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«Questa è una battaglia culturale e politica. Contro la minaccia che le istituzioni repubblicane possano essere scatolette di tonno da aprire a uso e consumo di analfabeti funzionali. In nessuna parte del mondo le istituzioni le decide uno come Luigi Di Maio». Lo ha detto Carlo Calenda in piazza Sempione a Milano, dal palco della manifestazione “Fermiamo il populismo. La democrazia non si taglia”, promossa da Azione e + Europa in occasione della chiusura della campagna per il No al referendum sul taglio dei parlamentari.
L’evento è iniziato intorno alle 18 e ha visto alternarsi sul palco sindaci, economisti, parlamentari di maggioranza e opposizione, amministratori locali, leader politici, comitati del no.
«Se oggi la politica è in mano a persone come Luigi Di Maio – ha detto Calenda – come Grillo, Salvini, Meloni è perché la gente seria di questo paese ha dato una delega in bianco. È il momento di riprendere in mano il senso della politica. Le persone serie non sono una minoranza in questo Paese. La politica ha un’etimologia: arte di governo. La politica senza capacità di governo non è. Solo in questo paese noi abbiamo maturato l’idea che la politica è altro. Che il politico ripete solo quello che sente senza mai entrare nel merito. Addirittura arrivando a pensare che bisogna arrivare parlare alla pancia e non alla testa dei cittadini. Noi vogliamo parlare alla testa e al cuore».
Oltre allo stesso Calenda sono intervenuti anche Emma Bonino – in diretta streaming da Roma -, Carlo Cottarelli e Marco Bentivogli. Per il Partito democratico ci sono Giorgio Gori, Tommaso Nannicini e Pierfrancesco Maran. Poi ancora: Benedetto Della Vedova e Riccardo Magi (Più Europa), Matteo Richetti (Azione), Deborah Bergamini (Forza Italia), Elena Grandi (Verdi), Davide Giacalone (Fondazione Einaudi), Isabella Conti e Lisa Noja (Italia viva), Laura Onofri (Donne per il No), Paolo Romano e Ilaria Piromalli (Giovani democratici).
In collegamento in diretta da Roma, Emma Bonino, leader di Più Europa ha esordito con una battuta: «Mi hanno detto che sono un dinosauro, e forse è vero». Ma non si è fermata lì: «Ci è stato chiarissimo da subito che questa non era una riforma. Non bisognerebbe nemmeno chiamarla riforma. Anzi, come ha detto Ceccanti, è uno spot elettorale dei Cinquestelle. Vedete, man mano, con fatica, e in grande solitudine, qualcosa è cambiato. La gente forse ha cominciato a capire. E ogni giorno vedo nuovi comitati che si formano, vedo personalità che si schierano. Ed è già stata ricordata, ma per me la motivazione del No che ha dato Liliana Segre per me è stata di grande motivazione. A lei dobbiamo la Commissione contro il razzismo. Lei ha detto, cito: “Sentir parlare del Parlamento come se tutto si riducesse a costi e poltrone è una cosa che non mi appartiene”. E la prossima volta ricordatevi che chi siede in Parlamento lo avete mandato voi, non è caduto dal destino. Quindi ognuno ha una sua parte di responsabilità».
Dal palco Carlo Cottarelli ha spiegato le sue ragioni per il No: «Potrei dirvi che si risparmiano solo 57 milioni, lo 0,007 per cento della spesa pubblica. Potrei dirvi che voto No perché non è vero che in un sistema con due camere non è vero che abbiamo troppi parlamentari. Io stesso l’avevo proposto il taglio dei parlamentari. Ma fatto in modo diverso, creando un monocameralismo. Con questo taglio invece avremmo semplicemente troppi pochi parlamentari. Così la casta diventa più casta. Se vince il Sì sicuramente qualcuno dirà “abbiamo abolito la casta”, senza aver fatto niente. Potrei dirvi un sacco di cose. Il mio No è anche un No a un modo di fare politica basato sull’approssimazione, sull’apparenza e non sulla sostanza, quello che ha caratterizzato gli ultimi anni con il lavaggio del cervello via social. Le riforme bisogna farle, ma quelle vere, non quelle finte».
Subito dopo ha preso la parola Benedetto Della Vedova di Più Europa: «Siamo venuti a Milano per una ragione soprattutto, perché in Lombardia e a Milano si voterà solo per il referendum, non per le regionali. E non vogliamo che qui la partecipazione al voto sia bassa. Questo è il primo tranello dei Cinquestelle: molti voteranno al referendum perché saranno già al seggio per votare alle regionali. Poi ci siete voi della Lombardia che andrete al seggio solo per dire No. Qui si taglia drammaticamente la rappresentanza parlamentare. Avremo un Senato che sarà un mostro di oligarchia. Un Senato di 200 persone bloccherà tutto. È una follia? No è un disegno preciso. Il Movimento cinque stelle è diventato un partito di potere, hanno governato con la Lega e con il Partito democratico e gli andavano bene entrambi». Poi ha concluso con un appello al voto, soprattutto in Lombardia e a Milano.
«Un’idea che vuole la politica come una cosa sporca. Un’idea che va oltre la democrazia rappresentativa e prefigura un’inquietante rappresentanza digitale», ha detto Giorgio Gori, sindaco di Bergamo. Poi ha proseguito: «Vorrei che dalle urne arrivasse un segnale forte. Da chi è stufo di sentirsi dire che la politica è una cosa sporca. Il No è un segnale di gente che vuole la politica seria e non una stortura».
«Bisogna dire con chiarezza che servono parlamentari di qualità e non questi cialtroni che si sono sostituiti alla rappresentanza politica», ha detto Marco Bentivogli, segretario generale della Federazione Italiana Metalmeccanici. «C’è bisogno – prosegue Bentivogli – di uno Stato che funziona, non nemico del cittadino, uno Stato che ha più a cura dei soldi dei cittadini perché non vi siano sprechi. Cambiare la Costituzione italiana non deve essere un tabù. Io non considero la battaglia del No perché la Costituzione deve essere intoccabile. Il Titolo V è una mostruosità, il bicameralismo è dannoso, dobbiamo superarlo. Siamo diventati un Paese che possiamo chiamare Sussudistan. Chi doveva tagliare il potere e scalzare la casta, si è fatta essa stessa casta. C’è un’immagine fondamentale che non dobbiamo dimenticare, è quella del ministro degli Esteri che taglia lo striscione del Parlamento repubblicano. Le nostre istituzioni democratiche e repubblicane sono importanti. Ha ragione Liliana Segre quando dice che il Parlamento è la rappresentazione più alta della democrazia. E ha ragione Don Ciotti quando dice che una casa non si costruisce dal tetto, si costruisce dalle fondamenta».
Sul palco anche Roberto Giachetti, che è stato breve, ma ha voluto lanciare il suo appello per il voto: «Tanti di noi hanno passato settimane a cercare di spiegare le ragioni del No, quelle del Sì non le avete sentite erano solo slogan. Oggi si chiude formalmente la campagna elettorale, ma ci sono ancora ore decisive. E noi possiamo farcela. Questo è un referendum che si può vincere anche per un solo voto». E ha chiuso il discorso ricordatevi che la campagna elettorale si chiuderà davvero solo lunedì alle 15.
Il senatore del Partito democratico Tommaso Nannicini nelle ultime settimane ha rappresentato una delle voci più forti a favore del No all’interno del suo partito. «Questa battaglia – ha detto il senatore dem – lascerà il segno nel sistema politico italiano. Il vero motivo del mio No è che nel mondo non si è mai visto una riforma costituzionale che cambia il numero dei parlamentari senza cambiarne le funzioni. Non ha senso cambiare le istituzioni con le forbici in mano e nessuna idea in testa. D’altronde che sia una non riforma lo dicono anche i sostenitori del Sì, che hanno solo due argomenti: serve a risparmiare e a fare qualcosa perché non si può star fermi. Ma sugli sprechi non è quanto spendi, ma come spendi. Il punto è che non si parla di democrazia parlando soltanto di costi».
La deputata di Italia viva Lisa NoJa ha introdotto con un ringraziamento a tutti «Intanto grazie per la pedana che mi ha permesso di accedere al palco, è una buona abitudine che spero si diffonda». Poi ha attaccato la non-riforma grillina: «L’instabilità di governo e l’ipocrisia del bicameralismo paritario non fanno funzionare le nostre istituzioni. Ha reso il Parlamento un organismo che sta perdendo il suo ruolo, sempre più spesso confermativo e sempre meno propositivo. Ora la prima domanda logica è: il taglio affronta questi due nodi? No. La seconda domanda è: può essere un punto di partenza? No anche qui. Ma lo dice anche Luigi Di Maio. Alla domanda sul bicameralismo paritario ha risposto che non è un problema. In più con il taglio dei parlamentari le probabilità che un incompetente arrivi in Parlamento non sono di meno, sono le stesse di oggi. Quindi, a cosa serve? La risposta arriva ancora da Di Maio. Ha detto “ci serve perché ci dobbiamo prendere una rivincita”. Credo che la politica sia una cosa importante, c’è modo per distinguere chi fa buona politica da chi no. Per questo non mi presto a una riforma costituzionale che taglia i parlamentari per dare un messaggio micidiale alla democrazia rappresentativa. Chi dice che le istituzioni non servono sta dicendo che i loro elettori non servono».
«Noi, domenica – ha detto il senatore di Azione Matteo Richetti – fermiamo il populismo. Chi domenica vota Sì, con il massimo rispetto, non mi raccontasse che quando si fanno i caroselli da qualche parte si deve pur cominciare. Bisogna dire che la politica non è il problema. La politica è la soluzione. Voglio dirvi che oggi in questa piazza non ci sono solo le bandiere, c’è l’idea che l’incoerenza non paga. Quindi noi andiamo a votare per dire che la demagogica non può fare quel che vuole».