Per il comparto dei ristoranti, l’estate alle spalle è stata la stagione che verrà ricordata come una nuova Grande Depressione. Lo Stato della California aveva vietato a partire da aprile ai locali di servire cibo nelle sale al chiuso, consentendo ai soli ristoranti con opzioni all’aperto di lavorare. A ottobre, a seguito di un lieve calo dei contagi e con un annuncio toccante, il sindaco di San Francisco, London Breed, ha dato il via per la riapertura all’interno delle attività ma al 25 per cento: le molte trattorie di quartiere, quelle che in questi mesi hanno faticato di più servendo cibo to-go, tramite consegna a domicilio o con la possibilità di apparecchiare qualche tavolino sul marciapiede, non hanno gioito. Per i piccoli ristoranti, quelli da 40 posti il progetto di accogliere al tavolo appena dieci clienti, non è apparsa un’opzione allettante. Poi intorno a San Francisco e in tutta la Bay Area è arrivata la stagione degli incendi. Aria irrespirabile con una cappa grigia intorno alla città: impensabile programmare un’uscita al ristorante. Secondo le stime della National Restaurant Association, le attività legate alla ristorazione sono state le più colpite. «Più di otto milioni di lavoratori è stato licenziato o messo in cassa integrazione. Il solo comparto ha perso 185 miliardi di fatturato tra marzo e aprile».
Anche i locali di New York faticano, nonostante il sindaco Bill De Blasio abbia annunciato che per tutto l’anno ai locali sarà concesso di lasciare i tavolini per strada per attutire il colpo della pandemia. In quartieri come Manhattan e Brooklyn, è noto che la gente ami sedersi fuori a mangiare ma il volto della città si è trasformato, e neanche l’opzione di riaprire al 25 per cento di capacità come annunciato dal governatore Andrew Cuomo, sembra risollevare lo spirito degli avventori.
La disoccupazione viaggia al venti per cento. I punti icona della città, come Times Square, sono luoghi depressi. «Non ci sono neanche più turisti da catturare. Broadway si è spenta», ha scritto il New York Magazine visitando uno dei ristoranti “storici” di Midtown, Olive Garden, un locale da 500 coperti, già un dinosauro, nella fase in cui solo l’8 per cento degli “office workers” tornerà al lavoro.
La categoria è scossa dalla paura. È giusto riaprire all’alba di una seconda ondata? Molti ristoranti nell’area di New York hanno manifestato una certa insofferenza per le linee guida del governo, con restrizioni blande e generiche e non in grado di tutelare la sicurezza di personale e clienti. «Ho l’impressione che la mia salute, sia mentale, emotiva che fisica, non è contemplata in questa agenda politica», il web magazine Eater ha fatto un’inchiesta sulle impressioni di chi lavora tra il personale di sala. I clienti sanno che bisogna indossare la mascherina? Le precauzioni sono sufficienti? I governi locali hanno diffuso abbastanza informazioni? «Questa sarà un’occasione a novembre quando dovremo votare di ricordarci di pensare anche localmente. Eleggiamo persone che capiscano i nostri bisogni – ha scritto la chef Dominique Crenn, il suo Atelier Crenn ha tre stelle Michelin a San Francisco – Abbiamo molto lavoro per ricostruire la città e il comparto dei ristoranti, ma dobbiamo muoverci come una comunità».