Patto per l’ItaliaSala, Gori, Bonaccini e Bentivogli, la task force democratica di cui abbiamo bisogno per ripartire

Per gestire i fondi che arriveranno dall’Unione europea basta il Consiglio dei ministri, ma è lo stesso governo a volersi liberare delle responsabilità per affidarle ancora una volta a improbabili comitati di esperti. A questo punto, meglio affidarsi agli amministratori locali bravi, capaci e non ostili a Conte che durante la pandemia sono stati in prima linea e hanno idee di politica industriale innovativa e attenta al welfare

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Quando ho letto che Giuseppe Conte aveva intenzione di nominare un’altra task force per capire stavolta come spendere operativamente i soldi europei stanziati per accudire il malato d’Europa, cioè il paese che lui stesso amministra male da due anni prima con Salvini e ora col Partito democratico, ho pensato a uno scherzo di quel burlone di Rocco Casalino. Ma quando ho capito che il premier diceva sul serio ho pensato che probabilmente la task force sarà soltanto il primo passo del solito valzer, cui seguirà un altro giro di Stati generali tra la fine dell’anno e l’inizio del prossimo, in modo da prendere ancora tempo, mostrarsi attivi e dinamici, fare ammuina non sapendo fare altro che non sia assistenzialismo e danni all’economia reale e alla credibilità del paese.

Giuseppe Conte è già riuscito nell’impresa di bruciare uno dei migliori manager italiani con curriculum internazionale, Vittorio Colao, chiamato a Roma per suggerire al governo gli interventi di medio-lungo periodo e poi liquidato ringraziandolo per il «contributo importante», mentre Luigi Di Maio ha tenuto a informarci di aver incontrato Mario Draghi e che l’ex governatore della Banca centrale europea gli ha fatto «un’ottima impressione» (Draghi, a Di Maio).

Che cosa aspettarci, dunque, dall’ennesima task force che i due statisti grillini si apprestano a nominare per risolvere i problemi del paese, composta da personalità esterne o forse no, tutta interna al governo, magari anche con Virginia Raggi cui i Cinquestelle vorrebbero assegnare un posto da sottosegretario evidentemente alla carriera per evitare di imbarazzare ulteriormente Roma.

Linkiesta ha scritto dal primo giorno dell’emergenza pandemica nazionale che il governo avrebbe dovuto preparare i piani di intervento strategico per ricostruire le fondamenta del paese, guardare avanti anziché le timeline di Twitter e le prossime elezioni amministrative di autunno, come fa invece l’opposizione incosciente dell’ex alleato Salvini.

Sono passati quattro mesi da allora, ma l’Italia non ha ancora nessun progetto serio di impiego di questi 209 miliardi che tra sussidi e prestiti ci arriveranno nei prossimi anni, senza considerare l’atteggiamento irresponsabile con cui il governo ha scelto di non modernizzare il sistema sanitario con i soldi del Mes, sempre per paura della concorrenza della Lega.

In realtà per programmare il futuro non c’è bisogno di nessuna task force perché, sveliamo un segreto incredibile, la task force per progettare prima ed eseguire poi c’è già, è prevista dalla Costituzione e si chiama Consiglio dei ministri.

Certo, a gran parte dei ministri di questo governo non affideremmo nemmeno la gestione del nostro condominio, ma a questo punto anziché perdere tempo con improbabili comitati tecnico-scientifici da ringraziare successivamente per il loro «contributo importante» meglio percorrere subito una strada alternativa, democratica e concreta che abbiamo già: rivolgersi agli amministratori locali bravi e capaci, d’area non ostile a Conte e alla maggioranza, che in questi mesi sono stati in prima linea durante la pandemia e che hanno idee serie per rilanciare il paese e comprovate capacità di far ripartire l’economia.

Ci sarebbero Beppe Sala a Milano, Giorgio Gori a Bergamo, Stefano Bonaccini in Emilia Romagna, ma anche una risorsa preziosa per l’Italia come Marco Bentivogli, appena dimessosi dal sindacato e quindi con grande conoscenza delle dinamiche industriali e del lavoro e delle nuove tecnologie.

Sala guida la città emblema dell’Italia contemporanea, aperta e globale; Gori una delle grandi comunità del nord produttivo; Bonaccini è l’artefice del successo dell’Emilia Romagna, ottenuto grazie a un Patto per il lavoro con cui cinque anni fa ha coinvolto le parti sociali e i territori, adottando una politica industriale orientata all’innovazione e al welfare. Un modello da replicare a livello nazionale, un patto per l’Italia e per la crescita felice.

Conte ovviamente non farà niente di tutto questo, anche perché Casaleggio e Travaglio non glielo permetterebbero, ma a questo punto dovrebbero essere proprio Sala, Gori, Bonaccini e Bentivogli a costruire un’iniziativa pubblica seria, concreta, senza frizzi e lazzi, che provi da subito ad aiutare il governo a non sprecare i 209 miliardi europei.

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