Materia intelligenteEcco Liberties, il magazine di resistenza a questi tempi impazziti

È uscita in America la formidabile rivista di cultura e politica di Leon Wieseltier. Quattrocentoventi pagine di approfondimenti sulla società contemporanea e di battaglia intellettuale contro i populismi di destra e di sinistra. Con la Nobel Louise Glück e anche l’italiana Andrea Marcolongo

LibertiesJournal.com

Liberties è la nuova, formidabile, rivista di cultura e politica diretta da Leon Wieseltier, uno degli intellettuali più rilevanti del mondo liberal statunitense, accusato qualche anno fa di comportamenti sessualmente inappropriati a New Republic, il magazine dove per anni ha diretto il leggendario “back of the book”, la più prestigiosa sezione culturale dell’editoria americana.

Numero di pagine 420. Tempo di lettura una decina di giorni. Copertina gialla senza titoli né richiami, ma che contiene soltanto il nome della testata e un particolare stilizzato di un disegno di fine XV secolo fatto da Botticelli per illustrare la Divina Commedia. Trimestrale, nessun contenuto digitale, solo il modulo per abbonarsi alla copia cartacea. 

Su Twitter qualcuno ha scritto che Liberties in realtà si dovrebbe chiamare Pacific perché è come l’Atlantic, ma più lungo. Thomas Friedman ha detto che la rivista di Wieseltier «è una meteora di materia intelligente atterrata sulla mia scrivania».

Liberties in effetti è un magazine di resistenza alla follia di questi tempi, un’oasi di integrità mentale, di saggezza e di buonsenso. Una rivista che affronta i grandi temi della nostra epoca, rivolgendosi al lato migliore della natura umana e consapevole che il lettore medio non esiste.

Il primo numero ospita saggi di Michael Ignatieff, Mark Lilla, Laura Kipnis, Sean Wilentz, James Walcott e di molti altri, compreso uno sul lessico familiare dell’italiana Andrea Marcolongo e due poesie di Louise Glück, pubblicate prima che la poetessa stupisse il mondo con il Nobel per la Letteratura. 

Ci sono poesie, saggi su Mahler, riflessioni sulla peste contemporanea, sull’odio, su Israele, sul ruolo dell’America nel mondo. 

C’è soprattutto un diffuso orgoglio delle conquiste liberal progressiste rispetto al neomarxismo cool che da Brooklyn al resto del mondo è lo specchio di sinistra del populismo nazionalista, al punto che diffida di Joe Biden come e più di Trump, dopo aver contribuito ad abbattere gli altri sfidanti alle primarie democratiche, perché considerato un ostacolo all’imposizione del socialismo in America (James Walcott). 

C’è l’elogio del riformismo che ottiene risultati concreti rispetto ai rivoluzionari moralisti e ipocriti che non aiutano a far avanzare la società nella direzione giusta, nemmeno sui temi come la lotta al virus e ai cambiamenti climatici (Michael Ignatieff). 

C’è una storia intellettuale dell’ascesa e della caduta della trasgressione dagli anni Sessanta alla cancel culture (Laura Kipnis). 

C’è il dibattito sulle origini dell’America e sull’abolizionismo della schiavitù (Sean Wilentz) e la controstoria del movimento dei diritti civili americano attuale e dell’appropriazione culturale nei confronti di un gigante della letteratura come James Baldwin (Thomas Chatterton Williams).

C’è anche Leon Wieseltier, ovviamente, che affronta le accuse che gli sono state rivolte e il tema degli effetti del metoo sulla società contemporanea. 

La battaglia intellettuale contro i populismi di destra e di sinistra, insomma contro gli stronzi, ha trovato casa.

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