Sarebbe stato bene se Giuseppe Conte, invece di pavoneggiarsi come Napoleone dopo Austerlitz, avesse spiegato al Paese quello che ieri è toccato spiegare a Paolo Gentiloni, cioè che l’autunno (ma anche l’inverno e la primavera prossima) dovremo affrontarli con altri mezzi, diversi dai famosi 209 miliardi del Ricovery fund che arriveranno solo «nella seconda metà del 2021».
E nel frattempo che si fa? Gentiloni sa che non decide Bruxelles, ma ha indicato chiaramente che i 37 miliardi del Mes bisogna prenderli. Se non è una sfida al premier poco ci manca: è un alert che non lascia scampo. E che va ad aggiungersi al pressing di un solitamente cauto Zingaretti e ai richiami del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, il quale deve fare i conti con i conti dello Stato – scusate il bisticcio.
Era infatti trapelato un certo nervosismo in via XX Settembre. Gualtieri adesso vorrebbe soldi freschi per iniziare a realizzare qualcosa di più concreto del Festival di Villa Pamphilj o delle passerelle in Parlamento e per questo, in oggettiva sintonia con Paolo Gentiloni, chiede di utilizzare il Mes.
Ieri lo stesso Gualtieri ha però tenuto a precisare che «l’andamento delle disponibilità di cassa e la previsione dei saldi futuri sono del tutto in linea con le aspettative contenute nei documenti di finanza pubblica e oggetto di continuo monitoraggio». Un modo per tranquillizzare i mercati e probabilmente lo stesso Conte.
Ma è evidente che la questione posta da Gentiloni non è eludibile. Come si fa, ancora, a tergiversare sui 37 miliardi del Mes che metterebbero a posto il sistema sanitario italiano? Come può, Conte, mantenere quella che con un eufemismo chiameremmo un’ambiguità enorme solo per non sbugiardare i grillini?
Ecco perché la triangolazione Gentiloni-Gualtieri-Zingaretti potrebbe produrre una pressione che il presidente del Consiglio alla lunga potrebbe non reggere, tanto più quando gli italiani si renderanno conto che i fondi non arriveranno tanto presto: e bisogna che il governo stia attento, perché la grancassa dell’estrema destra di Salvini è pronta a battere al ritmo forsennato di una propaganda da “Papeete 2 – La vendetta”, strombazzando che i soldi non ci sono, benzina sul fuoco del malessere sociale.
Le chiacchiere su improbabili bicamerali vanno spegnendosi lasciando spalancato il problema del post-Bruxelles: affrontare con mezzi adeguati la fase che seguirà l’estate più strana della storia italiana, l’ennesima prova per un Conte che già si immagina in vacanza e che invece è ancora una volta messo alla prova dalla realtà.