Mentre lo sguardo di molti di noi, da una parte all’altra del Globo, era incollato sulla base Nasa di Cape Canaveral per il lancio storico della Crew Dragon, in Europa ricorreva l’anniversario dell’Agenzia Spaziale Europea, l’organizzazione intergovernativa che ha reso possibile per gli europei l’accesso allo spazio e il suo utilizzo a fini economici e ambientali.
Proprio in questi giorni, infatti, ricorre la data della firma del trattato internazionale che ha sancito la nascita dell’Agenzia Spaziale Europea, avvenuta il 30 maggio 1975. A distanza di 45 anni, vale la pena ripercorrere le principali tappe della cooperazione spaziale in Europa, per meglio inquadrare le sfide di carattere industriale, ma anche di assetto geopolitico, che si trova ad affrontare oggi.
Come diceva Jean Monnet «L’Europa si farà dalle crisi e sarà il risultato delle soluzioni adottate per superarle». Ciò è vero anche per quanto riguarda la cooperazione intergovernativa nelle attività spaziali (che avveniva in parallelo al percorso che avrebbe portato alla Comunità economica prima e all’Unione europea poi).
L’aprirsi dello spazio atmosferico alla curiosità e alle debolezze umane è reso possibile dall’incontro di due regali “avvelenati” lasciatici dalla Seconda guerra mondiale: la bomba atomica e i razzi. Eh si, per qualche tempo sembrava che solo la dinamica della Guerra Fredda potesse giustificare gli investimenti per lo spazio.
L’inizio dell’Era Spaziale è convenzionalmente fissato al 1 ottobre 1957 quando lo Sputnik sovietico fu messo in orbita attorno alla Terra, così come sempre sovietico fu il primo uomo nello spazio meno di quattro anni dopo, mentre il celebre discorso del Presidente statunitense J.F. Kennedy che lancia la corsa verso la luna è del 1962.
E l’Europa? L’Europa sembra seguire inizialmente due percorsi paralleli. Da una parte la scienza con la creazione del Cern (Organizzazione europea per la ricerca nucleare), nel 1954. Dall’altra, data la natura duale dei vettori spaziali, l’accesso allo spazio. I due “vincitori” della seconda guerra mondiale, e detentori di arsenali atomici, la Francia e il Regno Unito disponevano di razzi vettori legati alla dissuasione nucleare e fu soprattutto la Francia ad organizzare la ricerca spaziale civile creando la propria agenzia spaziale (il CneS) nel 1961 e effettuando i suoi tiri di prova da un poligono in Algeria.
È da queste premesse che nascono due organizzazioni europee diverse per vocazione e partecipazione. L’Esro dedicata alla ricerca scientifica nello spazio e l’Eldo dedicata al progetto di sviluppare un lanciatore europeo usando competenze ma soprattutto progetti pre-esistenti negli stati membri.
L’Esro riuscì a mettere in pochi anni in orbita i primi satelliti scientifici (usando lanciatori americani), l’idea di fondere assieme progetti e culture diverse per ottenere un lanciatore europeo si riveló piu ardua del previsto. Il poligono usato allora per il lanciatore “Europa” era situato a Woomera in Australia che in virtù di ciò era Paese Associato dell’Eldo.
In quel periodo, mentre la bandiera americana veniva piantata nella polvere lunare nel luglio 1969 in un tripudio quasi globale, il differenziale tecnologico andava allargandosi tra gli Stati Uniti e l’Europa.
È curioso come a convincere gli europei della necessità di assicurarsi un accesso autonomo allo spazio furono proprio gli Stati Uniti, o meglio il loro rifiuto di lanciare il satellite europeo Symphone, immaginando che un suo uso anche commerciale avrebbe potuto minacciare l’allora monopolio USA per le comunicazioni via satellite.
Due meccanismi istituzionali permisero all’Europa di riorganizzarsi: le dieci Conferenze Spaziali Europee (tra il 1966 e il 1975) e al loro interno i cosiddetti “Package Deals”, camere di compensazione tra interessi e percezioni diverse dell’importanza strategica di un’autonomia costosa ma irrinunciabile. Tra la Francia di De Gaulle e le inclinazioni piú atlantiche della Germania e del Regno Unito ma anche dell’Italia.
Il Package Deal del 1973 permetterà il lancio del programma europeo che si concretizzerà con il successo del lanciatore Ariane (sostenuto dalla Francia) da Kourou, il nuovo poligono francese, nel dicembre 1979. Dall’altra grazie alla partecipazione europea al programma post-apollo degli Usa si rese possibile la costruzione di Spacelab (sostenuto dalla Germania), un laboratorio spaziale per lo shuttle. Fu così che nel 1983 si avrà il tedesco Ulf Merbold, primo astronauta dell’Esaa volare a bordo dello shuttle STS-9 trasportando Spacelab.
Agli inizi degli anni ’80, l’Europa entrava dunque a pieno titolo nella corte ristretta del gruppo di nazioni che possono accedere autonomamente allo spazio e del gruppo ancora più ristretto delle nazioni che possono vantare esperienza nei voli abitati.
Tutto ciò era avvenuto grazie all’Agenzia Spaziale Europea, nata dopo che il 30 Maggio 1975 dieci Paesi Europei avevano firmato la Convenzione per la sua creazione con l’obiettivo di organizzare e promuovere le attività spaziali per la ricerca e per le applicazioni terrestri a fini esclusivamente pacifici.
In questa operazione, va sottolineato, come nell’intento dei fondatori la “politica industriale” fosse una tra le finalità dell’Esa per far crescere e rendere competitiva l’industria spaziale in Europa e nei singoli Stati membri. Le risorse ed i programmi dell’Esa hanno permesso all’industria spaziale europea (tra tutti Airbus D&S and Thales Alenia Space) di crescere e rendersi competitiva rispetto ai giganti americani sul mercato mondiale.
La storia della cooperazione europea per le attività spaziali è ricca e piena di belle riuscite e di qualche vicolo cieco. I 10 paesi aderenti alla Convenzione dell’Esa (tutti già appartenenti all’Esro) sono nel frattempo diventati 22 (compresi la Norvegia, la Svizzera e la Gran Bretagna che non fanno parte dell’UE)
Oggi l’Europa può vantare l’autonomia nell’accesso allo spazio, il suo proprio sistema di navigazione satellitare (Galileo), finanziato dalla Ce ma nato da una proposta dell’ESA negli anni 90), uno dei sistemi più completi di osservazione della terra (Copernicus).
Con un budget di circa 6 miliardi di euro l’anno (contro i 22 della Nasa) l’Esa oggi è una delle poche agenzie al mondo a essere attiva in tutti i campi delle attività spaziali: dal trasporto spaziale all’osservazione della terra, dai voli abitati alle missioni scientifiche, dalla navigazione satellitare alle tecnologie di base.
Se 45 anni dopo la scommessa può dirsi vinta, la dinamica globale tra democratizzazione all’accesso allo spazio, nuove potenziali competizioni per fare dello spazio extra atmosferico un terreno di confronto se non di scontro tra le superpotenze, richiede una capacità di adattamento costante.
Lo spazio era e sarà sempre di più una delle dimensioni geopolitica di un attore che voglia dirsi globale. All’Europa ora il compito di valorizzare gli investimenti fatti e di cogliere l’importanza delle sfide che si giocheranno al di là dell’atmosfera terrestre.
Gli esempi non mancano se si pensa al ruolo dell’Europa rispetto ad un nuovo ecosistema che dovesse svilupparsi attorno alla luna, alla portata strategica e di sicurezza delle infrastrutture spaziali, alla sfida commerciale sull’accesso allo spazio, dove Elon Musk ha dato sabato sera un’innegabile prova di forza, anche rispetto alla recuperabilità del primo stadio del suo razzo Falcon 9. Ma la sfida principale è nel continuare a garantire la cooperazione tra Paesi europei che così tante soddisfazioni ci ha dato in questi ultimi 45 anni.