L’italico bisogno di autoritarismo si è affidato per decenni alla soluzione giudiziaria: la crisi attuale denuncia che questa soluzione era fungibile e che quel bisogno trovava nell’azione della magistratura un riscontro di soddisfazione solo occasionale. Nell’urgenza dei provvedimenti di contenimento dell’epidemia, infatti, la funzione giudiziaria è pretermessa ed è piuttosto il potere esecutivo e di polizia a presidiare l’esigenza comune di tutela: che è solo un’altra forma, ma più bieca e spiccia, della pregressa pretesa di giustizia.
La moltiplicazione di provvedimenti governativi che infieriscono sui diritti individuali in elusione del controllo parlamentare; l’attribuzione al potere prefettizio di smisurate facoltà inquirenti, polverosamente definite di “monitoraggio” e in realtà rimesse a immagliare la vita delle persone e delle imprese in una guaina inestricabile di prescrizioni disorientate; ancora, l’elevazione a sbirro del militare posto a tenere in riga le città desertificate e sottotraccia, ma nemmeno tanto, la premiazione dell’idea che il cittadino adempia al proprio ruolo di buon italiano partecipando a quel complesso repressivo in funzione di delatore e cioè denunciando l’irresponsabilità di chi piscia il cane oltre il limite dei duecento metri da casa: tutto questo, appunto, appaga la brama italiana di autoritarismo senza necessità di attendere che esso si manifesti nell’avviso di garanzia, nel processo, nella sentenza, che erano i segni esemplari del Paese in via di redenzione.
E a ben guardare questa involuzione, che è in realtà uno sviluppo naturale della disposizione illiberale italiana, la dice lunga sul carattere pervertito dell’istanza, tanto per intendersi, giustizialista: l’affidamento al potere giudiziario non era coltivato né si manteneva sul presupposto che il processo fosse il luogo delle tutele, ma a condizione che promettesse e irrogasse condanne.
Durante l’infezione corruttiva la società era protetta dal magistrato nei riti d’aula: nell’eccezionalità di un’infezione più allarmante, quel potere è destituito e precipita senza processo in tremila euro di multa a chi sgarra o nelle intimazioni di un ministro analfabeta che minaccia sanzioni più ferree se i cittadini in fila al supermercato si azzarderanno (anzi si azzarderebbero) a non tenere il metro e mezzo di distanza.
L’Italia sana sfilava sotto ai balconi delle procure chiedendo ai magistrati di far sognare il popolo onesto; ora sta sul balcone nel trionfo strapaesano delle canzuncelle, occhiuta a controllare che qualche traditore della Patria non sia sprovvisto del ventisettesimo modulo di autocertificazione.