ReichsflaggeLa bandiera della Confederazione Nordtedesca sventola ancora

Lo stendardo nero-bianco-rosso, originariamente legato alla Germania bismarckiana, è ormai un simbolo di opposizione alla democrazia parlamentare, e come tale viene sollevato dai militanti della destra estrema spesso mescolati fra i negazionisti della pandemia.

JOHN MACDOUGALL / AFP

Pubblicato originariamente il 24 settembre su Kater

La manifestazione dei negazionisti del Coronavirus a Berlino il 29 agosto scorso, che a lor detta si metterebbero coi loro pensieri “di traverso” alla vulgata di una pandemia che in realtà non esisterebbe (qui l’autodefinizione di Querdenker), ha raggiunto nella visione di diversi partecipanti il suo culmine quando un manipolo di persone, approfittando di un buco nel cordone di poliziotti, è riuscito a salire sulla scalinata del Bundestag – il Parlamento tedesco.

Fin qui sembrerebbe solamente una carnevalata o la ricerca dell’opportunità per una foto di gruppo proprio davanti al “Palazzo” del potere, con relativo effetto mediatico. Il problema, non piccolo, è rappresentato dalla bandiera che quei manifestanti hanno sventolato, la bandiera imperiale (Reichsflagge) nero-bianco-rossa, e dall’edificio, che ufficialmente si chiama ancora Reichstag – Dieta dell’Impero. Il significato politico del gesto è dunque molto chiaro: la negazione non solo della pandemia, ma soprattutto di quello che la Germania – come Paese, sistema politico e società – è diventata dopo il 1945.

Prima di gridare ai neonazisti (che pure c’erano e che giocano fra i Querdenker un ruolo non secondario), conviene lasciarsi guidare dai fatti storici e chiarire qualche passaggio. Anzitutto, di quale bandiera e quale impero stiamo parlando.

Il tricolore nero-bianco-rosso è un simbolo che ci riporta alla radice dell’attuale Stato tedesco. Questa bandiera fu scelta dalla Confederazione Nordtedesca a guida prussiana dopo che la guerra austro-prussiana del 1866 (“guerra (intra-)tedesca” per i contemporanei) aveva sancito con le armi ed il sangue la risposta alla questione nazionale dell’Ottocento tedesco: una “Germania grande”, fondata sulla lingua e la cultura e che quindi includesse anche l’Austria asburgica, o una “Germania piccola”, fondata sulla forza militare e l’egemonia industriale e guidata dalla Prussia? Vinse la Prussia di Bismarck, che impose ai piccoli Stati nordtedeschi una federazione fra ineguali, la cui bandiera univa i due colori di quella prussiana (bianco-nera) ed il colore tradizionale della Lega anseatica (il rosso), cui diversi di questi Stati nella loro tradizioni si richiamavano.

Dalla Confederazione del 1867 sorse quattro anni più tardi, anch’esso con le armi ed il sangue della guerra franco-prussiana, un nuovo Impero germanico, sempre guidato da Berlino, che includeva ora anche gli Stati a sud del fiume Meno (Baviera, Assia, Baden e Württemberg) e sanciva definitivamente l’esclusione dell’Austria dalla “Germania” e la primazia politica dell’aristocrazia militare protestante prussiana.

Continua a leggere su Kater, un blog collettivo che parla di Germania – o almeno ci prova – al di là di semplificazioni, stereotipi e luoghi comuni.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter