L’altra emergenzaGli stranieri perdono il lavoro, ora c’è il rischio di un boom di irregolari

Con i permessi di soggiorno legati ai contratti, il rischio per molti extracomunitari è di finire nell’illegalità. Dal Viminale ancora non sono arrivate indicazioni

Vincenzo PINTO / AFP

C’è Lara, peruviana, che faceva la colf. Con l’emergenza coronavirus, prima le hanno detto di non andare a lavorare, poi l’hanno licenziata. C’è Maghdi, egiziano, che faceva il cameriere in un ristorante. Dopo che il locale è stato chiuso per il lockdown, il suo contratto non è stato rinnovato. Per loro, ora, la preoccupazione è una sola: con i permessi di soggiorno legati ai contratti di lavoro, il rischio è di diventare irregolari. Oltre all’impennata della disoccupazione, quello che la crisi da Covid-19 potrebbe nascondere dietro l’angolo è il boom degli immigrati irregolari. Centinaia di migliaia di stranieri che potrebbero aggiungersi ai 562mila che secondo le ultime stime Ismu si trovano già in uno stato di irregolarità.

«È ancora presto per fare delle stime, ma il problema è già urgente», dice l’avvocato Livio Neri, socio dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi). Le segnalazioni arrivano ogni giorno. «Per chi ha permessi per motivi di lavoro, la perdita del posto di lavoro potrebbe implicare l’irregolarità del soggiorno», spiega. La legge prevede, nel caso in cui si venga licenziati, la concessione del cosiddetto “permesso di soggiorno per attesa occupazione”, valido per 12 mesi. Ma può essere usato una sola volta. «Chi lo ha già usato è fuori. E quelli che stavano cercando un lavoro per mettersi in regola difficilmente lo troveranno nei prossimi mesi», dice l’avvocato.

Oltre a chi, come tanti italiani, è finito in cassa integrazione, ci sono i tanti stranieri che svolgevano lavori a chiamata in bar, ristoranti e pizzerie e che in questo periodo sono rimasti a casa senza stipendio. Così come i lavoratori occasionali dei cantieri edili e degli alberghi. Molti di loro si appoggiavano a reti lavorative informali. E quanti ritroveranno il lavoro nella fase di ripartenza è difficile ancora dirlo. Soprattutto una volta cessata la sospensione dei licenziamenti prevista dal decreto Cura Italia. Per i lavoratori domestici, di cui oltre il 70% è straniero e non sempre regolare, Assindatcolf già nelle prime settimane di aprile ha registrato un incremento del 30% delle cessazioni dei rapporti di lavoro rispetto all’anno precedente, stimando che l’aumento dei licenziamenti sfiorerà il 40% sull’intero mese.

Per i lavoratori stranieri, alla disoccupazione si potrebbe aggiungere anche la perdita del permesso di soggiorno. Il Viminale finora ha prorogato fino al 15 giugno i permessi in scadenza, e la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha fatto sapere che con molta probabilità ci sarà un’ulteriore proroga. Ma non ci sono ancora indicazioni su cosa avverrà una volta che si procederà ai rinnovi per i lavoratori che hanno subito un calo nei redditi. «Nella valutazione dei requisiti reddito, il Consiglio di Stato si è espresso dicendo che la soglia dei 6mila euro è indicativa e che si può ottenere il rinnovo anche se non è stata raggiunta», spiega l’avvocato di Asgi Alberto Guariso. «Viene fatta una valutazione sommaria. Ma servirà comunque una interpretazione più flessibile da parte delle questure in modo che non considerino questi mesi ai fini del reddito. Bisognerà valutare il reddito depurandolo dalla crisi attuale, altrimenti si rischiano i mancati rinnovi».

La stessa problematica si pone con le pratiche per ottenere la cittadinanza, per le quali sono richiesti specifici requisiti di reddito. «Ci aspettiamo una interpretazione che tenga conto della situazione di emergenza», dice Simone Keremidtschiev, legale e socio di Asgi. Il problema resta per chi ha perso il lavoro. «Nel momento in cui il governo riconosce la crisi, attuando misure di sostegno per i lavoratori», spiega Keremidtschiev, «sarebbe irragionevole non trovare una soluzione per rinnovare i titoli di soggiorno».

La questione è stata sollevata anche da Cgil, Cisl e Uil. «Se qualcuno è rimasto disoccupato per via della crisi, nei rinnovi successivi bisognerà prendere in considerazione questo problema», spiega Kurosh Danesh, responsabile del dipartimento immigrazione della Cgil. «Abbiamo già indicato la problematica nelle audizioni in Parlamento».

E in una situazione di incertezza si trovano pure i titolari dei vecchi permessi umanitari in scadenza, aboliti dai decreti sicurezza dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini. Per restare in una condizione di regolarità, questi permessi dovrebbero essere convertiti in permessi di lavoro. «Migliaia di persone, arrivate dal 2014 al 2017, sulle quali lo Stato ha investito con progetti di accoglienza e integrazione, hanno urgenza di trovare subito un lavoro», dice Livio Neri. «Se non lo trovano in questi mesi, non potranno convertirlo». E con la crisi dilagante, la missione non è per niente semplice.

Resta ora da vedere cosa succederà con il piano del governo sulle regolarizzazioni. Da più parti arrivano le richieste di allargare le maglie rispetto alla bozza del decreto in circolazione, che restringe le regolarizzazioni ai settori dell’agricoltura, allevamento, pesca e acquacoltura, a condizione che i datori di lavoro chiedano di assumerli. Tito Boeri, Sergio Briguglio e Edoardo Di Porto propongono il rilascio di un permesso di soggiorno sulla base della semplice richiesta dello straniero. Una volta avviata l’attività lavorativa regolare, l’immigrato dovrebbe poter convertire il permesso “di emergenza” in uno per lavoro. Cgil, Cisl e Uil chiedono la regolarizzazione di tutti i migranti senza titolo di soggiorno. Da Asgi propongono di inserire nella sanatoria anche i richiedenti asilo o gli immigrati con vecchi permessi umanitari che potrebbero presto diventare irregolari. L’idea è quella di un permesso di soggiorno per ricerca occupazione, rinnovabile e convertibile quando si sarà trovato di nuovo un lavoro.

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