Il vaccino di AstraZeneca verrà approvato entro la fine di gennaio e quelli già autorizzati (Pfizer-BioNTech e Moderna) funzionano anche contro la variante “inglese”. Queste, confermate dall’Agenzia Europea del Farmaco (EMA), sono le buone notizie sul fronte vaccinale per l’Italia e per l’Europa. Ma non tutto va secondo i piani: le dosi promesse dall’azienda anglo-svedese non arriveranno nei tempi previsti. Un ritardo che obbligherà gli Stati Membri a ritoccare le proprie tabelle di somministrazione, compresa l’Italia.
Alla fine della scorsa settimana, Astrazeneca aveva annunciato un taglio delle forniture del 60%, avvisando la Commissione europea che avrebbe consegnato solo 31 milioni delle 80 milioni di dosi concordate entro la fine di marzo. La risposta di Bruxelles è stata dura: «Questa nuova tabella di consegna è inaccettabile. Vogliamo sapere quante dosi ha prodotto AstraZeneca al momento e dove le ha consegnate. Le risposte dell’azienda finora non ci soddisfano» è il comunicato della Commissaria alla Salute, la cipriota Stella Kyriakides. «L’Unione Europea ha investito miliardi per contribuire allo sviluppo dei primi vaccini. Ora le aziende farmaceutiche devono fare la loro parte e rispettare gli impegni presi», ha ribadito a Davos la presidente della Commissione Ursula von der Leyen,
Sia Kyriakides che von der Leyen hanno annunciato la creazione al più presto di un meccanismo di trasparenza sulle esportazioni dei vaccini per evitare di ricevere con ancora più ritardo le dosi acquistate. Il fatto che ai piani alti della Commissione si consideri concreto questo rischio alimenta anche le congetture sul “doppio gioco” di AstraZeneca che avrebbe dirottato le proprie fiale su mercati più remunerativi, procrastinando la consegna agli Stati europei.
Per ora però non risulta nessuna conferma ufficiale, soltanto indiscrezioni come quella rilanciata con molta circospezione dal quotidiano The Telegraph, secondo cui i vaccini per gli europei sarebbero finiti negli ospedali del Regno Unito. L’azienda, dal canto suo, ha soltanto ricondotto il disguido a difficoltà nel reperire le componenti del vaccino e non meglio precisati problemi di produzione nel suo impianto di Groot-Bijgaarden, in Belgio. Un nuovo round è atteso per mercoledì 27 gennaio, quando si riunirà nuovamente lo Steering Committee della Commissione, un organismo istituito proprio per monitorare l’acquisto dei vaccini.
Comprendere le dinamiche di produzione delle aziende farmaceutiche resta in ogni caso molto difficile, dato che gli accordi siglati dalla Commissione Europea rimangono segreti. Ai deputati del Parlamento Europeo è stato concesso di visionarli, ma solo in parte e con il divieto di divulgarne il contenuto, come spiega a Linkiesta l’europarlamentare Piernicola Pedicini, membro del gruppo dei Verdi/Alleanza Libera per l’Europa. «Siamo impegnati a fare pressione sulla Commissione affinché garantisca l’accesso pubblico a tutti i contratti». Come altri colleghi, Pedicini reclama il diritto dei cittadini europei a conoscere i risvolti di questi accordi, finanziati in tutto con 2,7 miliardi dalla Commissione. «Ancora non abbiamo dettagli sull’utilizzo che le compagnie hanno fatto di questa somma».
L’impatto dei ritardi sui piani vaccinali
La défaillance di AstraZeneca appare più significativa di quella di Pfizer-BioNTech. Quest’ultima aveva annunciato lo scorso 15 gennaio uno slittamento nelle consegne dovuto a un riadattamento della produzione, ma senza compromettere il numero complessivo di dosi fornite nel primo trimestre del 2021, grazie anche all’aumento del numero di dosi ricavabili da ogni fiala, da 5 a 6.
La Svezia ha sospeso i pagamenti a Pfizer, l’Italia ha minacciato azioni legali, ma nel breve periodo non cambierà la situazione: il ritardo AstraZeneca potrebbe intaccare seriamente la strategia comunitaria di vaccinazione. A rischiare grosso, in particolare è il target della Commissione di vaccinare entro la fine dell’estate il 70% della popolazione europea. «Il rispetto di questo obiettivo dipende dalle approvazioni dell’EMA e dalla consegna delle dosi concordate nei tempi concordati», dichiara a Linkiesta un portavoce della Direzione Generale per la Salute, che fa capo alla Commissaria Kyriakides.
Ovviamente i disagi si ripercuotono a cascata sui piani vaccinali dei 27 Paesi UE. In Italia, l’arrivo delle prime provette da AstraZeneca è previsto per il 15 febbraio, a stretto giro dopo l’approvazione. Dalle oltre 16 milioni di dosi inizialmente inserite nel piano strategico del ministero della Salute, però ne arriveranno soltanto 3,4 milioni, come ha denunciato nei giorni scorsi anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. La coincidenza dei ritardi di AstraZeneca e Pfizer-BioNTech porta a una consistente riduzione complessiva dei vaccini a disposizione: meno di 15 milioni di dosi nel primo trimestre del 2021, circa la metà delle 28,269 milioni stimate.
Non è ancora chiaro come le difficoltà attuali impatteranno sulla fornitura complessiva (all’Italia toccano in tutto oltre 202 milioni di dosi, 40 milioni delle quali proprio da AstraZeneca). Di certo, si allungheranno i tempi per le categorie a rischio, le prime a essere vaccinate. Le prime stime fatte dal Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, ipotizzano una media di 28mila persone vaccinate ogni giorno invece di 80mila, mentre il viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri, ha quantificato il ritardo nelle somministrazioni a un mese per gli over-80 e fino a otto settimane per il resto della popolazione.
Difficilmente si potrà sopperire a queste carenze con Sputnik V (approvato in Ungheria), almeno in tempi brevi: come sottolineato dalla direttrice dell’EMA, il vaccino russo non ha ancora nemmeno sottoposto all’agenzia la richiesta di autorizzazione per il mercato europeo. «Più vaccini abbiamo e meglio è», ha detto Sileri. Per ora dovrà accontentarsi delle (ridotte) dosi di AstraZeneca in arrivo.