Mario Draghi ha deciso di prendere subito di petto i dossier più difficili lasciati intatti dal governo Conte, Alitalia e Ilva. I due nodi più aggrovigliati della politica industriale sono un po’ la metafora della condotta attendista e indecisionista del precedente governo, prigioniero di un premier e di ministri poco esperti delle questioni; e chi si immaginava che Draghi preferisse tempi più distesi adesso si deve ricredere, e l’immagine di un presidente del Consiglio decisionista segnerebbe davvero una discontinuità sostanziale e non solo d’immagine con l’avvocato del popolo.
Ma d’altra parte le due questioni rischiano di marcire e di fare vittime sia sul versante finanziario che su quello umano. Per questo il presidente del Consiglio ha subito incaricato Giancarlo Giorgetti, neo ministro per lo Sviluppo economico, di muoversi. Giorgetti d’altronde questi problemi li conosce bene, non ha da perdere tempo per impadronirsi della materia.
Detto questo le soluzioni non sono esattamente a portata di mano, sebbene su Alitalia l’impressione è quella delle famosa luce in fondo al tunnel grazie al possibile ritorno in campo di Lufthansa, che alla fine potrebbe risultare il solo partner internazionale in grado di garantire un futuro a un’azienda ormai in difficoltà, e non è certo la prima volta, a pagare gli stipendi o giù di lì. Il tempo a disposizione è veramente poco, anche perché si tratta di mettere a punto una strategia già per questa estate, quando sembra possibile una almeno parziale uscita dall’emergenza-Covid e dunque una prima ripresa del traffico aereo.
Siamo all’ipotesi, ma l’iter che porterebbe alla nascita di una nuova compagnia e all’ingresso di Lufthansa sarebbe in tre step: in un primo momento il conferimento di tutti gli asset – aerei, immobili, dipendenti, marchio, attività di volo e manutenzione e perfino le Mille Miglia – alla Cityliner; poi la cessione di Cityliner al Ministero dell’Economia; da ultimo l’ingresso di Lufthansa in Cityliner o anche in un veicolo ad hoc, come la newco Ita che era stata inventata dal governo Conte.
Anche su Ilva bisogna riprendere un’iniziativa di governo. Ieri si è rivista plasticamente in atto la pratica concertativa di Carlo Azeglio Ciampi, probabilmente un faro politico dell’attuale presidente del Consiglio: il primo passo infatti è stato quello di chiamare le parti sociali al tavolo. Intanto per verificare la situazione dopo che il Consiglio di Stato ha respinto la richiesta di sospensiva presentata da ArcelorMittal contro la sentenza del Tar di Lecce che impone all’azienda di spegnere gli impianti dell’area a caldo entro il 14 aprile. Dunque Arcelor dovrà attendere il 13 maggio, giorno in cui, il massimo organo della giustizia amministrativa si esprimerà nel merito e quindi deciderà se davvero l’area a caldo di Ilva va spenta o meno.
E poi l’incontro è servito anche per rassicurare i sindacati (era presente anche il ministro del Lavoro Andrea Orlando) sugli impegni relativi alla cassa integrazione straordinaria. Sindacati moderatamente soddisfatti, ci saranno incontri la settimana prossima. Ma qualcosa finalmente si muove dopo mesi di stagnazione.