultima lista stilata dall’Ustr, l’ufficio del rappresentante Usa per il commercio – e resa pubblica sabato scorso – non colpisce prodotti italiani. «Il vino italiano sopravvive alla roulette americana e per almeno sei mesi resta al riparo dai Dazi statunitensi». Lo dice Ernesto Abbona, presidente dell’Uiv, l’Unione italiana vini, tirando un sospiro di sollievo: «prendiamo fiato almeno per 180 giorni, termine entro il quale il governo americano potrà nuovamente rimescolare le carte sui Dazi. Il risultato positivo è stato raggiunto anche grazie al lavoro delle istituzioni italiane, che voglio ringraziare, che hanno sensibilizzato l’amministrazione Usa a difesa del mondo del vino italiano».
Che cosa significa in concreto? Dal punto di vista dei consumatori americani significa evitare una discreta stangata sui costi del vino italiano, pari almeno al 25% di aumento. Basti pensare che, secondo Coldiretti, Parmigiano Reggiano e Grana Padano – prodotti sui quali si applicheranno i dazi – la tassa passa da 2,15 dollari a 15 dollari al kg, facendo alzare il prezzo al consumo fino a 60 dollari. A un simile aumento corrisponderà inevitabilmente, secondo il Consorzio del Parmigiano Reggiano, un crollo dei consumi stimato nell’80-90% del totale. Problemi simili riguardano altri prodotti agroalimentari.
Pericolo scampato, viceversa, per i vini. Come, per esempio, il Prosecco, il vino italiano più esportato all’estero che ha visto gli Stati Uniti diventare nel primo semestre del 2019 il principale mercato davanti alla Regno Unito, grazie a un aumento in valore del 41%. In caso di aumento dei dazi, il prezzo negli States sarebbe praticamente raddoppiato da 10-15 euro a bottiglia a 20-30 euro a bottiglia.
Per fortuna non è così. E i produttori, per qualche mese, possono davvero brindare. Perché per molte aziende vitivinicole gli Stati Uniti rappresentano ancora… “l’America”, ovvero il sogno del successo e del profitto possibile. Piero Mastroberardino, presidente del Gruppo Vini di Federvini, spiega: «Il mercato americano rappresenta il primo sbocco per il nostro vino. Secondo gli ultimi dati, l’export complessivo in valore, nel 2019, ha raggiunto 1 miliardo 750 milioni di euro ed una crescita su base annua del 4,2% Ma questo trend potenzialmente rischia di rallentare. La spada di Damocle dei dazi rimane, comunque, sui nostri prodotti: tra 6 mesi, con il nuovo round di dazi, le nostre aziende, saranno di nuovo in ansia, perché non hanno modo di prevedere con esattezza come programmare investimenti e pianificare l’attività».
Giovanni Busi, presidente del consorzio Vino Chianti, nel corso della manifestazione “Chianti Lovers”, anteprima delle nuove annate di Vino realizzata insieme al consorzio del Morellino di Scansano, svoltasi a Firenze nello scorso weekend, assicura che «per i prossimi sei mesi avremo ottime vendite sul mercato Usa. Dovremo correre a investire perché se i dazi all’Italia non ci sono, dopo che invece sono stati applicati a Francia, Germania e Spagna, sul mercato americano sono entranti in maniera pesante vini da Cile, Argentina e Australia. Non occupano ancora quote di mercato italiano ma c’è il rischio che si apra una concorrenza. Per questo ora l’Italia deve essere molto presente in America e conquistare anche nuove fette di mercato». Anche perché, continua Busi, «la Cina in questo momento è ferma a causa del Coronavirus».
Ma quali sono i vini italiani più amati negli States? «Gli americani oggi conoscono più vini italiani rispetto ai classici Chianti e Pinot Grigio. Primitivo, Nero d’Avola, e Montepulciano d’Abruzzo, per esempio, sono diventati molto popolari negli ultimi dieci anni. Non solo parliamo di vini buoni ma con un buon rapporto qualità-prezzo, molto importante per il consumatore americano. Parliamo di tre vini autoctoni: lentamente il mercato Usa si apre all’idea che ci sono altre uve che fanno vini con sapori e profumi diversi, spesso più piacevoli rispetto ai vitigni internazionali». A parlare è Tony Margiotta, un imprenditore della distribuzione del vino, nato a New York ma figlio di un molisano che ha portato qui il prodotto italiano con un negozio di vino e liquori.
«Il mercato statunitense – continua Margiotta – oggi è più propenso a scegliere vini autoctoni italiani. Inoltre, il consumatore americano oggi è molto più competente sul vino rispetto al passato. I Millennials, per esempio, apprezzano molto questi vini, non amano le grandi marche, cercano un ottimo rapporto di qualità-prezzo. Ci sono quindi molte opportunità concrete per le piccole cantine di presentarsi a un consumatore più attento». Per promuovere meglio i vini italiani meno conosciuti è necessario però, avverte Margiotta, «che tutti i ristoranti italiani inizino a sostenere questi vini, mettendo ad esempio un vino sconosciuto al bicchiere, così da educare piano piano i loro clienti. Vent’anni fa diversi ristoranti italiani hanno inserito il Nero d’Avola al bicchiere e uno dei vini italiani più apprezzati. Anche una strategia di marketing online e sui social media aiuterebbe molto. Servono più ambasciatori di vino italiano presenti nei social media qui negli Stati Uniti».
A guidare la classifica dei vini italiani nel cuore dei consumatori americani restano comunque questi “Big Five”: Brunello, Barolo (ma in compagnia del ‘fratello’ Barbaresco), Chianti (soprattutto quello ‘classico’), Amarone, Prosecco. Come ricorda Bruce Sanderson, senior editor e tasting director di Wine Spectator, una delle principali riviste di critica enologica negli Usa e nel mondo, «i grandi classici come il Barolo e il Brunello di Montalcino restano gli evergreen del mercato d’oltreoceano: il primo, a base di uve Nebbiolo, è scelto dagli under 30, mentre il Sangiovese, il vitigno con il quale si realizza il Brunello, è consumato soprattutto dagli over 50». L’Italia è tra i Paesi produttori quello scelto dal 59% dei lettori di Wine Spectator, con la Francia seconda, al 26%. «Il 74% degli americani – continua Sanderson – vede l’Italia come Paese della grande diversità, il 67% sostiene anche che l’Italia offre vini di grande qualità/prezzo. Il 96% delle donne elegge il vino italiano come bevanda preferita, ed il 46% di loro spende tra i 26 ed i 50 dollari a bottiglia. Gli uomini preferiscono soprattutto i rossi e guardano soprattutto al brand del produttore, mentre le donne si orientano più sui bianchi e sugli spumanti scegliendo soprattutto per varietà e vitigno. Tra gli under 30, infine, il 61% preferisce il vino italiano, e più della metà è disposto a spendere più di 50 dollari a bottiglia».
Linkiesta ha selezionato cinque grandi etichette tra i Big Five del vino italiano. Amate dagli americani certo, ma anche, tantissimo, dagli italiani.
Avantgarde – Mionetto Extra Dry Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg
Oltre 125 anni di storia per questa azienda immersa nel dolce profilo delle colline di Valdobbiadene. Vino piacevole per equilibrio ed eleganza, il Prosecco Extra Dry, da sole uve coltivate nell’area di Valdobbiadene, racconta le migliori caratteristiche della tipologia. Molto amato in America, anche per l’ottimo rapporto qualità-prezzo. Giallo paglierino scarico, dal perlage fine e persistente. Al naso profumi di mela acerba, di fiori d’acacia e glicine. Al palato è fresco, ben bilanciato tra freschezza e un leggero residuo zuccherino. Profilo fruttato con un finale di buona persistenza. Valido come aperitivo, si abbina a crostacei, primi piatti a base di frutti di mare, carni bianche.
Chianti Classico Docg 2016 di San Giusto a Rentennano
La Fattoria San Giusto a Rentennano sorge a Gaiole in Chianti nella zona più meridionale del Chianti Classico. Questo Chianti Classico è assai bevibile grazie al giusto mix tra il tratto fresco e la morbidezza del corpo. Affinato da un passaggio di 10-12 mesi in tonneaux di rovere e barrique. Ottimo per una cena con gli amici, abbinato a preparazioni della cucina toscana, ha conquistato il terzo posto nella classifica internazionale di Wine Spectator. Il colore è rosso rubino. Naso intenso di piccoli frutti neri come il mirtillo e la prugna, fiori e spezie. Sorso fresco, buoni persistenza e corpo. Ideale con la carne e i formaggi, ma soprattutto con la selvaggina da pelo e il cinghiale in agrodolce.
Marcenasco – Renato Ratti Barolo Docg 2013
Renato Ratti è una figura storica del panorama vinicolo piemontese. Enologo, produttore di Vermouth e spumanti per Cinzano, poi produttore in proprio a La Morra, quindi presidente del Consorzio del Barolo e poi del Consorzio dell’Asti. Oggi l’azienda è guidata dal figlio Pietro. Il Marcenasco è il primo esempio di vinificazione di un singolo cru di Barolo docg in tutto il Piemonte, nel lontano 1965, ma ancora oggi al top, come conferma l’ottimo piazzamento recente nella Top 100 di Wine Spectator. Nel calice è rosso granato. La gamma dei profumi comprende note floreali, fruttate e speziate. In bocca è di corpo pieno, rotondo, potente, con un tannino ben lavorato. Ottimo con la carne allo spiedo e con ricette a base di cacciagione, è da provare anche con i formaggi stagionati. Perfetto con l’arrosto di vitello alle nocciole.
Donna Elena – Brunello di Montalcino Riserva Docg 2012
Corte dei Venti è una piccola cantina, relativamente giovane, nata sul finire degli anni Ottanta. Clara Monaci, alla guida dell’azienda, è una donna appassionata e caparbia, che riesce a realizzare delle straordinarie gemme enologiche. Tra queste il Brunello di Montalcino Riserva Docg “Donna Elena” 2012 che nasce dai migliori grappoli di sangiovese grosso provenienti dalle vigne di Piancornello, nel versante est di Montalcino e si produce solo nelle migliori annate. Granato nel calice, con un bouquet di profumi di frutti rossi maturi, spezie raffinate e una punta di tabacco. In bocca, il grande equilibrio tra acidità e morbidezza si realizza grazie a una struttura tannica coerente. Un vino pensato per un lungo invecchiamento. Rosso importante da abbinare a secondi piatti a base di carni rosse succulente e selvaggina. Ottimo accanto ai formaggi stagionati.
Aneri Stella Amarone della Valpolicella classico Docg 2010
Giancarlo Aneri è stato vicepresidente e direttore generale alla Ferrari di Trento, poi produttore in proprio, capace di imporsi a livello internazionale con il Prosecco e con l’Amarone della Valpolicella. Uno dei suoi vini più apprezzati è lo “Stella”: il Presidente del Consiglio Italiano, nel 2004, lo donò a 25 Capi di Stato in occasione della firma della Costituzione Europea a Roma, e, nel 2009, ai capi di governo del G8 a L’Aquila. Amato anche negli Usa, è tra i vini selezionati alla Casa Bianca sulla tavola di Donald Trump. Mix perfetto di Corvina, Corvinone, Rondinella, Croatina e Sangiovese. Colore rosso rubino intenso e scuro. Bouquet complesso con note di frutta rossa matura, spezie e sfumature erbacee. Il sorso è avvolgente, setoso, perfettamente equilibrato. Il finale è lungo. Accompagna piatti importanti – diversi tipi di carne rossa e selvaggina – ed è ottimo con l’ossobuco alla milanese.