Frontiera apertaIl paradosso della Brexit: Gibilterra sarà ancora più legata alla Spagna

La piccola enclave di 6 km² entrerà nell’area Schengen (finora, in quanto territorio britannico non ne faceva parte), con la mobilità personale garantita in entrambe le direzioni. I controlli si sposteranno al porto e all’aeroporto e sarà Madrid a emettere visti e permessi

LaPresse

«Gibilterra resterà britannica finché i macachi resteranno sulla Rocca», recita un’antica leggenda molto cara agli abitanti e apprezzata anche da Winston Churchill, che durante la Seconda Guerra Mondiale rinfoltì la colonia di scimmie per sollevare il morale della popolazione assediata. Grazie a quell’operazione, oggi un centinaio di esemplari si godono la vista sullo stretto e i regali dei turisti: dopo la Brexit, però, l’enclave mediterranea del Regno Unito sembra un po’ più lontana da Londra.

Il testo di un principio di accordo sul futuro della città, siglato tra il governo britannico (rappresentanti di Gibilterra inclusi) e quello spagnolo, è stato pubblicato in questi giorni dalla stampa iberica. Anche se non tocca questioni di sovranità e giurisdizione, l’intesa prevede l’eliminazione di «ogni barriera fisica» fra Gibilterra e la Spagna e assegna alle autorità di Madrid un ruolo chiave nel controllo del traffico in entrata e uscita. 

Il trattato vero e proprio dovrà essere discusso e firmato nei prossimi sei mesi, non fra i due Paesi, ma fra Londra e l’Unione Europea. L’accordo bilaterale, comunque, segna la cornice in cui si iscriveranno i negoziati e garantisce un periodo di transizione, evitando l’installazione di una frontiera terrestre come quelle con gli Stati extra-comunitari. 

Paradossalmente, l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea avvicinerà Gibilterra alla Spagna invece che allontanarla. La piccola enclave di 6 km² entrerà nell’area Schengen (finora, in quanto territorio britannico non ne faceva parte), con la mobilità personale sempre garantita in entrambe le direzioni: cade così la linea di demarcazione che per Gibilterra era una dogana e che la Spagna, ha sempre chiamato soltanto Verja (recinzione), rifiutandosi di riconoscere il territorio come straniero. 

I controlli di frontiera si sposteranno al porto e all’aeroporto: saranno congiunti, con un doppio ok necessario per l’ingresso, da parte sia delle autorità di Gibilterra che di quelle spagnole. Sarà però Madrid, in quanto responsabile dell’area Schengen a emettere visti e permessi, cosa che forse farà sentire straniero a casa propria qualche visitatore inglese. 

In questo modo verranno tutelati sia i lavoratori pendolari (circa 15mila), sia i turisti provenienti dal resto della penisola, che costituiscono un’importante fetta dell’economia cittadina. Più complicato è il discorso che riguarda l’unione doganale. 

Per abolire ogni controllo, Gibilterra dovrà «applicare sostanzialmente gli stessi dazi e le stesse tariffe commerciali dell’UE», una clausola che rischia di danneggiare il fiorente commercio a cavallo della Verja: al momento la Rocca è una sorta di paradiso duty-free dove gli spagnoli acquistano tabacco, alcol e beni di lusso a prezzi inferiori rispetto ai propri. 

L’enorme differenziale di prezzo incentiva anche il contrabbando, come spiega John Isola, vice-presidente della camera di commercio di Gibilterra, intervenendo a un incontro dell’associazione Frontera Abierta. Ma proprio il sistema tariffario differente dalla Spagna consente a Gibilterra di mantenere florida la sua economia, distinguendola dalle vicine città costiere.

Anche per questo motivo i 30mila cittadini britannici a tutti gli effetti che parlano llanito, una commistione fra inglese e dialetto andaluso, hanno sempre difeso il proprio status speciale. In due referendum, nel 1967 e nel 2002, gli abitanti della città, rigettarono la proposta di condivisione della sovranità fra Spagna e Regno Unito. Pur votando in massa (96%) per il Remain nel 2016, la popolazione di Gibilterra non ha alcuna intenzione di barattare la propria condizione di Territorio britannico d’oltremare con la permanenza nell’Unione Europea sotto bandiera spagnola. Dalla Rocca oggi si guarda con apprensione alla parte commerciale del futuro accordo con l’UE: «Lo scenario catastrofico del no deal è stato evitato – dice Isola -, ma rimangono aperte tante questioni per privati e imprese che lavorano a Gibilterra».

Dall’altro lato della frontiera c’è chi invece vorrebbe approfittare della contingenza storica per riportare Gibilterra sotto la Rojigualda. Conquistato dalle truppe di Sua Maestà nel 1704, il promontorio, di importanza strategica, è stato ceduto ufficialmente alla corona britannica per sempre con il Trattato di utrecht del 1713, che mise fine alla Guerra di Successione spagnola. Da allora Madrid ha sempre rivendicato il possesso del territorio, con picchi di tensione durante il regime di Francisco Franco, quando la frontiera venne chiusa in maniera ermetica. 

Il tema resta oggetto di grande dibattito nel Paese iberico, con i partiti di destra tendenzialmente destra più inclini a reclamare la restituzione. «La Brexit ci dava le chiavi per entrare in una casa occupata. Invece che approfittarne per recuperarla, abbiamo pagato le bollette», ha detto in una recente intervista l’ex ministro degli Esteri spagnolo José Manuel García-Margallo, che ai tempi del governo Rajoy, condusse una trattativa segreta sulla questione. 

Se prima la linea più intransigente spettava agli esponenti del Partido Popular, ora sono i nazionalisti di Vox, a spingere sull’acceleratore. «L’accordo è una vergogna, ce ne accorgeremo poco a poco. I vantaggi sono tutti per i britannici dell’enclave, che non subiscono contraccolpi e con un potere d’acquisto più alto possono acquistare immobili di lusso nel resto dell’Andalusia», dice a Linkiesta Hermann Tertsch, deputato di Vox al Parlamento Europeo. «Capisco però che nei paesi vicini al confine abbiano tirato un sospiro di sollievo: si tratta di un’area poco sviluppata, i cui residenti beneficiano dell’indotto generato da Gibilterra».

L’unica soluzione a lungo termine sarebbe, secondo Tertsch, una “normalizzazione” della situazione con il passaggio della Rocca alla Spagna, a suo dire ostacolato anche da interessi occulti, che traggono beneficio dalla presenza di un paradiso fiscale in cui riciclare denaro alle porte d’Europa.

L’eurodeputato è molto critico con l’esecutivo di Pedro Sánchez, accusato di aver ottenuto un compromesso al ribasso che permette al Regno Unito di mantenere lo status quo «Questo accordo non crea nessun problema ai britannici, solo vantaggi». 

Con un altro governo al potere, invece, si potrebbero intavolare trattative più efficaci per un futuro accordo bilaterale. Per fare pressione, però, è necessario «adottare misure che rendano un po’ più difficile la vita a chi risiede a Gibilterra, che non deve sentirsi benvenuto in territorio spagnolo». E non lo preoccupa la questione dell’autodeterminazione, dato che considera la Rocca un territorio occupato e non riconosce ai suoi abitanti lo status di corpo democratico. «Fare un referendum sulla sovranità qui è ridicolo. Non mi pare che ne abbiano fatto uno simile a Hong Kong».