Il Pd ha annullato le assemblee (ne aveva annunciate ben diecimila) in preparazione di quella specie di Congresso da cui sarebbe dovuto uscire il “Manifesto per l’Italia”. È una decisione più che opportuna, dato il momento. Già si trattava di un percorso pasticciato – un Congresso che non è un Congresso – e poi l’emergenza del coronavirus tutto consiglia tranne che un dibattito sulla forma partito o sull’alleanza strategica con i grillini. Nel contempo, Nicola Zingaretti ha detto che nei prossimi giorni i militanti del partito si impegneranno a propagandare le misure decise dal governo e a rendersi dunque utili nella più generale campagna d’informazione sul da farsi in questa difficilissima battaglia. Giusto anche questo. Ma fra l’annullamento del simil-Congresso e il volantinaggio delle misure governative forse c’era, e c’è, una terza via.
Insieme alla Lega (che però ha un problema politico preliminare da sciogliere: se stare con tutti gli altri o continuare a citofonare), il Pd è l’unico partito di massa italiano. Non è certo paragonabile ai partiti da cui discende, e tuttavia è ancora una notevole «agenzia» di orientamento e proposta, un insieme di energie intellettuali e di conoscenze. Per questo non può abbassare la saracinesca. Né può spogliarsi del suo dovere di indicare al Paese cosa va fatto: qui non stiamo parlando di lavarsi le mani spesso, stiamo parlando di come si immagina di trovare i soldi necessari, come utilizzarli, quando e perché, di cosa fare per sostenere la produzione, di quali strumenti attivare per salvare il commercio e il turismo, persino di come suggerire nuovi regimi di vita sociale e individuale e come riprogettare la vita nelle nostre città, e tanto altro ancora.
Certo, tutto questo spetta in primis al governo, di cui il Partito democratico è peraltro magna pars. Ma proprio il governo ha bisogno di idee e soluzioni, specie questo esecutivo che è debole perché figlio di un Parlamento debolissimo, invecchiato precocemente in soli due anni. Ecco cosa ci stanno a fare, i partiti. Ci sono per fabbricare soluzioni e breve, medio e anche lungo periodo. Il Pd potrebbe costruire un grande laboratorio per una serie di proposte economiche per l’oggi e per il domani, chiamare a raccolta le migliori competenze per un serio e fattibile programma di investimenti.
Proposte di esperti ne circolano a iosa. Per esempio, Alberto Quadrio Curzio immagina i cosiddetti «virus bond», cioè forme di garanzia statale e di sussidio alle imprese che si concretizzano in un tasso d’interesse più basso sulle emissioni obbligazionarie dei soggetti che hanno subito un significativo danno economico a causa del contagio. Ma il problema riguarda l’economia reale, se è vero che Goldman Sachs prevede irrisorio un eventuale rimbalzo – impossibile peraltro a prevedersi – dopo l’emergenza. Ci stanno pensando, il governo, gli economisti di area Pd, il Pd in quanto tale? Il suo nuovo responsabile economico Emanuele Felice ha detto a Repubblica: «L’Italia può uscirne solo con un nuovo Patto con l’Europa: più margini sul fronte degli investimenti in infrastrutture, istruzione e ambiente, penso all’1% del Pil, in cambio delle riforme nella pubblica amministrazione e nel fisco». Ricetta un po’ generica e certamente non condivisa da tutta la maggioranza di governo. Ma almeno su questa base si dovrebbe cominciare a fare delle scelte all’altezza della situazione: una volta per tutte, che ne facciamo del rigorismo monetario alla luce dell’emergenza? Ha ancora un senso Maastricht al tempo del virus?
Quindi, se è comprensibile e anzi necessario annullare le assemblee “congressuali”, sarebbe utile se il Pd si riunisse – ormai certo non fisicamente, per fortuna c’è Internet… – per elaborare, orientare, contribuire a dirigere il Paese. E che i suoi dirigenti, anche in forme meno narcisistiche dall’ospitata in un talk show, riprendessero il filo di un discorso pubblico da confrontare con i cittadini. Insomma, sarebbe sbagliato un segnale di smobilitazione, perché in questa guerra persino gli esangui partiti potrebbero ritrovare una loro funzione. E una loro gran dignità.