Vaccini in ritardoIl capo di AstraZeneca dice che «non c’è alcun obbligo verso l’Ue»

Pascal Soriot, ad della casa farmaceutica, spiega a Repubblica che il contratto con l’Europa prevede solo che «faremo del nostro meglio», senza specifiche sulla consegna delle dosi. E l’accordo con il Regno Unito è stato firmato tre mesi prima

(AP Photo/Scott Heppell)

AstraZeneca è stata accusata dal commissario per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri, di trattare l’Italia e i Paesi Ue come «poveracci» nelle consegne del vaccino di Oxford che venerdì 29 gennaio dovrebbe essere approvato dall’Agenzia del Farmaco europea (Ema). E anche minacciata di «cause legali» dal presidente del Consiglio italiano italiano Giuseppe Conte dopo l’annuncio della riduzione della consegna delle dosi del 60% nel primo trimestre 2021 (il che significherebbe che nel nostro Paese verrebbero consegnate 3,4 milioni di dosi anziché 8 milioni). Ma anche dall’Ue sono arrivate le accuse di scarsa trasparenza e di reticenza sui motivi dei ritardi nella consegna di complessive 300 milioni di dosi nei prossimi mesi.

Ora, dopo tanti silenzi e no comment, AstraZeneca risponde attraverso una intervista all’amministratore delegato Pascal Soriot pubblicata su Repubblica.

«Siamo stati piuttosto specifici con l’Ue», dice Soriot. «Certo, anche noi siamo delusi, perché ci piacerebbe riuscire a produrre di più. A febbraio riusciremo a consegnare all’Europa una quantità soddisfacente, molto simile a quanto fatto da altri fornitori su base mensile. Stiamo lavorando in centinaia, anzi migliaia, 24 ore su 24, sette giorni su sette per risolvere i problemi. Molti di noi non hanno preso nemmeno le vacanze a Natale».

Appena arriverà l’approvazione dell’Ema – assicura – «nei giorni successivi invieremo subito 3 milioni di dosi in Ue, poi ci sarà un’altra fornitura corposa nella settimana successiva e così nella terza e quarta settimana del prossimo mese. L’obiettivo è recapitare all’Unione europea 17 milioni di dosi entro la fine di febbraio… Vorremmo poter fare molto di più, ma non è neanche poco».

Ma perché gi intoppi non sono avvenuti nella catena di produzione delle dosi di vaccino destinate al Regno Unito? «Abbiamo avuto problemi anche in questo caso», risponde Soriot, «ma il contratto di fornitura con il governo britannico è stato firmato tre mesi prima di quello con l’Ue e quindi abbiamo avuto il tempo di prepararci e risolvere simili disfunzioni in attesa dell’ok dell’agenzia del farmaco britannica (arrivato lo scorso 30 dicembre, ndr). Ma tra febbraio e marzo riprenderemo a produrre a capacità massima anche per l’Ue».

Sfortunatamente, «è capitato che i siti meno efficienti per ora siano in Europa. Ma è stato un caso e di certo non lo abbiamo fatto apposta a scapito dell’Ue. Il nostro direttore finanziario è europeo (Marc Dunoyer, francese, ndr), molti dirigenti sono europei, io sono francese, la nostra multinazionale è britannico-svedese: come potremmo mai fare una cosa simile all’Ue? Al momento all’Europa va il 17% della produzione totale del vaccino di Oxford/AstraZeneca nonostante gli europei siano il 5% della popolazione globale. Inoltre, ricordo che questo è un vaccino no profit per noi. Non ne ricaviamo un soldo».

Soriot rigetta il sospetto che in realtà AstraZeneca stia vendendo le dosi del vaccino ad altri Paesi. E spiega anche che Regno Unito e Ue «hanno due catene produttive diverse e al momento quelle britanniche sono più efficienti perché sono partite prima». In ogni caso – specifica «sia chiaro: non c’è alcun obbligo verso l’Unione europea. Nel nostro contratto c’è scritto chiaramente: “best effort”, ossia “faremo del nostro meglio”. In quella sede abbiamo deciso di utilizzare questa formula nel contratto perché all’epoca l’Ue voleva avere la stessa capacità produttiva del Regno Unito, nonostante il contratto sia stato firmato tre mesi dopo. Così noi di AstraZeneca abbiamo detto: “Ok, faremo del nostro meglio, faremo il possibile, ma non possiamo impegnarci contrattualmente perché abbiamo tre mesi di ritardo rispetto al Regno Unito”. Non è dunque un obbligo contrattuale, ma un impegno a fare il massimo. Perché sapevamo che sarebbe stato difficile e difatti ora abbiamo un po’ di ritardo».

Il governo britannico, al momento dell’accordo, disse «che il Regno Unito avrebbe avuto “la priorità” sulle dosi prodotte nel proprio Paese. Le cose stanno così», spiega Soriot. «Nell’accordo che abbiamo firmato con l’Ue, invece, c’è scritto che la fornitura europea potrebbe sì arrivare anche dal Regno Unito, ma questa è solo una possibilità secondaria». Del resto, «il vaccino è stato sviluppato in collaborazione tra il governo britannico, Oxford e AstraZeneca. Ma appena ce ne sarà la possibilità, aiuteremo anche l’Ue».