Abbiamo immaginato #CopriFuoco sull’onda emotiva seguita alla chiusura alle 23 dei locali. L’abbiamo portato avanti a maggior ragione quando la chiusura è stata anticipata alle 18. Oggi, dopo tante puntate, ci rendiamo conto che ogni protagonista con la sua testimonianza mette un tassello in più per portare alla luce un disegno generale, che ci aiuta a capire meglio la ristorazione e i suoi problemi contingenti. Una riflessione doverosa, da condividere tra colleghi ma anche per rendere i clienti più consapevoli. Andiamo avanti, alle 18 di ogni sera, sul profilo Instagram di Linkiesta.
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Un grande chef deve essere giudicato per il suo modo di cucinare, il suo stile, il gusto che riesce a proporre ai suoi clienti, ma da qualche anno dai grandi chef, ci si aspetta che si facciano portavoce del settore e traino per la propria categoria.
Enrico Bartolini, pochi giorni fa a Coprifuoco ha dimostrato perché, oltre alle tante stelle attribuite ai suoi ristoranti, può essere annoverato tra gli ambasciatori della cucina italiana.
Moderazione, pacatezza ma anche determinazione e voglia di sollevare la propria opinione dal velo di tristezza che è sceso su tutta la categoria dei ristoratori, alle spalle dell’ennesimo lockdown da zona rossa. «Sono magro perché penso troppo», dice e questo è certamente un buon inizio di conversazione.
Fa proposte e parla correttamente a nome di tutta la categoria che rappresenta, e bene, non solo davanti ai fornelli. Chiede a tutti i colleghi di rispettare le regole e di essere cittadini civili, e allo stato aiuti concreti per la categoria, che più di ogni altra sta facendo sacrifici a causa del Covid.
«Per gestire questa crisi abbiamo bisogno di organizzazione e di pianificazione. Dobbiamo sapere dagli esperti, quale scenario abbiamo di fronte e quali sono gli strumenti messi a disposizione per superarlo». Evidenzia un certo accanimento rispetto alla categoria, rea di essere, a quanto sembra, la più alta causa di trasmissione del virus, «quando nel mio ristorante i tavoli sono più distanziati delle scrivanie di qualsiasi ufficio».
Entrati nel secondo stop alle attività del 2020, la preoccupazione più grande di Enrico è quella di perdere di vista la qualità per concentrarsi solamente sull’obiettivo di far tornare i conti. «In questa situazione si smette di pensare in grande, si spengono le ambizioni e si perde la direzione scelta». Ma lo Chef del Mudec suggerisce che è proprio questo il momento di trovare il tempo per progettare, per incontrarsi, per condividere. Da qui ripartire, anche dagli errori fatti, per puntare ancora una volta alla qualità, costruendo piatti che «siano la sintesi di un ristorante e della sua filosofia, e che valgano davvero il viaggio».
Ricominciare quindi, sapendo che «non serve rivoluzionare tutto, ma cercare di esprimere sempre e al meglio il concetto di gusto e di accoglienza», per farsi trovare pronti all’ingresso in sala del prossimo cliente.
La storia di un ragazzo destinato a fare l’artigiano delle scarpe, ma che la crisi dell’industria manifatturiera di fine anni 90 spinge verso le cucine; qui troverà la sua vera vocazione, diventando in pochi anni uno dei più promettenti e rappresentativi chef della cucina italiana. Questo il racconto di Coprifuoco, sempre alle 18, con Anna Prandoni; si incontrano i cuochi e i ristoratori che parlano della loro storia, del momento che stanno vivendo, non più purtroppo dopo la fatica del servizio, ma direttamente dal divano di casa.