Quesiti linguisticiCi siamo abituati a “beggiare”? Risponde la Crusca

Il bagde, sostituibile senza problemi con “tesserino” o “distintivo”, è entrato senza problemi nel nostro parlato. Molto meno i suoi derivati

Photo by Maria Oswalt on Unsplash

Tratto dall’Accademia della Crusca

Molti lettori chiedono notizie sulla parola badge e sulla legittimità di usare nella nostra lingua gli adattamenti basati su badge, come i verbi badgeare, badgi(e)are o beggiare, e il sostantivo beggiatura.

Risposta
L’anglicismo badge, entrato in circolazione già da quasi quarant’anni, era stato già esaminato nel volume Inglese-italiano 1 a 1. Tradurre o non tradurre le parole inglesi?; in quell’occasione – che sembra ormai molto lontana nel tempo, vista la rapidità con cui gli anglicismi attecchiscono nel nostro vocabolario – Claudio Giovanardi, Alessandra Coco e chi scrive avevano concluso, con cauto ottimismo, che badge avrebbe potuto “essere rimpiazzato senza sforzi eccessivi” dai suoi equivalenti italiani (cfr. Giovanardi-Gualdo-Coco 2008, pp. 147-148).
Oggi forse saremmo meno convinti; ma andiamo con ordine.

Badge è un prestito non adattato nella grafia, identica a quella inglese, ed è ritenuto da tutti i vocabolari italiani che lo registrano come morfologicamente invariabile: occasionale, ma raro nell’italiano di tutti i giorni, è il plurale badges. La sequenza grafica dg non è normale nell’ortografia italiana per rendere il suono /dʒ/, un’affricata prepalatale sonora simile (non proprio identica) alla g di gente. È tuttavia una grafia non insolita, se si pensa a un altro anglicismo, bridge, notissimo sia nel suo significato più concreto (‘ponte’, come il London bridge), sia come gioco di carte (la parola circola nella nostra lingua almeno dall’inizio del secolo scorso). Un po’ più complicata la pronuncia della a: il fonema /æ/ (in inglese britannico e americano è lo stesso: /bædʒ/), non coincide né con una e – aperta o chiusa – dell’italiano, né con una a. Di fatto, la pronuncia italiana più diffusa è /bɛdʒ/, ma non è infrequente sentire /beidʒ/, forse per influsso di parole come age ‘età’, per es. in prodotti antiage, e stage ‘periodo di tirocinio’ (ricordo però che con questo significato il termine stage è francese e quindi andrebbe pronunciato /ˈstaʒə/); ma è un uso erroneo, così come lo sarebbe un pur possibile /badʒ/, trainato dalla grafia. Il genere di badge è maschile, ma in rete si trovano anche, molto più rare, attestazioni di “la badge”, “le badge”, probabilmente indotte dall’associazione con tessera.

Veniamo al significato, o meglio ai significati, perché i dizionari italiani ne registrano almeno tre: 1. ‘cartellino di riconoscimento che si appende o si fissa a una giacca o a un abito’, per esempio in occasione di convegni, fiere, e simili; in genere è plastificato o protetto da plastica trasparente; 2. ‘distintivo, metallico o di plastica, per vari usi’; sono stati chiamati badge le spille di latta, quasi sempre rotonde, usate per distinguere i partecipanti a una manifestazione politica, o anche quelle con disegni o scritte umoristiche o contestatrici; 3. ‘tesserino magnetizzato di identificazione, per vari usi’, soprattutto quello che impiegati e funzionari usano per registrare l’entrata o l’uscita dal posto di lavoro, avvicinandolo o passandolo all’interno di un’apposita apparecchiatura. Assai più marginale, ma interessante, una quarta accezione dell’anglicismo, specialistica e non registrata dai repertori che ho potuto consultare: in situazioni di lavoro che espongono a radiazioni, un (photographicfilm badge dosimeter è un piccolo strumento o che contiene un ritaglio quadrato di pellicola sensibile alle radiazioni; il lavoratore lo indossa al polso o alla cintura e dal variare del colore della pellicola può capire se ha subito radiazioni o no, e misurarne eventualmente la quantità (dosimeter). Nei testi specialistici italiani si trova nella forma abbreviata film badge o, ancor più semplicemente, badge: in questo caso, il badge è lo strumento, che ha l’aspetto e le dimensioni di una tesserina.

Stando ai nostri dizionari, i primi due significati sembrerebbero i più antichi: i dizionari dell’uso ed etimologici (GRADIT, l’Etimologico) li datano al 1981; più recente il terzo, che si comincia a diffondere nei primi anni 2000. In realtà, ricorrendo a Google libri, è possibile trovare attestazioni del significato 3. già nei primi anni Settanta del secolo scorso, per esempio nel primo volume della “Rivista dell’informazione” (va osservato che il periodico è bilingue, italiano e inglese, e che nel testo italiano badge è scritto tra virgolette); riporto un contesto:

Presso tutte le Unità che adotteranno il sistema proposto, verranno aboliti i cartellini orologio. Per la rilevazione delle presenze ogni operaio avrà a disposizione un “badge”.

Come ho avuto modo di scrivere tempo fa (cfr. Gualdo 2010, pp. 153-186), poche isolate attestazioni di un anglicismo che ha una storia antica nella lingua d’origine non consentono di valutarne la reale circolazione tra i parlanti. Sono molte le parole “a scoppio ritardato” che per anni, se non per decenni, non escono da un ristretto ambito d’uso (tecnici, scienziati, specialisti di qualche settore professionale), e poi, per motivi diversi (campagne promozionali, adozione in testi istituzionali), “esplodono” raggiungendo una massa considerevole di persone, e giustificando la registrazione nei dizionari. E dunque è proprio il terzo significato di badge quello meglio radicato nell’uso; sia perché l’oggetto a cui si riferisce è diventato senz’altro di più “alta disponibilità” nella vita di tutti i giorni ‒ per ricorrere a una categoria introdotta da Tullio De Mauro a proposito di una parte del “vocabolario di base” ‒, sia perché, probabilmente, ha una maggiore funzionalità semantica, dato che serve a distinguere il tesserino di riconoscimento dalla carta (o la card) di negozi e supermercati e dalla tessera dei mezzi pubblici.

Dunque badge è senz’altro entrato pienamente nell’uso comune, almeno nel significato 3.; se sia giusto o no usarlo, dipende dalla sensibilità di ognuno di noi. Ad aiutarci nella scelta possono essere alcune considerazioni ulteriori.

Per i parlanti inglesi e americani badge ha soprattutto i significati 2. e 1., cioè quelli di ‘distintivo, stemma’ e di ‘cartellino di riconoscimento’. L’origine di badge è incerta: il più autorevole vocabolario dell’inglese britannico, l’Oxford English Dictionary, propone come prima accezione della parola ‘Un distintivo, emblema o marchio usato originariamente per identificare un cavaliere o distinguere i suoi seguaci, oggi indossato come segno di un ufficio o di un impiego riconosciuto, come simbolo dell’appartenenza a qualche associazione, ecc.’ (traduzione mia); come primo esempio riporta alcuni versi tratti da una versione medio-inglese del Romanzo di Alessandro, datata al 1350; vi sono menzionati “bages and baners” dei cavalieri, cioè ‘stemmi e bandiere’, e bage è appunto l’antica grafia del moderno badge. In inglese esistono anche il verbo transitivo (to) badge (‘marcare, distinguere con un badge’), il sostantivo badger (‘chi porta o indossa un badge’) e diversi composti a due termini, come badge-ticket ‘ingresso con un badge’, per es. alle corse dei cavalli.

Nell’accezione più comune, il badge è un distintivo: metallico, come la stella dello sceriffo, ma anche di stoffa, cucito sul risvolto della giacca, su altri indumenti, come una sciarpa, o su borse e tascapane; può poi essere anche la spilla di riconoscimento dell’appartenenza a un’associazione, a un club Questo secondo tipo di distintivo è anche detto button badge, cioè ‘distintivo a bottone’, o round badge ‘distintivo rotondo’, ma anche, più semplicemente, pin ‘spilla’.

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