Tra le conseguenze del blocco delle attività avvenuto a inizio marzo 2020, a causa dell’emergenza sanitaria che ha investito il nostro Paese, c’è quella legata alla fornitura di aiuti alimentari per le persone fragili, che ha rischiato di essere molto pesante per le fasce deboli della popolazione.
Milano, fortunatamente, però, ha la sua Food Policy cittadina, che, già sensibile al tema fin dalla sua nascita in vista di Expo2015, si occupa con diligenza e attenzione di alimentazione e sostenibilità, pertanto, la città ha potuto contare su strumenti e alcune alleanze ben consolidati che hanno permesso di affrontare anche la crisi alimentare in atto.
Molte le iniziative messe a punto in questi mesi, tutte adeguate ed efficaci.
Proveremo a raccontarle seguendo lo sviluppo delle attività che hanno accompagnato la curva dell’epidemia, cercando anche di approfondire come, anche in un ambito come questo, sia possibile fare buona comunicazione, alimentando così il numero dei beneficiari, dei volontari, ma anche la visibilità dei progetti realizzati.
Ma andiamo sul pratico. Una città come Milano è risaputo che non lascia nessuno indietro, specie se si tratta di sussistenza. Il numero di mense specializzate per il conforto quotidiano di chi vive per strada o non ha mezzi a sufficienza per un pasto completo e sano, è adeguato alle esigenze, a ciò si affiancano i servizi di volontariato per portare derrate o pasti a domicilio.
Va da sé che gran parte dei volontari, soprattutto per disponibilità di tempo, superano i 65 anni di età e proprio loro, all’inizio della fase epidemica, sono stati i primi a essere invitati a restare a casa, con la conseguenza che tutti i servizi da loro seguiti sono stati bloccati, quasi da un giorno all’altro.
Il Comune non si è perso d’animo ed è intervenuto incaricando l’ufficio Food Policy in capo alla Vice Sindaco Anna Scavuzzo, di ideare e coordinare una serie di azioni che, non solo sopperissero al servizio quotidiano abituale, ma mettessero in campo le iniziative più idonee per affrontare una situazione inattesa e molto complessa, affinché nessuno potesse soffrire conseguenze negative relative alla mancanza di cibo.
Per prima cosa, grazie alla sinergia tra Politiche Sociali, Food Policy e Protezione Civile, nonché le società pubbliche Milano Ristorazione, AMAT, Sogemi, insieme ai Banco Alimentare della Lombardia, Caritas Ambrosiana, IBVA, Croce Rossa Italiana-Comitato di Milano, Fondazione Cariplo, con il Programma QuBì è stato messo a punto il Dispositivo Aiuto Alimentare che centralizzasse tutta la filiera prendendo in carico la distribuzione degli aiuti alimentari a domicilio fino alla fine dell’emergenza. Naturalmente è stato predisposto un apposito protocollo di sicurezza basato sulla sanificazione delle infrastrutture utilizzate e sull’impiego dei dispositivi di protezione individuale per tutti gli operatori coinvolti.
Oggi ci sembra quasi scontato che si adottassero queste misure preventive, ma ricordiamo che all’inizio di marzo non solo ci si è trovati ad affrontare una situazione mai vista prima, ma alcune regioni, Lombardia in testa, erano totalmente impreparate sul piano delle forniture di mascherine, camici, visiere; basti pensare che addirittura i medici di base ne erano sprovvisti fino a quando il Comune, sostituendosi alla mancanza della Regione, ci ha pensato.
Il Dispositivo si è basato sull’apertura di un certo numero di HUB temporanei, dislocati in punti strategici della città. In fase iniziale ne erano previsti 7, ma a poco a poco è emersa la necessità di aumentarne il numero per servire sempre più persone, raggiungendo, quindi, il numero di 10 hub. A essi confluivano le derrate alimentari provenienti dal centro logistico del Banco Alimentare di Muggiò e dalla Croce Rossa – Comitato di Milano a Segrate.
Dagli Hub i dipendenti del Comune di Milano e i volontari delle organizzazioni e associazioni del terzo settore, svolgevano il compito più delicato preparando le spese alimentari e consegnandole a domicilio alle famiglie più in difficoltà segnalate dai servizi sociali del Comune e dalle reti degli operatori di Caritas Ambrosiana e Programma QuBì – La ricetta contro la povertà infantile.
I numeri sono espliciti: nei primi due mesi sono state aiutate 16000 persone (ad oggi oltre 20.000) e oltre 4900 nuclei familiari movimentando ogni settimana circa 60 tonnellate di derrate.
Ma non basta, dopo le prime settimane il Dispositivo è stato ulteriormente migliorato. La Food Policy ha messo a punto un ulteriore servizio, integrando il dispositivo aiuto alimentare con la creazione di un Hub trasversale dedicato alla fornitura di fresco. Ciò è stato possibile soprattutto grazie alla collaborazione con Foody Il Mercato Agroalimentare di Milano e le associazioni dei grossisti, dei produttori e dei commercianti, in uno spazio messo a disposizione da Sogemi, la partecipata del Comune di Milano preposta all’Ortomercato.
Anche qui numeri importanti per garantire spese sempre più complete e sane, con appunto verdura e frutta fresca. Un’attenzione, quindi, non solo mirata a dare sollievo alle famiglie ma anche a non far mancare alimenti fondamentali per la salute delle persone con un occhio sempre alla sostenibilità. Nel periodo aprile-maggio sono state distribuite 138 tonnellate di fresco, suddivise in oltre 26000 kit di ortofrutta da 5 kg e 1115 cassette da 6 kg. Anche l’hub ortofrutta ha visto una grande partecipazione di dipendenti del Comune di Milano, di ATM e dei volontari di Recup e Global Shapers Milano, che ogni giorno dalle 7,30 alle 12.00 hanno composto i sacchetti del fresco da far arrivare nei 10 hub.
Torneremo a occuparci di Food Policy come anticipato in apertura, ma chiudiamo questo resoconto virtuoso ringraziando le centinaia di Dipendenti del Comune e volontari coinvolti che in un periodo così complicato per tutti hanno pensato agli altri prima che a se stessi.