Abbiamo immaginato #CopriFuoco sull’onda emotiva seguita alla chiusura alle 23 dei locali. L’abbiamo portato avanti a maggior ragione quando la chiusura è stata anticipata alle 18. Oggi, dopo tante puntate, ci rendiamo conto che ogni protagonista con la sua testimonianza mette un tassello in più per portare alla luce un disegno generale, che ci aiuta a capire meglio la ristorazione e i suoi problemi contingenti. Una riflessione doverosa, da condividere tra colleghi ma anche per rendere i clienti più consapevoli. Andiamo avanti, alle 18 di ogni sera, sul profilo Instagram di Linkiesta.
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26 ottobre, in Italia ancora non si parla di secondo lockdown e le regioni hanno tutte lo stesso colore, ma tra i ristoratori il malumore circola almeno da una settimana e ancor di più da quando è stata imposta la chiusura alle ore 18.00 di tutti i locali, una decisione che per molti ristoranti significa già una completa chiusura.
Tunde Pecsvari, imprenditrice della ristorazione, fondatrice dell’Osteria Brunello e di Macha Cafe lo dice subito «l nostro settore è stato costretto a ogni genere di cambiamenti e reazioni da otto mesi a questa parte. Noi reagiamo, abbiamo sempre reagito, abbiamo modificato tutto, a partire dal modello di business, ci siamo adeguati a tutte le normative, eppure oggi siamo nuovamente costretti ad adeguarci e inizia ad essere dura».
Tunde è una donna decisa, determinata, che ha provato ad adeguare le proprie attività a tutte le necessità e a ogni restrizioni, ma ora, come dice lei, inizia a essere stanca, più per l’atteggiamento distratto dimostrato dalle istituzioni, che per la situazione complessiva. La sua Osteria Brunello, infatti, è una trattoria moderna, dove si incontrano tradizione e originalità e per questo molto apprezzata dalla clientela, ma è anche un luogo frequentato soprattutto all’ora di cena, difatti l’80 per cento del suo fatturato, spiega Tunde, deriva dal servizio serale. Questo, secondo l’imprenditrice è uno dei tanti punti tralasciati dalle ultime normative, che mettono in un sol calderone tutti i tipi di ristorazione.
In Italia sono moltissimi i ristoranti che soffrono questo trattamento ed è una delle preoccupazioni principali di UBRI – Unione brand ristorazione Italiana. È al termine di una riunione avvenuta con Vincenzo Ferrieri, presidente di UBRI e patron di Cioccolatitaliani e Antonio Civita, alla guida di Panino Giusto e vicepresidente di UBRI, che Tunde spiega come le azioni introdotte fino a quel momento dal governo – cassa integrazione, aiuti sugli affitti, il credito di imposta – siano necessari ma insufficienti, perché il settore della ristorazione fatica ancora a riprendersi dallo stop imposto in primavera. Il primo passo, secondo Tunde, è cercare strumenti per salvare le aziende, che si sommino a quelli già messi in campo, e successivamente sarà essenziale un “Piano Marshall” per la ristorazione, strutturato su più anni attraverso incentivi a media e lunga durata, per aiutare le aziende a traghettare il proprio business nel futuro.
L’obbiettivo è salvare i fatturati delle aziende e il lavoro di centinaia di singoli lavoratori, che collaborano direttamente o indirettamente con il settore della ristorazione. Si tratta di piccoli produttori, che talvolta finiscono un singolo prodotto di pregio ai ristoranti, vignaioli artigianali che talvolta vendono solo pochi cartoni di vino all’anno ma che considerano questa vendita un’entrata sicura e ora potrebbe non esserlo più, addetti al settore marketing, che sono forse i più invisibili della filiera.
Tunde però non guarda solo al panorama italiano, ma sa raccontare anche la realtà ungherese, da dove proviene e per la quale è diventata una figura significativa durante il lockdown primaverile, quando giornalisti e telegiornali del luogo le hanno chiesto di spiegare, giorno per giorno, ciò che stava accadendo in Italia. In quel periodo in Ungheria il numero dei contagi è stato bassissimo, ma a settembre, il rientro dei cittadini nel Paese dopo le vacanze estive ha fatto impennare la conta dei casi. Per cercare di tenere sotto controllo la diffusione del virus, dunque, negli ultimi mesi anche in Ungheria sono state prese misure di contenimento simili a quelle messe in atto da altri Paesi nel mondo, come la chiusura anticipata o completa di ristoranti e locali. Questa scelta ha colpito soprattutto le città più grandi come Budapest, forse più di quanto sia accaduto in Italia, perché proprio la capitale, negli ultimi tempi, stava vivendo un vero e proprio rinascimento dal punto di vista gastronomico, tanto che alcuni ristoranti erano riusciti a conquistare diverse stelle Michelin. Questo mutamento positivo aveva portato diverse strutture a organizzare un servizio pensato soprattutto per la clientela estera, che però dalla scorsa primavera è quasi completamente assente. Le perdite che ne derivano sono altissime, secondo Tunde, che ha visitato la città durante lo scorso agosto, in alcuni casi raggiungono addirittura il novanta per cento.
«Noi ci siamo. Ci siamo adeguati a tutte le norme e vogliamo esserci» dice Tunde prima di salutarci, ribadendo ancora una volta la sua fermezza e quella della brigata che la circonda «Il sostegno più grande che potete dare alle imprese è sostenerci».