Giusto ieri Libero apriva la sua prima pagina con questo titolo: «Il picco della stupidità. Anneghiamo nei problemi ma ripeschiamo gli immigrati». Proprio così: ripeschiamo (piccolo test logico: qual è il contrario di ripescare? Se decidiamo di non ripescarli, precisamente, cos’è che stiamo decidendo di fare?). Sommario: «Nave ong tedesca con 150 a bordo è al largo di Lampedusa. Vada in Germania: il virus dilaga in Africa, sarebbe il colmo importarlo».
Fino a qualche mese fa un simile titolo sarebbe stato accompagnato, a sinistra, da un coro di indignazione. Ieri è stato accompagnato dalla notizia di un decreto, firmato martedì sera dal ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli (Pd), dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio (M5s), dal ministro della Sanità Roberto Speranza (Leu) e dal ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese. Decreto secondo cui «per l’intero periodo di durata dell’emergenza sanitaria nazionale derivante dalla diffusione del virus Covid-19 i porti italiani non assicurano i requisiti necessari per la classificazione e definizione di Place of Safety, in virtù di quanto previsto dalla Convenzione di Amburgo sulla ricerca e il salvataggio marittimo».
In altre parole, l’Italia non è più un «porto sicuro», a causa del coronavirus. Ma se questo è il problema, quale porto e quale paese è sicuro? «Ne consegue che i naufraghi vanno lasciati affogare?», si è domandato su Twitter Goffredo Buccini, giornalista del Corriere della Sera.
Significativa è anche la tempistica: l’emergenza sanitaria cui si fa riferimento è stata dichiarata il 30 gennaio. «Il burocratese – nota Nello Scavo su Avvenire – non riesce a nascondere una cronologia che fa arrivare la “chiusura” dei porti settanta giorni dopo la dichiarazione dell’Oms». Come ha ricordato Lorenzo Tondo sul Guardian, anticipando la notizia, nel 2018 l’allora ministro degli Interni Matteo Salvini dichiarava «i porti italiani “chiusi” alle navi dei soccorritori, sostenendo che i migranti rappresentavano una minaccia alla sicurezza nazionale». Oggi il governo italiano chiude i porti utilizzando l’argomento inverso: sarebbe l’Italia a rappresentare una minaccia per la salute dei migranti.
Dopo tante chiacchiere sulla necessità di fermare Salvini e cambiare le sue politiche, la nota del ministero delle Infrastrutture in merito alla richiesta di soccorso della nave Alan Kurdi è semplicemente illuminante, in particolare dove precisa che il ministro Paola de Micheli «aveva già assunto decisioni analoghe per le navi da crociera e le navi passeggeri battenti bandiera straniera». Proprio così: le navi da crociera. Segue perentorio invito al governo tedesco, in quanto Stato di bandiera, ad assumere «la responsabilità di ogni attività in mare, compreso il porto di sbarco, della Alan Kurdi». Proprio come chiedeva Libero. Al posto dell’Olanda stavolta c’è la Germania – del resto sappiamo che ormai, nel nostro immaginario, sono perfettamente intercambiabili – ma non siamo poi così lontani dalle posizioni di Giorgia Meloni, espresse in quel famoso discorso che Fabio Celenza aveva pure musicato per Propaganda Live.
E così, mentre ce la prendiamo con l’egoismo europeo e la mancanza di solidarietà di tedeschi e olandesi, dinanzi a una nave con centocinquanta naufraghi la reazione del nostro governo, a cominciare dai ministri di Pd e Leu, è affrettarsi a chiudere i porti, proprio come Salvini, ripetendo anche molti dei suoi argomenti. E ancora ci vogliamo stupire per il fatto che i decreti sicurezza siano sempre lì, come ogni altro provvedimento del governo gialloverde?