Animal HouseFinalmente Trump ottiene i primi endorsement di spicco: i Sex Pistols, i talebani e la nipote di Bin Laden

I repubblicani sono molto agitati, sono convinti di perdere e di perdere male (ma erano convinti della sconfitta anche nel 2016, però stavolta di più), i senatori provano a giocarsi l’ultima carta della giudice di ultradestra e si appellano agli istinti più razzisti degli elettori, ma già chiedono contributi per fermare la più radicale presidenza di sempre

Afp
Coltelli sguainati, senatori agitati
È il momento, in cui «si tirano fuori i coltelli, i finanziatori scappano e il candidato tenta di segnare all’ultimo minuto», e lo dicono i repubblicani. Donald Trump fa tristi comizi dal balcone, Mike Pompeo annuncia una mossa decisiva ed è la diffusione di nuove email di Hillary Clinton.

Trump ha finalmente ricevuto degli endorsement di spicco, Johnny Rotten che fu il frontman dei Sex Pistols,  una nipote di Osama bin Laden, e, secondo alcune fonti, i Talebani che però smentiscono.

Il New York Times pubblica nuove rivelazioni su frodi fiscali di Trump ma nessuno se ne occupa, un pezzo di opinione pubblica è già convinta che lui sia un mega-mariuolo e l’altro pezzo non lo vuole sapere. I repubblicani puntano tutto sulla nomina di Amy Coney Barrett alla Corte Suprema. Ci provano nonostante i senatori positivi al Covid e il generale marasma. E provano, come possono, per la prima volta dopo anni pavidissimi, a distanziarsi da Trump.

Il leader del Senato Mitch McConnell ha dichiarato che non va alla Casa Bianca da mesi, facendo capire che li considera covidioti. Il senatore del Texas John Cornyn ha criticato Trump per avere sottovalutato il virus, sperando nell’appoggio dello Houston Chronicle (non è servito).
L’altro senatore texano, Ted Cruz, teme una battosta elettorale di dimensioni post-scandalo Watergate. Marco Rubio della Florida già manda email ai finanziatori e discetta su Facebook sui pericoli della presidenza Biden (molti repubblicani già chiedono soldi per contrastare «la presidenza più liberal della storia americana», e citano Kamala Harris per creare agitazione).
Cindy e Cindy
Cindy Hyde-Smith è senatrice del Mississippi e vuole essere rieletta. Vuole violentemente essere rieletta. Giorni fa, in un’intervista all’American Family Radio, ha detto che i repubblicani «andranno a pistole cariche» (e altre cose più volgari) contro i democratici che vogliono rimandare l’audizione della giudice Amy Coney Barrett. Interrogato dopo qualche protesta, il portavoce di Hyde-Smith ha spiegato che è una frase di uso comune.

Secondo i sondaggi la senatrice ha il 41 per cento, il democratico afroamericano Mike Espy è al 40. E Hyde-Smith forse lancia messaggi razzisti-golpisti per mandare a votare i redneck estremisti che in Mississippi sono decisivi (forse è proprio razzista, due anni fa faceva battute sulle pubbliche impiccagioni).

Cindy McCain è la vedova di John McCain e ha appena girato un spot per Joe Biden. Mentre scorrono immagini di McCain e Biden senatori amiconi bipartisan, parla bene dell’amico Joe e dice che ha gli stessi valori di John. Lo spot è un commovente omaggio alla vecchia politica e ai vecchi rapporti umani; qualcuno ha fatto presente che era il ritratto di due inciucioni (traduzione italiana) comunque appartenenti alle elites (comunque Cindy McCain ieri ha fatto campagna elettorale con Biden e Kamala Harris in Arizona; e se sarà l’Arizona a far perdere Trump, lei sarà abbastanza contenta).
Il vedovo cattivo di McCain

Lindsey Graham del South Carolina, presidente della commissione Giustizia del Senato, era il migliore amico di McCain. Ora, e molti si chiedono cosa gli abbia fatto cambiare idea, è un fedelissimo di Trump. E dice cose razziste come Cindy Hyde-Smith. E anche loro due mostrano come il trumpismo abbia sdoganato il razzismo. E come per questo i repubblicani ora possono essere apertamente razzisti, e fare i razzisti per compiacere gli elettori dal razzismo sdoganato.

Vabbé. Graham era in una town hall televisiva con domande del pubblico, non insieme al democratico afroamericano Jaime Harrison. Che aveva rifiutato il faccia a faccia, perché Graham non ha voluto fare un tampone né produrre certificati, ed era nel Rose Garden quando forse Trump ha infettato tutti.

Quando gli hanno chiesto cosa vuol fare contro la brutalità sistemicamente razzista di polizia e altri, Graham ha risposto che i poliziotti non sono razzisti e non è razzista il South Carolina:  Ovviamente «se sei un giovane afroamericano, o immigrante, puoi andare dove vuoi in questo Stato, basta che tu sia conservatore e non liberal».
Di sicuro non era un invito a linciare Harrison a fine campagna elettorale. Magari era un battutone per motivare gli elettori peggiori. In generale non è stato accolto bene (Graham e Harrison sono alla pari; ma ora Graham cerca di non prendere il Covid per far passare Coney Barrett in Commissione e diventare un eroe dei conservatori; mentre dai liberal Harrison ha ricevuto 57 milioni di dollari in contributi, la cifra trimestrale più alta in una campagna per il Senato della storia americana; però il record finora era detenuto da Beto O’Rourke, che in Texas ha straperso).
Le sorelle buone di Coney Barrett
L’appello è su Change.org, l’ha scritto un gruppo di ex studentesse della Kappa Delta, la sorority universitaria di cui faceva parte la giudice ultrareazionaria nominata da Trump alla Corte Suprema (oggi alle 15 ora italiana inizia la sua audizione alla commissione Giustizia).

Le sorelle chiedono che la nomina venga bocciata, dicono che è pericolosa per le donne. Tra l’altro, notano, «nel caso Doe vs. Purdue Amy Coney Barrett suggeriva che l’uomo riconosciuto colpevole di violenza sessuale era stato discriminato per via del suo genere» (però si capisce perché Trump fosse così emozionato per la sua nomina da festeggiarla, nel Rose Garden, con un’ecatombe).

Florida Men, le automobiline della riscossa

Come ai tempi di Umberto Bossi i giornali mandavano “l’inviato nella roccaforte leghista”, le testate americane storiche e online quest’anno mandano gente a The Villages, la più grande concentrazione di pensionati d’America. Nei Villages, sobborghi su sobborghi di ville villette golf piscine teatri ristoranti che sono tutti di fatto centri anziani, l’altra volta Trump aveva vinto col 68 per cento.

Stavolta, i giornalisti inviati informano di «segnali preoccupanti» per Trump. Anziani attivisti antitrumpiani, nei Villages, ce n’erano sempre stati. Con la pandemia e le ultime pazzie del presidente, molti repubblicani hanno deciso di votare democratico e di smettere di trattare i vicini democratici come appestati. La settimana scorsa hanno organizzato un corteo di circa 500 automobiline da golf (nei Villages ci si muove così) per andare consegnare le schede postali. A ogni macchinina che entrava nel parcheggio del seggio e metteva una scheda nell’urna, dozzine di altri anziani sul marciapiede gridavano e applaudivano.
Florida Men, la contea decisiva
I video del corteo dei Villages non devono aver fatto piacere alla campagna di Trump. Viste le percentuali passate, il presidente ha bisogno di vincere la Sumter County, di nuovo, due a uno.
I pensionati dei Villages votano presto e per posta, nel 2016 le schede postali sono state l’89 per cento, quest’anno saranno di più. In Florida, le schede postali si contano subito, alla chiusura dei seggi, alle sette di sera, una di notte ora italiana. Se, quando lo spoglio sarà a 75 mila schede, Trump non avrà preso più del 60 per cento nella contea dei pensionati, per lui potrebbe essere finita. Se però Trump è oltre il 66, secondo Dave Wassernan del Cook Report, «vuol dire che in Florida sarà una corsa sul filo e che la notte sarà lunga».
Trump Men
Sull’onda delle disavventure autoprocurate di Brad Parscale, ex campaign manager arrestato in Florida per condotta sciagurata e indagato dall’FBI per la sottrazione di decine di milioni, molta gente ha fatto due conti. Ne è risultato che tutti i campaign manager di Trump sono stati arrestati o condannati o sono accusati di violenze domestiche o hanno il Covid (nel weekend Parscale è stato tranquillo).

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