A Roma l’aria è cambiata. Gli episodi di coronavirus sono arrivati anche in una Capitale che, chissà perché, dentro di sé pensava si sfangarla, come si dice in romanesco, come se la sua storia millenaria o il potere che vi risiede fungessero da scudo. Invece no. Dopo i primi casi, nelle ultime ore ecco due notizie un po’ particolari e potenzialmente inquietanti per il luogo del duplice episodio: a Saxa Rubra, la cittadella Rai, già abbastanza spettrale di suo, uno dei centri nevralgici del Paese, i casi sono due. Un tecnico del giornale radio, portato ieri allo Spallanzani e trovato per fortuna negativo; e un giornalista, si dice del Tg3 (ma non è confermato) trovato positivo ma non entrato a Saxa negli ultimi dieci giorni. Venivano dalle zone contagiate.
Alla Rai c’è grande tensione, le occasioni promiscue sono tantissime, l’igiene non è sempre curata alla perfezione, innumerevoli gli strumenti tecnici che certo non aiutano. Niente allarmismi, ma il sindacato romano dei giornalisti invita l’azienda «a mettere in campo tutte le iniziative più idonee» per evitare il contagio e Michele Anzaldi di Italia Viva, membro della Vigilanza, ricorda il problema della gestione degli inviati Rai nelle zone rosse e all’estero (pare che uno di essi abbia frequentato Saxa al rientro da uno dei Paesi colpiti). Al momento non sono state prese misure particolari, ma è probabile che nei prossimi giorni verrà limitato l’accesso agli ospiti. È chiaro che se la situazione dovesse evolvere in negativo, la questione di misure più drastiche si porrebbe ma non siamo ancora a questo.
Certo, ha un che di paradossale che proprio il luogo che diffonde messaggi rassicuranti possa diventare un piccolo focolaio del virus. Forse sarebbe il caso, da subito, di monitorare meglio gli ingressi ed evitare affollamenti di pubblico nelle trasmissioni, come del resto hanno cominciato a fare le trasmissioni realizzate a Milano. Forse sarebbe il caso di fare più repliche, di mandare più film.
Ma il clima è diventato più plumbeo non solo nella cittadella Rai. È tutta la Capitale che sembra diversa. C’è persino meno traffico. Al centro non si vede il solito putiferio di gente macchine pullman turisti taxi autobus pieni. A Montecitorio poca gente, lo stretto necessario, e da ieri chi entra si sottopone alla misurazione della temperatura, d’altra parte è pieno di deputati che vengono dalla Lombardia, dall’Emilia, dal Veneto. Niente o quasi strette di mano ed effusioni ravvicinate. Fuori, nelle vie principali dello shopping i turisti sono una ristretta avanguardia delle eterne carovane di russi, giapponesi e americani, persino a Fontana di Trevi o da Feltrinelli alla Galleria Sordi c’è molta meno gente.
I taxisti sono disperati. Giuseppe Roscioli, presidente degli albergatori della Capitale, da giorni ha lanciato l’allarme sulle migliaia di disdette, e si sa cosa significhi per l’economia di Roma una notizia come questa. L’emergenza resta al Nord, non c’è dubbio, ma ora getta appena appena la sua torbida ombra sulla Capitale, e i romani sono fatti così, quando le cose girano male abbassano la voce, quasi non parlano. Ancora in fondo non è successo niente, ma Roma adesso è più silenziosa.