Il grottesco 2 giugno della destra pappalarda ha consegnato su un piatto d’argento a Silvio Berlusconi l’occasione per cambiare gioco, incurante della formidabile contraddizione che esiste fra il partecipare a una manifestazione come quella e criticarne gli esiti: ma non se lo immaginava, il Cavaliere di Nizza, che il 2 giugno a trazione salviniana si sarebbe tradotto in un vaffa di destra al governo, a Sergio Mattarella, al Covid, soprattutto ai milioni di italiani che da mesi si mettono le mascherine e rispettano regole sfibranti?
Ma l’uomo è così, da sempre. Un giorno manda uno spesato Antonio Tajani e le amazzoni Mariastella Gelmini, Licia Ronzulli, Anna Maria Bernini nella stessa piazza di Antonio Pappalardo, il giorno appresso fa uscire sul Corriere della Sera una lunga lettera “lettiana” (nel senso di Gianni Letta) in cui si mette addosso i panni dello statista pensoso degli interessi del Paese sotto il segno della concordia nazionale e ossequioso del rispetto dei ruoli istituzionali. Tutto un riferirsi al Presidente della Repubblica, al Governatore della Banca d’Italia, accennando persino al segretario del Pd: l’Italia, prima di tutto.
«Con l’età aumenta la saggezza…», ha ironizzato il suo rivale di sempre Romano Prodi, uno che ha imparato a non fidarsi in generale, tanto più del suo antagonista storico. Appunto: quanto è saggezza e quanto è calcolo?
Con esasperante lentezza, può anche essere che Berlusconi si sia finalmente reso conto che l’occasione del Covid può essere quella giusta per dissociarsi da Matteo Salvini, tanto più da un Salvini che si indebolisce nei sondaggi ma che proprio per questo rialza la testa nelle piazze lisciando il pelo alle pulsioni più retrive del Paese. Insomma, nella testa dell’uomo di Nizza può essere scattato il campanello del liberi tutti: anche e soprattutto perché il quadro generale intorno a lui si sta increspando come il mare quando arriva la brezza. E se la brezza spira dal Quirinale forse è il caso di mettere la vela al vento.
Dopodiché il Cavaliere si guarda bene dal rompere con il suo Salvini&Meloni, anche perché – piccolo particolare – nei sondaggi la destra va complessivamente bene, pur nella differenza dei pesi con la Lega che scende e Fratelli d’Italia che cresce. E tuttavia nella mente di Berlusconi è sempre acceso il pulsante dello scambio politico, io do una cosa a te e tu dai una cosa a me, io ti do una mano a far passare certi provvedimenti in un Parlamento così sbrindellato e tu mi assecondi – che so – sulle nomine dell’Agcom. Se Giuseppe Conte, come pure auspica Mattarella, vuole avere almeno una parte dell’opposizione su posizioni dialoganti e non da guerra civile, ecco che il vecchio Silvio si dice pronto.
Poi da cosa può sempre nascere cosa. Non entra in maggioranza, Berlusconi, però segnala che il clima può essere diverso. Conte prende nota, nel giorno del suo “discorso della vittoria” come se fosse Vittorio Emanuele Orlando dopo il Piave e mentre sogna di aprire un “nuovo corso” attraverso “piani di rinascita” e convocazioni di “Stati generali dell’economia”.
Dentro Forza Italia non ci si fanno troppe illusioni ma si incassa la novità. L’ala carfagnana è meno debole di quanto mediaticamente possa apparire e ci sono personaggi (da Brunetta a Mulè allo stesso Tajani) che non sono esattamente dei fan del salvinismo. Sanno bene che il vecchio Cav resta l’ondivago di sempre ma tremano all’idea che Forza Italia possa essere risucchiata nel pozzo nero-arancione di piazza del Popolo-parte seconda (quella del pomeriggio del 2 giugno), una prospettiva che di fatto segnerebbe la morte ingloriosa del partito che, in teoria, voleva fare la rivoluzione liberale ed è passata da Lucio Colletti a Antonio Pappalardo. Ma meno male – sussurrano – che Silvio sembra esserci.