Abbiamo immaginato #CopriFuoco sull’onda emotiva seguita alla chiusura alle 23 dei locali. L’abbiamo portato avanti a maggior ragione quando la chiusura è stata anticipata alle 18. Oggi, dopo tante puntate, ci rendiamo conto che ogni protagonista con la sua testimonianza mette un tassello in più per portare alla luce un disegno generale, che ci aiuta a capire meglio la ristorazione e i suoi problemi contingenti. Una riflessione doverosa, da condividere tra colleghi ma anche per rendere i clienti più consapevoli. Andiamo avanti, alle 18 di ogni sera, sul profilo Instagram di Linkiesta.
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Un incontro che si rivela momento autentico di questo tempo sospeso. Lei è Sara Preceruti, chef di Acquada Milano, professionista di grande talento. A soli 28 anni ottiene una stella Michelin, vince successivamente il premio di Miglior Chef Donna della guida Identità Golose, viene selezionata da Carlo Cracco in ambito Ambasciata del Gusto. Una carriera davvero esemplare per Sara, totalmente costruita da autodidatta, fatta di tanta lettura e studio di tecnica, sempre lontana dai ricettari di altri chef. Ha voluto dare una precisa connotazione alla sua cucina, affinché fosse frutto solo della sua personale espressione. Ogni abbinamento, ogni azzardo è Sara nel piatto.
La sua impronta parla di coraggio, di creatività. Ama osare, nei suoi accostamenti di gusto, di temperature, di consistenze. Di dolce e salato. Gioca in cucina, per far vivere esaltanti percorsi al palato e per far conoscere la propria identità.
Il coraggio emerge anche nella scelta di chiudere il suo ristorante Acquada a Porlezza, in provincia di Como, per aprire con la stessa insegna a Milano. Nel momento più difficile della ristorazione, ad inizio 2020, prima del tifone pandemia. Una scelta dettata dalla voglia di esprimere se stessa senza limiti, di portare nei piatti il fuoco che le arde dentro. Milano è la città giusta, ha un bacino enorme di potenziale clientela, soprattutto pronta a scoprire il suo eccentrico menu. A differenza della provincia, alla quale deve moltissimo, ma dove forse il legame con la tradizione rende più diffidenti verso una visione innovativa. Approda dunque alla nuova avventura meneghina senza freni, a tutto slancio. Ma l’inizio non è semplice, perché dopo un gennaio e febbraio modesti per via del dopo festività, arriva il primo lockdown. Sara vive in maniera molto negativa questa situazione, decide di fermarsi completamente e di non effettuare delivery. Si dedica al volontariato e pensa tanto.
Alla riapertura si parte con una marcia diversa, trova la giusta via di comunicazione del suo locale, comincia a farsi conoscere. Si parla di Acquada. E la scia di positività continua anche in questo secondo lockdown, che affronta molto meglio, con maggior forza e un ritrovato entusiasmo, e decidendo di effettuare delivery. Oltre a creare uno shop per prodotti sottolio e sottaceto, pasta secca, marmellate. Ha dovuto cambiare in parte la sua cucina, per adattarla a questa modalità. I contrasti di calore non si possono “trasportare”, certo, ma non rinuncia agli abbinamenti particolari che la caratterizzano. La scelta di gestire completamente il delivery, effettuando le consegne personalmente o tramite i suoi ragazzi, parla del desiderio di mantenere il contatto con le persone. Ha a cuore i suoi collaboratori, vuole che continuino a lavorare perché nascano stimoli, forze nuove e voglia di andare avanti nonostante tutto. Sono gioia e gioco ad arrivare nelle case, con piatti accompagnati da video girati da lei, nei quali accompagna per mano i suoi clienti nel terminare le cotture nel modo corretto, nell’eseguire l’impiattamento, per ricreare il più possibile la coccola di essere al ristorante.
Il domani non sarà facile, così come non è facile immaginarlo. Ma Sara non si rifugia nel pensiero di tornare a una cucina semplice, più confortevole. Le persone, dopo questo periodo di chiusura, avranno voglia di sperimentare, di scoprire nuove emozioni, di fare esperienze diverse. E lei sarà lì, ad accogliere questa sfida con credo e audacia. A mettere sempre più se stessa nei piatti che usciranno in sala, creazioni che costruisce dalla pancia, dall’anima, dal momento, seguendo l’istinto. La cucina è un potente mezzo di comunicazione del proprio universo interiore.
Siamo stati travolti da questo intrigante acquazzone (significato di Acquada, forma dialettale), nome scelto dalle storie dei nonni, che raccontavano di grandi novità in arrivo dopo il suo passaggio. Un fenomeno che scompiglia, che inonda e che poi annuncia i colori dell’arcobaleno.
Questa la luce che illumina la sua personalissima cassoeula realizzata con i polipetti in guazzetto, un raggio di novità e di speranza in un delivery che non consegna solo cibo, ma la voglia di farcela e di non scordare mai di portare avanti la propria essenza.