Che sul nuovo dpcm fosse in corso ancora un braccio di ferro si è capito subito ieri, quando Giuseppe Conte alla Camera ha parlato di coprifuoco «in tarda serata» e senza fornire dettagli sulle misure differenziate per aree in base ai coefficienti di rischio. E infatti il decreto con le regole per contenere la corsa al Covid non è ancora pronto. Doveva arrivare ieri sera e invece sarà firmato dal presidente del Consiglio tra oggi e domani, quando lo scontro nel governo e con le Regioni troverà una soluzione di mediazione. Potrebbe essere valido da mercoledì, ma c’è chi vorrebbe farlo partire da venerdì.
Il primo nodo riguarda proprio l’orario del coprifuoco, tema che divide la maggioranza. Conte non lo voleva affatto. Alcune regioni hanno chiesto che scattasse alle 18. Il Pd ha chiesto di non andare oltre le 20. Italia Viva ha provato a farlo slittare fino alle 23. L’accordo si sarebbe trovato sulle 21, quando tutte le attività commerciali dovrebbero essere chiuse e non si potrà uscire di casa se non per comprovate esigenze, ma non è escluso che da qui alla firma del dpcm l’orario possa cambiare.
Ma lo scontro più duro si gioca con le regioni. I governatori, che prima chiedevano maggiore autonomia sulle restrizioni, ora vogliono che sia il governo a imporre misure uguali per tutto il Paese.
L’impianto a cui lavora il governo prevede tre livelli di criticità – rosso, arancione e verde – modulati sulla base dei criteri scientifici individuati dall’Istituto superiore di sanità per valutare i livelli di rischio della pandemia. Il primo determina le norme nazionali, poi c’è un livello intermedio per le aree che rischiano di entrare in sofferenza massima, e a seguire il terzo livello che determina il lockdown per le Regioni che già hanno raggiunto i numeri più alti sia per contagi che per occupazione di posti letto negli ospedali.
Per le zone rosse, in cui dovrebbero rientrare Lombardia, Piemonte, Calabria, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta, si prevede didattica a distanza dalla seconda media in poi, chiusura delle attività economiche non essenziali e la necessità di una autocertificazione per uscire e spostarsi (ma su questo ancora non c’è accordo). Misure simili al lockdown di marzo, tranne che per la scuola.
Nelle zone arancioni – e cioè Puglia, Liguria e Campania – dovrebbero chiudere bar e ristoranti per tutta la giornata, quindi non solo dopo le 18 come nel resto delle regioni “verdi”. Questa, in soldoni, dovrebbe essere l’unica differenza rispetto alle norme valide a livello nazionale, che prevedono la chiusura dei centri commerciali nel week end, la didattica a distanza al 100% nelle scuole superiori, il limite del 50% della capienza sui mezzi pubblici, la chiusura di mostre e musei e il coprifuoco alle 21.
Ma su quest’ultimo punto – come per altri – è ancora tutto da definire negli altri vertici di maggioranza che si terranno oggi.