Se la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen intende davvero ridurre le emissioni europee di gas a effetto serra del 55% entro il 2030 può guardare con soddisfazione al nuovo regolamento sul trasporto marittimo che l’Europa potrebbe presto adottare. Il testo approvato dal Parlamento europeo include anche l’industria navale, finora libera da qualsiasi vincolo in merito, nello sforzo collettivo di frenare il cambiamento climatico.
Cosa cambia per le navi
Il voto della plenaria delinea la posizione del Parlamento sul tema: il prossimo passo prima dell’adozione saranno i negoziati con le altre due istituzioni: la Commissione e il Consiglio europeo. L’importanza di questa decisione risiede in due aspetti. Il primo è l’inclusione del trasporto via mare nell’Emission Trading System, una proposta già avanzata dalla Commissione. L’Ets è un sistema cap and trade, cioè fissa delle quote massime di emissioni di gas serra per ogni singola azienda. Chi eccede queste soglie è obbligato ad acquistare nuove quote, mentre chi con la sua attività genera meno emissioni della quota assegnata può rivendere la sua parte. Nel caso dei trasporti, il gas serra che si vuole limitare è l’anidride carbonica: questo meccanismo, almeno nelle intenzioni, è un forte incentivo per gli operatori commerciali a economizzare le proprie tratte oppure a trovare modelli alternativi di business, magari puntando sulle energie rinnovabili.
Finora l’Ets includeva soltanto il trasporto aereo, nonostante quello marittimo fosse responsabile di una fetta considerevole di emissioni: nel 2018, ad esempio, le navi di grandi dimensioni (stazza lorda oltre le cinquemila tonnellate) hanno prodotto complessivamente 130 milioni di tonnellate di CO2, più di un Paese come il Belgio. «Chiediamo alla presidente von der Leyen di applicare il principio “chi inquina paga” anche al trasporto marittimo, che deve fare la sua parte», scrive in una nota Jutta Paulus, la deputata dei Verdi tedeschi rapporteur della proposta.
Il regolamento si applica non solo a tutte le tratte navali fra i Paesi dell’Unione europea, ma anche a tutte quelle che arrivano o che partono da un porto comunitario. Come spiega la relatrice, non appena una nave fa scalo in un porto dell lo Spazio Economico europeo (See), che comprende Norvegia e Islanda oltre agli Stati Ue, è tenuta a comunicare le proprie emissioni.
Disporre di informazioni affidabili è importante, ma non basta per il Parlamento, che ha un obiettivo più ambizioso di quello della Commissione: ridurre in maniera drastica le emissioni derivanti dal trasporto marittimo. Il target fissato dall’Eurocamera è una decrescita del 40% rispetto ai livelli attuali entro il 2030. Un obiettivo che, se raggiunto, contribuirebbe sicuramente a quello complessivo, visto che dalle grandi navi si alza il 13% di tutti i gas a effetto serra prodotti nell’Unione, secondo i dati forniti dal Parlamento e relativi al 2017.
Come farà Bruxelles a imporre la riduzione?
Il testo approvato spiega che spetterà alla Commissione comminare una sanzione pecuniaria a quelle aziende di trasporto che, nella media di tutti i viaggi di tutte le imbarcazioni in loro possesso in un determinato anno, non si adeguano alla prescrizione. Per questo, secondo Paulus, il voto in questione rappresenta «un grande successo per la protezione del clima».
La modifica del regolamento è stata accolta favorevolmente nell’emiciclo riunitosi a Bruxelles: 520 voti favorevoli, 94 contrari e 77 astensioni. Fra i più entusiasti per il risultato raggiunto c’è la delegazione del Movimento 5 Stelle, allineata ai Verdi su molti temi ambientali. La deputata Eleonora Evi, che ha seguito il dossier nella commissione ENVI (ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare, ndr) parla di una forte volontà politica, espressa su un regolamento tutto sommato molto tecnico.
«Era assurdo che questo settore fosse completamente escluso da ogni impegno europeo di riduzione delle emissioni». Per Evi lo sforzo richiesto alle compagnie del settore per adeguarsi ai nuovi standard è necessario e sarà comunque graduale. «La riduzione è calcolata sulla media delle emissioni della propria flotta. Quindi non è obbligatorio cambiare tutte le navi nello stesso momento, ma c’è una traiettoria realizzabile».
L’europarlamentare non risparmia una stoccata alla destra italiana, che non intendeva avallare la modifica del regolamento. I membri di Fratelli d’Italia si sono astenuti, mentre hanno votato contro Lega e Forza Italia, quest’ultima contrariamente a tutto il rispettivo gruppo politico europeo. Un trend costante, attacca la deputata: «Lega e Fratelli d’Italia minano continuamente le ambizioni di legislazione in materia ambientale, a volte manifestando posizioni vicine al negazionismo climatico».
Un altro punto importante della proposta di risoluzione legislativa, sottolinea Evi, è l’istituzione di un “Fondo per gli oceani” per il periodo 2022-2030, che sarà finanziato con i proventi dell’Ets. Il Parlamento vuole in sostanza tassare le quote di emissioni rivendute all’asta alle aziende). Una parte considerevole di questo fondo servirà a rendere le imbarcazioni più efficienti dal punto di vista energetico e a sostenere la conversione ecologica dei porti. Il 20% invece dovrà essere utilizzato per la protezione e il ripristino degli ecosistemi marini, duramente colpiti dal riscaldamento globale.
Su questa linea anche la richiesta della delegazione grillina di introdurre aree marine a bassa emissione, dove applicare dei limiti alle concentrazioni di ossidi di zolfo e di ammonio, che danneggiano in maniera diretta la salute oltre che l’ambiente. «È importante che ne venga introdotta una nel Mediterraneo: siamo un Paese circondato dal mare e la salute di chi vive sulle coste va salvaguardata».