Dopo la conferenza stampa di ieri sera con l’annuncio del nuovo dpcm per fermare i contagi da Covid-19, il Paese si divide di nuovo tra chi vorrebbe misure più restrittive possibili e chi cerca di evitarle, o forse solo rinviarle.
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte non vuole neanche sentir parlare di nuovo lockdown, né di coprifuoco. «Dobbiamo conciliare salute ed economia», ha detto in conferenza stampa. Ci saranno forme di «ristoro» per le attività colpite dalle restrizioni, ma «non possiamo più permetterci elargizioni a pioggia» e per questo ci saranno «criteri selettivi».
Il nuovo dpcm, valido fino al 13 novembre, è molto più soft del previsto. A differenza di quanto emerso inizialmente, nel testo finale le norme sulla movida non fanno riferimento diretto ai primi cittadini. «Il Governo non scarica responsabilità sui sindaci», ha detto il ministro per le Autonomie Francesco Boccia a Rainews24.
Dunque la norma è stata smussata: di fatto scompare dal documento la parola “sindaci” per le restrizioni anti-movida. All’art.1 del decreto si legge che «delle strade o piazze nei centri urbani, dove si possono creare situazioni di assembramento, può essere disposta la chiusura al pubblico dopo le 21».
Il ministro Boccia ha poi spiegato che «ovviamente se c’è un quartiere da chiudere lo decidono i sindaci, loro sanno che lo Stato è al loro fianco 24 ore su 24, dobbiamo tornare alla collaborazione massima».
Chiudere un quartiere, spiegano da Palazzo Chigi, è un potere che i sindaci già hanno. Ma questo aveva fatto infuriare gli amministratori locali: da qui la modifica al testo che ne smussa quantomeno la forma. «Il governo, senza nemmeno affrontare il tema nelle numerose riunioni di queste ore – aveva accusato il presidente dell’Anci Antonio Decaro – inserisce una norma che sembra avere il solo obiettivo di scaricare sulle spalle dei sindaci la responsabilità del coprifuoco agli occhi dell’opinione pubblica. Questo non lo accettiamo».
La domanda del sindaco di Bari è: «Ci saranno le forze dell’ordine a controllare le aree pubbliche in cui sarà vietato l’ingresso? I cittadini non si sposteranno da una piazza all’altra? Nei momenti difficili le istituzioni si assumono le responsabilità, non le scaricano su altre istituzioni con cui lealmente dovrebbero collaborare».
Solo a tarda notte, pare, Conte avrebbe chiamato Decaro promettendo modifiche nel testo finale. Ma le nuove misure soft sembrano solo un antipasto verso una stretta maggiore da somministrare a piccole dosi. Ad appoggiare Conte nella linea più morbida ci sono anche il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e quello dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, con la benedizione di Italia Viva. Dall’altra parte, invece, si schierano i rigoristi: dal ministro della Salute Roberto Speranza al capo delegazione del Partito democratico Dario Franceschini.
Il decreto prevede cambiamenti anche per le attività di ristorazione, che adesso possono rimanere aperte dalle 5 alle 24 se il consumo avviene ai tavoli – altrimenti solo fino alle 18 – con un massimo consentito di 6 persone per tavolo. E all’esterno del locale è obbligatoria l’affissione di un cartello che ne indichi la capienza massima. Per quanto riguarda le consegne a domicilio invece non è indicato un vincolo di orario. Sono esclusi dal decreto i ristoranti che si trovano in ospedali, aeroporti o lungo le autostrade.
Il governo ha litigato molto sulla apertura delle palestre, con il ministro dello Sport Vincenzo Spadafora che ha difeso le attività economiche che in questi mesi hanno speso molto per adeguarsi alle nuove misure di distanziamento e sanificazione. Conte ha dato una settimana ai centri che non si sono messi ancora in regola, poi ci sarà la verifica sui protocolli di sicurezza per decidere cosa fare.
Per le scuole, al momento è passato il principio di far slittare l’orario di ingresso delle superiori alle 9. Si potranno fare doppi turni tra la mattina e il pomeriggio. Ma anche qui non è stato deciso nulla: la scelta è lasciata nelle mani dei territori.