Conte non esclude nullaPoca unità nazionale, maggioranza e opposizione non sono d’accordo (quasi) su niente

Il presidente del Consiglio ha incontrato Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani per ascoltare le loro proposte. Sul commissario straordinario per l’emergenza è possibilista, ma non dovrà essere Bertolaso. Soprattutto, il premier non vuole «chiudere tutto» come chiede il leader leghista

«Caro Matteo», «Caro presidente», «Senti, Giorgia»: il capo del governo e i leader dell’opposizione si sono parlati per due ore nel primo incontro in tempo di guerra esattamente come condomini di un edificio che brucia, persone diventate tutte più adulte come i leader americani dopo l’11 settembre, e dunque pur senza giungere a niente di particolare il fatto politico dell’incontro a Palazzo Chigi è tutto nel clima. Non poteva essere diversamente, d’altra parte. La destra non ha picchiato. È stata blandita.

Giuseppe Conte (con i ministri Gualtieri, D’Incà e Fraccaro, questi ultimi con funzione notarile) si è mostrato affabile con i suoi 9 interlocutori (i 3 leader e i 6 capigruppo), pronto all’ascolto e alla mediazione. Anche sul punto dolente del Commissario straordinario non ha chiuso, un’idea che invece il Pd non apprezza affatto, per il Nazareno non è il caso di fare pasticci.

Al contrario il premier ha dato l’impressione di averci pensato anche lui, di avere in testa qualche idea al riguardo, una figura che non non sovrasti nessuno ma dia una mano per coordinare il lavoro. Non è chiaro a cosa pensi il premier, ma chi c’era ha avuto la netta impressione che il nome di Guido Bertolaso avanzato da Tajani (e, fuori dalla sala, da Renzi) non sia nei pensieri di Conte, che vuole evitare di oscurare il ruolo di Angelo Borrelli meno che mai mettendogli sulla testa il suo immediato predecessore alla Protezione civile. Dunque no al nome della destra, forse sì alla figura del Commissario.

Ma c’è un altro no, peraltro largamente motivato e non ideologico alla pressante richiesta di Salvini (che ha detto di essere latore di una richiesta dei Governatori di centrodestra, la maggioranza) di andare oltre l’ultimo decreto arrivando alla decisione di chiudere tutto, una serrata generale che impensierisce soprattutto Gualtieri: bloccando la produzione si rischia di trovare alla fine della “guerra” (e poi: quando?) con un’Italia in ginocchio.

Conte non esclude nulla ma prima vuole capire bene se il decreto che ha dichiarato tutto il Paese zona rossa funzioni, vuole vedere se gli italiani seguiranno le disposizioni, vuole esaminare le notizie che gli scienziati forniranno fra qualche giorno. Vorrebbe evitare all’Italia una misura davvero estrema che avrebbe ricadute pesantissime sull’economia e sul morale dei cittadini. È per questo che a un Salvini in modalità guerriera ha detto no, seppure col sorriso sulle labbra e senza forzare i toni. Si va avanti così. Per ora.

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