Svuotare i CinquestelleIl Partito democratico ha l’occasione di riprendersi i voti degli elettori grillini

Non è un caso che al Nazareno abbiano ripreso voce i sostenitori del sistema maggioritario corretto: un eventuale ritorno al bipolarismo potrebbe convincere Zingaretti a guidare un grande polo di centrosinistra facendo il pieno i consensi tra i fuoriusciti degli alleati di governo

Unsplash

Cannibalizzare i Cinquestelle. Senza darlo a vedere, s’intende, per non destabilizzare Conte. Se, come si dice, l’appetito viene mangiando, si spiega questa specie di ingolosimento dei dirigenti del Partito democratico alla caccia di altri indispensabili voti per essere competitivo davvero, cosa che ancora non è: giacché, esaurita la sbornia de lunedì post-elettorale si osserva che la buona performance “di tenuta” di Nicola Zingaretti non copre i persistenti clamorosi buchi al Nord e in buona parte del Sud.

Ecco allora che il bottino di voti fuoriusciti dalle tasche bucate del Movimento cinque stelle diventa per il Nazareno come un pranzo di matrimonio per un affamato, e senza pagare dazio, ma per così dire gratis, dato che, come si è visto, molti elettori grillini sanno scegliere il voto utile riversandolo sui dem piuttosto che sprecarlo su una roba identitaria senza identità.

A dire il vero i “professionisti” del Partito democratico lo avevano sempre detto: prima o poi quei voti torneranno da dove sono venuti, cioè da noi, non appena la marea populista e antipolitica sarà diventata una innocua risacca. Questione di tempo, ma la fine è nota, teorizzavano gli strateghi dall’accordone con Beppe Grillo già al tempo in cui questi mandava affa il mondo intero: il fenomeno prima o poi finirà e noi torneremo “più belli e più forti di pria”.

Un banale cascame della famosa egemonia declinato rozzamente. Ma la politica è anche attendere che i processi si compiano, senza contare che il fattore C può venirti a dare una mano, come si sta vedendo.

Sta di fatto che effettivamente il Movimento sta assumendo le sembianze di una valle di lacrime: ma bisognerebbe chiedersi se questo esito sia realmente dovuto alla “tattica” dem basata (anche) sull’assimilazione di certi contenuti grillini, vedi alla voce “taglio dei parlamentari”; e soprattutto se il prezzo pagato (aver legittimato, per assenza di contrasto, il grillismo e averlo poi mantenuto al governo dopo il naufragio gialloverde) sia stato un prezzo inevitabile e accettabile per la salute della democrazia italiana.

Dirà meglio la Storia se fosse impossibile resistere all’offensiva a-democratica del casaleggismo e se fosse ineludibile assaggiare il budino grillesco prima di scartarlo, con gravi conseguenze sulla qualità del dibattito pubblico. In altre parole: valeva la pena aspettare tutti questi anni?

In ogni caso, a meno di colpi di coda, pare adesso che il Movimento finirà per mangiare se stesso come la Rivoluzione i suoi figli e ci si appresti (non oggi, non domani ma prima o poi) a spolpare l’osso e dividersi la carcassa di voti.

È anche la conferma definitiva di quanto fosse un’alchimia politicista quella della “alleanza strategica”: con Crimi e la Taverna non ti puoi alleare da pari a pari ma sono aspettarne – o meglio lavorare per – la decomposizione.

Visto che forse ci siamo, è forse anche in base a questo calcolo che nel Partito democratico hanno ripreso voce i sostenitori del sistema maggioritario corretto à la Mattarellum: perché se il sistema politico – come indica qualche analisi del voto regionale – si andasse davvero bipolarizzando, il partito di Zingaretti potrebbe puntare a guidare un polo di centrosinistra attendendo di essere premiato dagli elettori ex grillini senza fare concessioni particolari.

Per ora sono solo ipotesi, sia chiaro. Ma il calcolo persino trascende la questione del sistema elettorale: e se il destino del grillismo fosse davvero quello dell’esplosione, al Partito democratico basterebbe allungare la mano per raccoglierne le schegge.