Bere al verde Eco Cocktail, cosa sono e dove provarli

Sostenibili, Green, Eco, chiamateli come volete. Sono i cocktail a basso impatto ambientale, anzi quelli che l’ambiente lo esaltano con ingredienti del territorio, zero sprechi e contenitori riutilizzabili. Da assaggiare in questi giorni a Firenze

Foto di Martino Dini per Florence Cocktail Week

Sono almeno tre anni che se ne parla (qui un articolo del 2017 in cui venivano inseriti tra i quattro trend della mixology del 2018), e forse anche di più. Si possono definire in modi diversi, ma hanno alla base lo stesso principio: sono drink che sanno interpretare a 360° il rispetto per l’ambiente. Dalla scelta della materia prima locale, all’azzeramento degli scarti, che vengono reimpiegati per altre preparazioni o fermentazioni, dalle presentazioni minimali, senza orpelli e inutili abbellimenti, ai contenitori plastic-free e riciclabili, senza cannucce o miscelatori. Al mondo della mixology va il merito assoluto di essere, tra i settori dell’alimentare, quello che ha saputo raccogliere con maggiore lungimiranza, creatività e serietà tutte le istanze del movimento sull’emergenza climatica.

Ma a cosa è dovuto questo progresso? «Ci sono diversi fattori» dichiara Giampiero Francesca, fondatore di Blue Blazer e Chairman italiano dei World’s 50 Best Bars «che hanno a che fare anche con l’impostazione strutturale dei bar e ne hanno accelerato la sensibilità in termini di gestione delle risorse, kilometro zero, materiali utilizzati. Già da molto tempo, nei top bar si lavora con la consapevolezza di risparmiare e ottimizzare per impattare il meno possibile sul piano economico. Tempo fa a Londra parlando con alcuni manager di bar di altissimo livello mi dichiaravano la loro esigenza di massimizzare. Un centesimo risparmiato su ogni drink, sono migliaia di centesimi alla fine dell’anno. Pensiamo solo a quanti lime si usano in un bar. Poi c’è anche un aspetto che riguarda gli ingredienti: l’alcol di per sé è un conservante e allunga la vita delle materie prime fresche, che si possono usare per una macerazione o per un’estrazione. L’unione delle due cose permette di riutilizzare e conservare. Poi non possiamo negare una forte componente di marketing. In questo i World’s 50 Best Bars con l’istituzione del premio per il Best Sustainable Bar hanno dettato la strada e posti come Himkok ad Oslo o Native a Singapore hanno importato questo modello e lo hanno mostrato al mondo».

Dall’altro canto invece, la ristorazione, soprattutto quella gourmet, è andata in un senso completamente opposto, creando una struttura più complessa e grossi sprechi di materia prima. «In questo senso in Italia – prosegue Francesca – pur resistendo pratiche scorrette (continuo a vedere cannucce anche nei drink in cui non andrebbero usate) la mixology ha saputo interpretare la necessità di attingere alla nostra materia prima proprio perché ne abbiamo in grandissima abbondanza». Ma c’è anche chi contrasta i bar che dichiarano il proprio impegno per l’ambiente, perché il cuore di un bar, ovvero l’alcol, compie diversi chilometri prima di arrivare sul bancone. «Un discorso che per me non ha senso. Ci sono prodotti che in Italia non esistono, come la tequila, il whisky, il bourbon. E non tutti hanno le capacità economiche di prodursi il gin in casa. Se togliamo questo, se poniamo troppe limitazioni, togliamo l’essenza stessa di un bar».

Così i bar hanno fatto di necessità virtù e hanno guadagnato terreno rispetto alla ristorazione in termini di impatto ambientale, che per loro si traduceva a monte in impatto economico. «In Italia il nostro livello di consapevolezza, salvo eccezioni, è molto alto. Tanto che faccio fatica a individuare un nome che non abbia lavorato su questi temi» conclude Francesca. Si passa da Scarto a Bologna, dove si applica il principio dello Zero Waste, a Drink Kong a Roma, dove Patrick Pistolesi ha fatto della sostenibilità uno dei suoi temi più ricorrenti, al Barber Shop che ha dedicato una drink list all’emergenza climatica, all’Archivio Storico di Napoli che nel 2019 ha lanciato una drink list eco-friendly, a Officina a Milano, che sceglie fornitori che mettono in pratica gli stessi principi di sostenibilità del locale, al Dry Martini Sorrento dove i limoni vengono dall’orto a Km0. Insomma dopo tre anni, quella che sembrava una moda come tante, ha messo radici – per fortuna! – ed è diventata un elemento imprescindibile per chi pratica questo mestiere.

Non a caso gli Eco Cocktail sono una delle categorie di drink che si possono assaggiare durante la Florence Cocktail Week, che si svolge a Firenze dal 21 al 27 Settembre. In questi giorni, i quaranta cocktail bar di Firenze aderenti prepareranno dei drink inediti, misurandosi sulle quattro categorie proposte dall’organizzazione. Una di queste sarà proprio quella degli Eco Cocktail. Nello specifico è stato richiesto ai bartender di proporre un drink dedicato all’ecosostenibilità sia nei prodotti utilizzati (ingredienti home-made, biologici, a chilometro zero, naturali), che nella presentazione (liberi da plastica, prima di tutto), o ABV o Alcohol Free.

«È una categoria che abbiamo voluto non solo per sottolineare l’attenzione verso l’ambiente, ma anche per fare ricerca e sperimentazione» dichiara Paola Mencarelli, organizzatrice e fondatrice dell’evento, nonché figura di riferimento della Bar Industry Internazionale. «Tra i nostri partecipanti ci sono anche bar che praticano una miscelazione più classica, quindi questa prova ha rappresentato per loro una sfida, accolta e ampiamente superata. Rispetto all’anno scorso, in cui questa categoria esordiva con il nome di Green Cocktail, oggi i bar hanno assimilato il modus operandi. Quell’attenzione che sembrava passeggera, è stata perfettamente compresa. Non solo da intendersi come cura per l’ambiente, ma anche come rispetto per sé stessi, per il proprio benessere fisico. Natura e salute, a tutto tondo». Ad ispirarne l’inserimento, sottolinea Mencarelli, è stato negli anni il lavoro di Diageo, azienda internazionale di bevande alcoliche, che ha insistito su questi temi nelle sue Diageo World Class, le competizioni di bartending che organizza a livello mondiale e che assegnerà il premio per il miglior Eco Cocktail della Florence Cocktail Week nel giorno di chiusura dell’evento.

Tra le proposte, ci sono drink che invocano la sostenibilità già nel nome, come Impatto Zero del Bitter Bar, il Gita in Campagna de La Ménagère, il Green Shaker del Move On e il Green Life del Santarosa Bistrot, o il Greta DrunkN’Stormy dell’S’Bam Studen Hotel. Poi c’è il Passion Fire con spremuta di mele biologica de Le Pool Bar, l’All Togheter Now con le gocce di soluzione salina del Caffè Cibreo, il The Silky Way con nocino homemade del Caffè Concerto Paszkowski, il Pompelmo Soda con Top di Soda fatta con le rimanenze del pompelmo rosa del Love Craft, il Sette Passi fatto con prodotti raccolti nell’orto del bartender del Rasputin Francesco Rossi. E tanti altri ancora.

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