La Casta dei brocchiNon ha senso tagliare i parlamentari se non si seleziona bene la classe dirigente, dice Sergio Rizzo

Il vice direttore di Repubblica e autore del libro sui vizi e il malaffare della classe politica dice: «Mi fa ridere questa demagogia secondo cui la politica sarà efficiente solo per il semplice fatto che riduciamo il numero dei parlamentari»

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Le inchieste giornalistiche con cui Sergio Rizzo ha raccontato in questi anni gli sprechi, i vizi e il malaffare di una parte della classe dirigente e politica italiana sono riassumibili con una metafora: il mito di Sisifo. Come l’astuto greco condannato a portare ogni giorno un masso fino alla cima di un monte per poi vederlo di notte rotolare giù e ricominciare daccapo, così Rizzo durante tutta la sua carriera prima al Corriere della Sera e dal 2017 a Repubblica ha cercato di svegliare le coscienze degli italiani, invano, ritrovandosi in un Paese guidato da politici ancora peggiori dei precedenti.

Scorrendo i titoli dei suoi saggi si legge l’autobiografia di una nazione: 2008: “La deriva. Perché l’Italia rischia il naufragio”; 2010: “La cricca. Perché la Repubblica italiana è fondata sul conflitto d’interessi”, 2012: “Razza stracciona. Uomini e storie di un’Italia che ha perso la rotta”, 2016: “La repubblica dei brocchi”, e l’ultimo, prima della pandemia: “La memoria del criceto. Viaggio nelle amnesie italiane”. 

Il più importante però lo ha scritto nel 2007 con Gian Antonio Stella “La Casta”, considerata la Bibbia dell’anti-politica: 1 milione 200mila copie e 22 ristampe in un mercato in cui se un saggio va bene vuol dire che ne ha vendute cinquemila. I benevoli dicono che quel libro ha ucciso da solo la decadente Seconda Repubblica. I malevoli sostengono che abbia dato il grimaldello intellettuale a una legione di imbecilli per conquistare il potere e fondare la Terza, in Parlamento e nei talk show. Ora che si avvicina il referendum anti casta per eccellenza e forse la fine di un Movimento politico che ha usato il suo libro come un manifesto programmatico, gli abbiamo chiesto cosa voterà: «Ti dico la verità, non riesco più a capirlo questo Paese».

Forse non lo capirà più, ma si sarà fatto un’idea sul referendum per il taglio del numero dei parlamentari.
La diagnosi su quello che non funziona nel sistema politico è ben chiara. Se n’è parlato e scritto tanto. Ecco perché pensare di affrontare un problema enorme come quello del funzionamento delle Camere soltanto parlando di “quanti” parlamentari avremo mi pare abbastanza riduttivo. Prima di pensare a “quanti”, penserei a “chi”. Poi si può discutere sul numero. Non ho particolari simpatie per una certa cifra rispetto a un’altra. Però se il tema è “riduciamo i parlamentari perché bisogna risparmiare i soldi”, allora mi domando perché avere 400 deputati e non 50. Se dobbiamo risparmiare davvero arriviamo al paradosso, facciamo come diceva Berlusconi un po’ di anni fa: un Parlamento in cui votano solo i capigruppo. 

Non diamo strane idee ai costituzionalisti di domani.
Il sistema politico italiano è inefficiente, ma non perché ci sono troppi parlamentari. Il problema è che sono scelti male. Non c’è una selezione seria della classe dirigente. Le persone che vanno in Parlamento sono scelte dai segretari di partito. Il paradosso è che questo accade di più oggi con questa legge elettorale che ai tempi del Porcellum.

Zingaretti ha promesso una legge elettorale per convincere i suoi del Partito democratico a votare sì al referendum.
Ma veramente vogliamo approvare una legge elettorale orrenda come quella di cui si sta parlando in questi giorni? Davvero vogliamo ritornare al proporzionale puro in Italia? Abbiamo già visto i risultati. 

C’è chi propone di fare un sistema elettorale proporzionale come in Germania.
I tedeschi hanno un’altra storia e prerogative diverse dalle nostre. Se abbiamo questa classe dirigente è perché sono lo specchio del Paese, ma non ne faccio una questione antropologica, piuttosto storica. Siamo figli delle scelte che abbiamo fatto. Una volta, quando era ministro del governo Prodi II (2006-2008, ndr) Tommaso Padoa-Schioppa che aveva studiato in Germania e adorava Goethe, mi fece un paragone illuminante: la differenza tra italiani e tedeschi è il metodo con cui hanno deciso di prevenire il ritorno del fascismo e del nazismo. In Germania erano stati spaventati dal modo in cui fragilità della Repubblica di Weimar aveva portato a Hitler e hanno detto “mai più governi deboli”, mentre noi spaventati dallo stato liberale capitolato ai piedi di Mussolini abbiamo detto “mai più governi forti”. La differenza è tutta lì. Se volessimo davvero fare una seria legge elettorale dovremmo guardare al periodo in cui il meccanismo del nostro sistema politico ha funzionato meglio. 

Quando?
Quando si è votato con il Mattarellum (1996-2001 e 2001-2006, ndr) abbiamo avuto due legislature intere con un’unica maggioranza. Prima una di sinistra e poi una di destra. In quella legge elettorale il meccanismo prevalente per assegnare i seggi era basato sui collegi uninominali (75%, ndr) dove si sfidavano quasi sempre un candidato del centrodestra e uno del centrosinistra. 

Anche in quel periodo però c’erano delle storture: i segretari di partito piazzavano i candidati meno forti nei collegi sicuri.
Sì, ma nel complesso quello era un sistema efficiente per garantire che i candidati avessero un minimo valore, o almeno non fossero completamente impresentabili. Il problema del nostro sistema è tutto lì: riuscire a connettere i territori con i loro rappresentanti. Poi possiamo discutere sui numeri. E invece comunque andrà il referendum, alla fine i parlamentari continueranno a essere scelti allo stesso modo e svolgeranno le stesse identiche funzioni alla Camera e al Senato. Questo voto non cambierà nulla. 

Alla fine anche Sergio Rizzo rimpiange la Seconda Repubblica?
Non scherziamo. In quel periodo abbiamo assistito a delle cose vergognose. I politici candidavano in Parlamento i padroni dei ristoranti dove andavano a mangiare o le ex mogli per non dover pagare gli alimenti. Addirittura i portavoce venivano premiati con un seggio per la loro fedeltà. Tutto questo a spese nostre. Non era accettabile. 

Purtroppo in alcuni casi è ancora così. Forse al posto dei ristoratori si candidano i proprietari dei lidi.
Il Mattarellum non era perfetto, anche quello era un compromesso, ma almeno si era avviato un percorso che andava completato con una riforma che avesse stabilito i compiti delle Camere per evitare che fossero un doppione. Poi l’iter si è interrotto nel 2005 perché Berlusconi era indietro nei sondaggi e con Calderoli decisero di fare il Porcellum per far nominare i futuri parlamentari ai segretari di partito grazie alle liste bloccate. Ma non è roba loro: copiarono la legge elettorale della regione Toscana. Ecco perché per 12 anni nessuno l’ha più toccata: faceva comodo a entrambi,  centrodestra e centrosinistra. 

Forse fa comodo a tutti anche avere un bicameralismo perfetto, visto come è andato il referendum del 4 dicembre 2016.
L’Italia ha dei problemi talmente palesi che non si capisce perché nessuno li affronti in modo serio. Se ci sono solo tre Paesi al mondo che hanno ancora il bicameralismo perfetto, ci sarà un motivo? Berlusconi ha provato a cambiarlo ma lo ha fatto in modo sbagliato con una riforma sguaiata che non stava in piedi e nel 2006 gli elettori lo hanno bocciato. C’ha provato poi Renzi ma ha personalizzato il voto su di sé e sappiamo com’è andata. Ma il problema resta e mi fa ridere questa demagogia secondo cui la politica sarà efficiente solo per il semplice fatto che riduciamo il numero dei parlamentari. 

Leggendo questa risposta qualche maligno potrebbero pensare che la colpa è stata anche de “La Casta”, usata dal Movimento Cinque Stelle come manifesto intellettuale per giustificare tutte le sue battaglie anti politiche fino al referendum sulla riduzione dei parlamentari. Si è mai pentito dell’uso politico che è stato fatto della vostra inchiesta?
Dare la colpa al medico perché uno ha avuto la malattia è grottesco. Non mi sono mai pentito di aver scritto quel libro. Era una inchiesta da fare. Bisognava spiegare perché l’Italia si trovava in quella condizione, con quella classe politica. Poi se i politici non hanno voluto rimediare ai propri errori non posso farci niente. Io e Stella abbiamo fatto un lavoro serio, giornalistico e dopo 13 anni tutti e due continuiamo a fare i giornalisti. Non avevamo altri scopi e infatti non abbiamo mai varcato il confine entrando in politica. 

Qualche segretario di partito o garante di movimenti vi ha chiesto di candidarvi?
Potrei fare un elenco lunghissimo dei nostri rifiuti. Tutte le volte in cui ci hanno proposto un seggio abbiamo declinato, così come abbiamo evitato di partecipare tutte iniziative demagogiche e anti casta. Di lavoro faccio il giornalista, non il politico. Se uno deve cambiare le cose, deve cambiare anche le persone. Non possiamo pretendere che le persone che hanno fatto i danni siano bravi a ripararli. Oggi le stesse persone incapaci di risolvere problemi ordinari dopo la pandemia si sono ritrovati a dover trovare una soluzione a problemi straordinari.

Si è visto anche in questa Fase 2.
Abbiamo visto un presidente del Consiglio che forse ha pescato il jolly nella sua vita è passato senza patemi da un governo di destra-centro a uno di centrosinistra. E anche i burocrati che fanno le leggi son sempre gli stessi. Parlo dei capi di gabinetto, i capi dell’ufficio legislativo. Sono sempre gli stessi, ma di quale cambiamento parliamo? Il risultato lo abbiamo visto durante l’emergenza in cui questo governo è riuscito a scrivere decreti ancora più astrusi delle normali leggi. Proprio in un momento in cui serviva chiarezza nell’incertezza. Non sono riusciti a far capire agli italiani nemmeno come funzionasse il bonus biciclette. Da settimane un ministero dice che basta lo scontrino fiscale mentre un altro sostiene che serva la fattura. Nel frattempo i fondi sono esauriti.

Anche con la cassa in deroga il governo non è stato così efficiente.
Un provvedimento del genere serve per persone che non hanno soldi neanche per mangiare e deve avere qualcosa subito. Non domani sera, ma questo pomeriggio. Non c’è stato un ministro che abbia chiesto al suo capo dell’ufficio legislativo di chiamare l’Inps per informarsi sui tempi dell’erogazione. Gli avrebbero risposto che ci vogliono almeno due mesi. Sapendolo avrebbero potuto pensare a un provvedimento diverso. E invece il testo è arrivato in Parlamento dove ci sono almeno 14-15 sindacalisti di grande livello che in teoria avrebbero dovuto saperlo, conoscendo la materia. Nessuno ha alzato un dito per dire: “forse stiamo facendo un errore”. Poi tutti si sono svegliati dopo aver letto i giornali che hanno scritto del mancato arrivo dei fondi. Ma questa può essere una classe dirigente affidabile? 

Siamo ancora nella Repubblica dei brocchi?
No, siamo nella Repubblica degli ancora più brocchi. Il nuovo che avanza ha assimilato molto rapidamente i difetti del vecchio corso. Purtroppo l’imbrocchimento non si ferma nominando ministro un politico con la terza media o eleggendo uno uguale a te. Tutte le grandi riforme sono state fatte da politici di grande livello con una visione, non da gente comune. I banchieri non fanno la riforma delle banche e i medici non fanno la riforma della sanità. Per governare un Paese del G8 servono persone di qualità. Ma qui mancano proprio le basi. Prendiamo come esempio la decisione di far votare il 20 e 21 settembre, esattamente una settimana dopo l’apertura delle scuole. Non si poteva far votare una settimana prima evitando così di aprire e chiudere subito i nostri istituti? Eppure non ci vuole la quinta elementare per capirlo.

Il 10 settembre uscità “Riprendiamoci lo Stato. Come l’Italia può ripartire”, un saggio che ha scritto con Tito Boeri. Come può ripartire il nostro Paese?
Bisogna pensare in modo serio alla selezione della classe dirigente. Non so se tornare ai vecchi modelli novecenteschi come le scuole di partito possa risolvere davvero le cose. Di certo i partiti dovrebbero selezionare attraverso il merito le persone più capaci e con una vocazione morale e politica. Una volta in Parlamento ci andavano i migliori, ora ci sono solo quelli che venivano rimandati a settembre. Serve una classe politica preparata e consapevole del proprio ruolo. Nel libro parliamo di tante scelte che dovremo fare per garantire ai cittadini uno Stato efficiente. Come per esempio evitare che i concorsi pubblici siano truccati. Non parlo di quelli per diventare vigile urbano, ma dei concorsi di cui spesso si conosce già l’esito perché servono a piazzare gli amici degli amici. Ecco, cominciamo da lì.