Pubblicato originariamente su Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa
La crisi politica in cui versa la Georgia riguarda tutto lo spettro politico: governo, parlamento, partito di maggioranza, partito di opposizione sono tutti in forte difficoltà. Come è potuto succedere tutto questo, e che ne è della stabilità democratica della Georgia?
In principio fu l’affare Gavrilov: l’episodio che vide coinvolto un deputato russo al parlamento georgiano ha innescato una serie di eventi nefasti. Da allora i voli con la Russia sono interrotti, i rapporti fra i due paesi ancora più tesi del passato. Oltre agli effetti in politica estera l’episodio ha esacerbato l’animosità fra Sogno Georgiano e Movimento Nazionale Unito, una polarizzazione su posizioni antagoniste che è il tallone di Achille del processo di democratizzazione del paese nell’ultimo decennio. Non ultimo l’affare Gavrilov è alla base del procedimento penale che ha scatenato l’ultima crisi politica.
Per gli scontri del 20-21 giugno 2019 è finito sotto processo Nika Melia , allora parlamentare del Movimento Nazionale Unito, accusato di essere stato uno degli organizzatori della rivolta. Durante la legislatura precedente si votò contro l’immunità parlamentare di Melia nei confronti del quale è partito quindi un processo, con tanto di braccialetto elettronico e cauzione. Melia ha pubblicamente rimosso il braccialetto nello scorso novembre e si è rifiutato di pagare la cauzione, che è stata quindi aumentata. Il tutto accadeva mentre Melia era appena stato rieletto ma, come l’intera opposizione, non entrava in Parlamento, che ad oggi ospita solo il Sogno Georgiano e qualche sparuto rappresentate dell’opposizione. Il 25 dicembre Melia è stato eletto Segretario del Movimento Nazionale Unito, il principale partito di opposizione nel paese.
Va precisato che la maggioranza ha respinto la richiesta dell’opposizione di rimettere i propri mandati, per cui anche boicottando il Parlamento Melia è, oltre che Segretario di Partito, agli effetti di legge un parlamentare, ed essendo sotto processo di nuovo la maggioranza ha votato il 16 febbraio per la sospensione della sua immunità parlamentare. A questo punto la Corte del Tribunale di Tbilisi ne ha ordinato l’arresto.
Questa è stata la classica goccia che ha fatto traboccare un vaso che si era riempito fuori dalla vista – e forse anche dall’interesse – dell’elettorato georgiano.
All’epoca dell’affare Gavrilov, Giorgi Gakharia – primo ministro confermato dopo le elezioni di ottobre 2020 e dimissionario il 18 febbraio scorso – era ministro degli Interni. Sua è stata quindi la responsabilità della gestione dell’ordine pubblico, e certo la mano non era stata leggera, tanto è che quando il Sogno Georgiano l’ha proposto come Primo Ministro l’opinione è stata che nel partito si fosse affermata la corrente più dura . Come primo ministro Gakharia ha guadagnato però un certo apprezzamento dall’elettorato e le sue dimissioni sono arrivate inattese. Proprio per il pregresso e la chiara opinione che Gakharia può avere sugli scontri, nessuno si aspettava un atto di distensione verso Melia, condannato come uno dei fautori dei disordini.
Gakharia ha dichiarato di ritenere che l’incarcerazione del Segretario del partito di opposizione non sia una mossa che può aiutare a superare l’impasse politica ed economica, e si rammarica che la sua squadra di governo e di partito non si sia persuasa ad opporsi a questo passo. Il voto sull’immunità è quello che ha aperto le porte del carcere, anche se l’ordine esecutivo di incarcerazione è stato sospeso dopo le dimissioni del primo ministro.
Riparte quindi il balletto dei primi ministri georgiani, processo malsano che rivela quanto questa posizione apicale e fondamentale in una democrazia parlamentare sia sempre ipotecata ai voleri di Ivanishvili, leader anche se non formalmente, del partito Sogno Georgiano. Per cui va da sé che nella giocata di Gakharia il banco non fosse rappresentato dalla sua posizione verso Melia, quanto dalla sua posizione nel partito. Gakharia tra l’altro, dopo le recenti elezioni, è stato confermato per il ruolo di primo ministro nel nuovo governo, ma non – quando Ivanishvili si è tolto la responsabilità politica di dirigere istituzionalmente il partito – per il segretariato del partito. E questo è stato un segnale chiaro che il partito non era stato consegnato a lui nemmeno con l’ipoteca Ivanishvili sullo sfondo. Capo del governo, ma non dell’unico partito che siede in parlamento, di cui pure fa parte.
Ora Gakharia potrebbe capitalizzare il suo consenso a mano libera, ma in un sistema politico come quello georgiano tanti fuoriusciti “di pregio” non sono riusciti a trasformare una corrente di partito in un’alternativa valida, per incrinare quel bipolarismo maggioranza-opposizione che si sta dimostrando disfunzionale alla gestione del paese.
Dopo una lunga e sofferta transizione fatta di tappe anche normative – riforme costituzionali, legge elettorale – duramente negoziate, la Georgia è una democrazia si di stampo parlamentare. E prontamente a pochi mesi dal voto conquista il poco invidiabile primato di essere teatro di una crisi di governo con un parlamento occupato solo dalla maggioranza. Tutto questo accade mentre il paese deve affrontare sfide enormi: la pandemia, la crisi economica, un nuovo ordine regionale di cui almeno un fautore – la Russia – è interessato alla sua marginalizzazione. Paiono non avere piena consapevolezza di questo gli attori di questo dramma politico.
Ne sono invece consapevoli i partner della Georgia, che hanno mandato chiari segnali e inviti a tornare su più miti consigli, e a riprendere le redini di una crisi che naviga ormai nelle acque dell’autolesionismo. Sia Stati Uniti che Unione Europea non stanno nascondendo forti preoccupazioni. Per dirla con il Servizio europeo per l’azione esterna: «L’Unione europea esorta sia le autorità che l’opposizione in Georgia ad agire con la massima moderazione e responsabilità per evitare un’ulteriore escalation. L’Unione europea crede fermamente che lo stallo politico possa essere risolto solo attraverso un dialogo politico sincero. Chiediamo una riduzione immediata dell’escalation nell’interesse del paese e di tutti i cittadini georgiani. Il coraggio politico e un’autentica leadership democratica sono necessari per raggiungere un accordo tra i partiti ed evitare una polarizzazione sempre più profonda. È necessaria un’ampia unità politica per disinnescare le tensioni e consolidare ulteriormente la democrazia in Georgia, anche attraverso riforme giudiziarie ed elettorali ambiziose e inclusive. La stabilità politica e un processo parlamentare inclusivo sono anche prerequisiti per affrontare efficacemente la pandemia di coronavirus e le sue conseguenze».