C’è ancora un punto interrogativo che grava sulla manovra di bilancio. Ovvero quale sarà il destino del divieto di licenziamento introdotto all’inizio della pandemia. Oggi la regola è che non possono licenziare le imprese che potrebbero usare la cassa integrazione. In futuro, invece, non potranno farlo solo le imprese che stanno effettivamente usando la cassa integrazione, che sarà estesa tra l’altro di altre 18 settimane. Ma la domanda è quando far partire la nuova regola: dove mettere lo spartiacque, con il rischio di una bomba sociale.
E proprio sulle date il governo sta trattando. Da una parte ci sono i sindacati, che temono 1 milione di licenziamenti (previsione di Cgil) e chiedono di arrivare con il divieto almeno fino a marzo. Confindustria invece vorrebbe depennare il blocco il prima possibile, sostenendo che lo stop ai licenziamenti comporti anche uno stop alle assunzioni.
Il governo, almeno nelle ultime ore, sarebbe orientato a estendere il divieto di licenziare almeno fino alla fine di gennaio, ovvero fino allo scadere dello stato d’emergenza legato al Covid-19. Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ieri ha di nuovo spiegato che c’è un confronto in corso. Ma ancora non è stato deciso nulla.
Molto dipenderà anche dall’andamento della curva dei contagi e quanto questa inciderà sulla condizione di salute delle imprese. Mercoledì ci sarà un nuovo incontro con i sindacati proprio sulla questione licenziamenti. Ma sul piatto della bilancia il governo deve mettere anche il rapporto burrascoso con la Confindustria di Carlo Bonomi, con il quale dopo l’assemblea di quale giorno fa si sarebbe avviato (almeno formalmente) il percorso verso il disgelo.